PERSONAGGI

IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DOTT. MICHELE FILIPPELLI

IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI CROTONE DOTT. MICHELE FILIPPELLI ( 1910 - 1978 )

Nato a San Nicola dell'Alto (KR) il 19.01.1910 da Giuseppe Filippelli ed Emilia Mustacchio, trascorse la prima infanzia nel paese natio, poi per poter proseguire gli studi presso il liceo -ginnasio Galluppi visse la sua adolescenza a Catanzaro, citta nella quale suo padre Cav. Giuseppe ivi residente con la famiglia svolgeva l'attività di Ufficiale Postale.

Da studente lavoratore, frequentò, compatibilmente con l'incarico di istitutore presso il collegio Cicognini di Prato, la facoltà di Giurispudenza dell'Ateneo di Firenze, seguendo le lezioni di Giorgio La Pira, Santi Romano e Pietro Calamandrei.

Conseguita la laurea in legge, si iscrisse alla facoltà di lettere classiche, giungendo alle soglie della laurea che non conseguì, perché, nel contempo vinse, appena ventiquattrenne, il concorso in Magistratura. Compiuto il tirocinio, da uditore giudiziario, presso la Corte d'Appello di Firenze, tornò in Calabria per esercitare le funzioni di magistrato: pretore, prima a Serra San Bruno sul finire degli anni trenta, poi a Tropea durante gli anni quaranta, e poi procuratore della Repubblica a Crotone dall'inizio degli anni cinquanta fino alla data della sua prematura morte avvenuta il 18.12.1978 che lo colse in servizio.

Per brevi periodi fu anche applicato, come reggente, alle procure di Vibo Valenzia, Castrovillari e Rossano. Nella sua lunga carriera giudiziaria, Michele Filippelli, conseguì, non per automatismo ma attraverso concorso, le qualifiche di consigliere di Corte d'Appello e di consigliere di Cassazione. Infine ottenne il conferimento di Presidente di sezione della Suprema Corte di Cassazione, con idoneità alle funzioni requirenti e giudicanti.

er il suo carattere schivo e riservato non intese ricoprire le più alte funzioni corrispondenti all'ultima prestigiosa qualifica, preferendo continuare a svolgere quelle di Procuratore che lo avevano contraddistinto quale magistrato severo, ma umano, intransigente, ma sereno. Fu una rara e particolare figura di pubblico ministero, che con le sue requisitorie scritte ed orali, appariva più come un rassicurante buon giudice che come un implacabile accusatore.

"Un P.M. òe cui requisitorie venivano integralmente trascritte e recepite prima dal giudice istruttore e poi dal tribunale," Questo giudizio, ebbe ad esprimere su di lui il sommo penalista Titta Madia, durante il dibattimento di un processo che non svolgeva a favore del suo assistito. Parafrasando il titolo di una nota opera di Pietro Calamandrei, non poteva esservi migliore elogio di un giudice proveniente da un avvocato. Coniugato con Dora Brasacchio, di famiglia originaria anch'essa di San Nicola dell'Alto, ebbe quattro figli, di cui tre avvocati ed una docente di lettere.

Nel vissuto famigliare portò l'impronta del rigore morale di giudice non disgiunto da un ricco patrimonio di affetto e di sensibilità, frutto di una educazione austera ma affinata e addolcita, nella solitudine dell'ufficio e della famiglia, dallo studio dei classici, della buona musica e della lingua albanese che coltivò, partecipando agli incontri ed ai seminari dell'albanologo Giuseppe Gangale.