ANGIOSPERMOPHYTINA

Le piante finora considerate, avevano ovuli nudi e non producevano veri frutti, invece da questo gruppo, si ha la comparsa di piante i cui fiori, costituendo l’apparato riproduttore, portano gli ovuli protetti in un ovario, che si modificherà con la fecondazione trasformandosi in frutto che conterrà, in numero vario, i semi.

Descriviamo dapprima il fiore con tutte le sue parti costituenti, in modo da rendere chiara la trattazione successiva per i termini che saranno usati.

 Nella forma più generale le parti costituenti il fiore, sono:

1) il peduncolo: è l’asse che sostiene il fiore.

2) il ricettacolo o talamo: è la parte terminale del peduncolo, su cui s’inseriscono le parti del fiore.

3) il perianzio: è la parte preposta a difesa dell’apparato sessuale, costituito da due involucri, calice

    e corolla, se questi sono mancanti dicesi perigonio.

4) l’androceo: è l’apparato sessuale maschile, costituito dagli stami inseriti su uno o più verticilli.

5) il gineceo o pistillo: è l’apparato sessuale femminile, formato dai carpelli e da uno o più pistilli.

Esistono anche altre parti accessorie come: brattee e bratteole, nettari, nettarostegio, paracorolla.

 

Il peduncolo è l’ultimo internodo del caule alla cui sommità c’è il fiore o l’infiorescenza. Può essere un asse primario quando deriva direttamente dal fusto, ma più spesso è un asse secondario, derivante cioè, da un asse primario (es. margherita e rosa). Può essere semplice (o indiviso), oppure ramificato (o composto) ed in questo caso le ramificazioni, diconsi pedicelli. Il pedicello è il peduncolo tipico delle infiorescenze. In base alla sua posizione, si definisce terminale, se all’estremità del caule, ascellare se situato all’ascella di una foglia, caulinare se si origina dal caule, peziolare se si origina dal picciolo di una foglia, radicale se si origina dalla radice. Se manca, il fiore si dice sessile.

 

Il talamo o ricettacolo, è la parte portante il fiore, cioè la parte che sostiene gli antofilli (petali e sepali), gli stami, i pistilli; in esso le parti fiorali s’inseriscono in modi diversi, per cui parliamo di fiori: aciclici, quando si ha un inserimento a spirale (Magnolia), lungo una linea elicoidale, carattere ritenuto arcaico, che spesso si evolve dando una forma circolare in cui i verticilli sono disposti su un piano; ciclici quando si ha un inserimento a verticillo, ossia quando sono disposti sullo stesso asse e allo stesso livello; emiciclici, con le parti più esterne a verticillo, mentre stami e ovari sono disposti a spirale (Ranuncolo). La disposizione dei verticilli, segue sempre la legge dell’alternanza, per cui i componenti di un verticillo si alternano con quelli del verticillo successivo.

Generalmente osserviamo che il perianzio forma due verticilli, l’androceo uno o due, il gineceo uno. In base al numero di verticilli, parliamo di fiori monociclici, biciclici, triciclici, policiclici.

I fiori pentaciclici, hanno due verticilli di stami.

Il talamo può avere forme diverse, che determineranno anche la posizione dell’ovario, rispetto agli altri verticilli; se concavo, il gineceo si troverà in posizione inferiore rispetto agli altri verticilli e il fiore si definirà epigino; se convesso, l’ovario si troverà in posizione superiore agli altri verticilli e il fiore si definirà ipogino, si definirà, invece, perigino se il talamo ha una posizione a otre più o meno aperto.

 

Il perianzio, è l’involucro che sta esternamente al fiore con funzione protettiva e spesso vessillare.

È formato da calice e corolla, generalmente con numero costante di pezzi per una famiglia e diversi fra loro, se uguali, il perianzio è detto perigonio.

Assai varia è la morfologia di questa parte, che va da fiori con perianzio nullo o ridottissimo, fino a fiori con perianzio formato da due o tre verticilli, ognuno dei quali è composto a sua volta anche da numerosi elementi. Il caso più tipico è rappresentato da un primo verticillo esterno, il calice, ed uno più interno, la corolla.

Per l’aspetto e la disposizione del perianzio distinguiamo diversi tipi fiorali:

                                   questa sola serie di foglie involucrali, può essere di tipo bratteoide

                                  (Humulus), sepaloide (Urtica), petaloide (Aristolochia), a seconda che i

                                   suoi elementi siano erbacei o colorati.

               A) omoioclamidati, quando i due involucri sono uguali fra loro; il perianzio è detto

                     perigonio e i suoi componenti tepali. (Lilium).

               B) eteroclamidati, quando gli involucri sono diversi; uno è il calice formato da sepali,

                    l’altro è la corolla formata da petali.

 

Il calice è l’involucro più esterno, costituito da antofilli, i sepali, di colore verde, con funzione protettiva e fotosintetica. Può essere caduco se si stacca prima dell’apertura del fiore (Papavero), parzialmente caduco (Eucaliptus), deciduo quando cade con la corolla dopo la fecondazione dell’ovario, persistente quando si conserva anche nel frutto (Malva), accrescente se si accresce col frutto formando un involucro membranoso (Physalis), se invece si trasforma in un insieme di setole e peli allungati, forma il pappo. Il pappo è quindi, un calice trasformato che dà origine ad un’appendice che sorregge il frutto, la cui disseminazione è anemofila. Il pappo è sessile, se inserito all’apice dell’ovario (Cardus), è peduncolato o stipato, se è ristretto alla base a formare un debole sostegno detto pedicello (Lactuga).

Il pedicello fiorale, può portare altre piccole foglie immediatamente sotto il calice e che collaborano nella funzione protettiva, questa formazione è detta calicetto (Malva silvestris).

Il calice si definirà dialisepalo se i sepali del calice sono liberi fra loro, se invece sono uniti per un tratto più o meno variabile, è detto gamosepalo.

Nel calice gamosepalo, i sepali sono riuniti a formare un tubo di lunghezza variabile, che si apre con una fauce. I sepali possono essere separati nella porzione ultima del tubo a formare un lembo; dette porzioni possono essere libere per un tratto variabile. All’interno del tubo o alla fauce, può esistere un anello di peli detto carpostegio, con funzione di difesa. Quando la fessurazione è assai profonda e raggiunge quasi la nervatura, comunque oltre la metà del calice si parla di calice partito, bipartito, tripartito, multipartito; se la fessurazione arriva a circa metà del calice si dice calice fido o fesso, se infine le intaccature sono minori si dice calice dentato.

La forma può essere regolare o irregolare. Nel primo caso presenta almeno due piani di simmetria e dicesi attinomorfo, se invece ne presenta uno solo dicesi zigomorfo.

I calici regolari comprendono: cilindrico o tubuloso (Dianthus); clavato (Armeria); urceolato (Rosa centifolia); vescicoloso (Silene).

I calici irregolari comprendono: labiato (Salvia officinalis); galeato (Aconitum); speronato (Trapeolum); appendicolato (Viola).

 

La corolla è il verticillo più interno del perianzio ed è la parte del fiore che più delle altre ha funzione vessillare. La sua funzione è di agevolare l’impollinazione e per questo è costituita da parti vivacemente colorate e profumate, per il richiamo degli insetti, cui è affidato tale compito.

La corolla è costituita dai petali, variamente colorati e poco consistenti per la sottigliezza delle membrane che li compongono. Il colore è determinato dalla presenza, nei loro tessuti, di cromoplasti che danno il colore giallo, arancione, rosso, o di pigmentazioni antocianiniche che danno il colore viola ed azzurro, oppure alla rifrangenza della luce per il colore bianco.

Come per il calice, anche per la corolla, abbiamo le stesse caratteristiche per quanto riguarda la simmetria, per cui parliamo di corolla regolare o attinomorfa e irregolare o zigomorfa.

La corolla si definirà dialipetala se i petali del calice sono liberi fra loro, se invece sono uniti per un tratto più o meno variabile, è detta gamopetala.

Se la corolla è dialipetala, nei petali distinguiamo:

Se la corolla è gamopetala distinguiamo:

Quindi nella corolla gamopetala, i petali sono riuniti a formare un tubo di lunghezza variabile, che si apre con una fauce. I petali possono essere separati nella porzione ultima del tubo a formare un lembo; dette porzioni possono essere libere per un tratto variabile. All’interno del tubo o alla fauce, può esistere un anello di peli detto nettarostegio, con funzione di difesa (Labiate).

La corolla ha una forma molto varia, fra le dialipetale attinomorfe elenchiamo:

Fra le dialipetale zigomorfe elenchiamo:

 Fra le gamopetale attinomorfe elenchiamo:

·         Tubulosa: a forma di tubo (Scrofulariacee, genere Wulfenia)

·         Ipocrateriforme: come la precedente ma il tubo non è lineare (Primulacee, genere Primula).

·         Campanulata: a forma di campana (Campanulacee).

·         Infudibuliforme: come la precedente ma più aperta (Convolvolacee).

·         Rotata: con un breve tubo e lembi disposti a raggiera (Primulacee, genere Anagallis)

·         Urceolata: a forma di orcio (Gigliacee, genere Muscari).

Fra le gamopetale zigomorfe elenchiamo:

·         Labiata: con lungo tubo e il lembo formato da due labbra, il superiore formato da tre petali saldati, l’inferiore da due (Lamiacee).

·         Personata o gibbosa: come la precedente, ma il labbro inferiore chiude l’apertura del calice.

Alcuni fiori, portano all’interno una struttura più o meno ampia e colorata, che forma una seconda corolla, detta corona o paracorolla (Narciso). Nel Narciso deriva dalla fusione delle appendici degli stami.

 

L’androceo o apparato maschile è costituito dall’insieme dei microsporofilli o stami, posizionati nel quarto e quinto verticillo. Lo stame è composto di una parte sterile o filamento che sostiene la parte fertile o antera. L’antera è formata da due teche o logge e ognuna di esse è suddivisa in due sacche polliniche, unite da un tessuto connettivo. La sacca pollinica, è costituita da una duplice parete, la più esterna detta esotecio, la più interna endotecio; dentro l’endotecio troviamo il tessuto sporigeno, l’archesporio, a funzione trofica che darà le cellule madri delle spore, le quali per meiosi, origineranno le microspore. Maturano dentro la sacca stessa trasformandosi in granelli pollinici; la trasformazione, consiste in un arricchimento della parete esterna per essere in grado di uscire nell’ambiente esterno. Spesso, allorché il granello si stacca, la trasformazione ha interessato i nuclei; si è già avuto moltiplicazione del nucleo aploide per cui, siamo di fronte ad un gametofito binucleato, o granello pollinico, non più ad una microspora. La divisione cellulare, non comporta la comparsa di membrane e i due nuclei si distingueranno, in un nucleo vegetativo ed un nucleo generativo. A maturità, l’antera si schiude, il polline fuoriesce e trasportato in modo attivo o passivo è depositato sullo stimma dando inizio al processo di fecondazione. Gli stami possono avere caratteristiche diverse per forma, lunghezza, impianto, saldatura, tipo di antera, deiscenza, per cui vengono opportunamente distinti. Se il fiore ha un solo stame si dice monandro, poliandro se ha più stami

Forma degli stami

·         Semplici: nella loro forma più classica, filamento e antera.

·         Sessili: se manca il filamento.

·         Staminodi: se sterili per le piccole dimensioni.

·         Arborescente: se presentano ramificazioni.

Lunghezza

·         Omodinami: se hanno tutti la stessa lunghezza.

·         Didinami: due più lunghi, due più brevi (Lamiacee).

·         Tetradinami: quattro più lunghi, due più brevi (Crocifere)

Impianto

·         Ipogini: se inseriti sotto l’ovario (ovario infero).

·         Epigini: se inseriti sopra l’ovario (ovario supero).

·         Perigini: se inseriti intorno all’ovario (ovario semiinfero)

·         Corallini: se inseriti sui petali.

Saldatura

·         Monoadelfi: i filamenti sono tutti saldati fra loro. (Malvacee).

·         Diadelfi: i filamenti sono saldati a formare due gruppi (Faseolacee, genere Trifolium).

·         Poliadelfi: i filamenti sono saldati a formare più gruppi (Ipericacee, genere Hypericum)

Tipo di antera

·         Basifissa: l’antera è impiantata per la base.

·         Dorsifissa: l’antera è impiantata sulla parte dorso.

·         Ventrifissa: l’antera è impiantata sulla parte ventrale.

·         Apicifissa: l’antera è impiantata per l’apice e risulta pendente.

Deiscenza

·         Longitudinale: l’antera si apre lungo il suo asse.

·         Trasversale: l’antera si apre perpendicolarmente al suo asse.

·         Apicale: l’antera si apre per mezzo di un’apertura al suo apice

·         Foraminale: l’antera si apre per piccoli orifizi.

 

I granuli pollinici

Ogni granulo pollinico è una cellula che misura da 2 a 300 micron. Hanno diversa dimensione, forma e colore secondo la specie della pianta. È formato da due membrane; l’esterna detta esina, formata da sporopollenina, che è una sostanza resistente agli agenti atmosferici ed un’interna detta endina, sottile, celluloso-proteica. La superficie appare quanto mai variegata ed ogni specie ha un suo “disegno” specifico, che rende il granello di polline esclusivamente adatto ad aderire allo stigma dell’apparato femminile della propria specie. Sulla membrana esterna, l’esina, vi sono delle configurazioni particolari, detti pori germinativi, che avranno significato per il processo della fecondazione.

 

Il gineceo

Il gineceo è l’apparato femminile ed è costituito da uno o più pistilli. Il pistillo è formato da una o più foglie trasformate, i carpelli, inseriti sul quinto verticillo. Ogni pistillo, si compone di una parte basale aderente al ricettacolo, l’ovario, di una parte intermedia, lo stilo e una parte finale, lo stigma. Il carpello è una foglia trasformata; se il carpello è uno solo, l’ovario sarà uniloculare, e il gineceo è detto monocarpellare o monogino (Faseolacee, genere Pisum), se vi sono più carpelli, gineceo pluricarpellare o poligino, distinguiamo due casi: possono saldarsi e per riassorbimento delle pareti interne, si forma un’unica cavità e l’ovario sarà uniloculare, oppure, la cavità può suddividersi in tante logge separate da setti e l’ovario sarà pluriloculare, mentre per il gineceo, si parlerà, di gineceo pluricarpellare apocarpico, ove ogni carpello resta indipendente e avremo altrettanti ovari, e di gineceo pluricarpellare sincarpico, ove i carpelli sono saldati fra loro. L’ovario è quindi una cavità delimitata da una o più foglie trasformate, i carpelli, che si saldano ai margini. Il punto di fusione costituisce la sutura ventrale e il tessuto interno, la placenta. Un vaso, il fascio placentare, attraversa l’interno della placenta e un altro fascio trovasi nella parte mediana del carpello, il fascio mediale. La cavità è chiamata cavità ovarica e al suo interno, inseriti nella placenta per mezzo di un funicolo, si trovano gli ovuli. Il piccolo tratto tra ovulo e funicolo è detto ilo.

La placenta e la posizione degli ovuli possono presentarsi in modi diversi.

Rispetto ai carpelli, si ha una placentazione:

·         Marginale se la placenta ha una posizione ai margini del carpello (Ranuncolacee, genere Helleborus).

·         Laminare o diffusa se è posizionata sulla lamina del carpello (Alismacee, genere Butomus).

Rispetto all’ovario, si ha, placentazione:

·         Parietale se la placenta è aderente alle pareti (Ninfeacee).

·         Centrale, se le placente sono unite al centro dell’ovario (Gigliacee).

·         Assile se le placente sono disposte lungo l’asse; quest’ultimo tipo è tipico dell’ovario che si suddivide in logge e con una o due file di ovuli per loggia (Primulacee).

La posizione dell’ovario rispetto al talamo presenta tre possibilità, per cui avremo:

·         Ovario supero se è posto sopra l’inserzione del perianzio (fiore ipogino).

·         Ovario infero se è completamente saldato col ricettacolo e il perianzio è inserito in posizione apicale (fiore epigino). Dal talamo sporgono solo lo stilo e lo stigma.

·         Ovario semiinfero se il ricettacolo è aperto e quindi non ci sono saldature (talamo urceolato) o sono parziali, ma il ricettacolo resta più basso della base dell’ovario e il perianzio è inserito in posizione superiore (fiore perigino).

Lo stilo è la parte superiore dell’ovario, di forma più o meno allungata; se manca si parla di stigma sessile. Lo stilo può essere posizionato sull’ovario in modi differenti, per cui avremo un impianto:

·         Apicale se posizionato all’apice dell’ovario.

·         Laterale

·         Basilare

·         Ginobasico è al centro del gineceo e inserito fra i lobi dell’ovario (Lamiacee).

Lo stigma o stimma è la parte apicale, all’estremità dello stilo e può avere diversa forma a seconda della specie; se lo stilo manca, lo stimma è detto sessile. Può avere forma diversa: semplice, globoso, piumoso, a forma acuta (Ippocastanacee), discoidale, lobato, bilobo o a più lobi, fido (Zigofilacee, genere Tribulus). Il suo compito, è quello di catturare il polline; può anche mancare come nelle Gimnosperme.

L’ovulo o ovocellula è l’unità sessuale femminile, di forma sferoidale e colore biancastro, che è attaccata alla placenta mediante un filamento detto funicolo. È formato da due strati, il più esterno detto primina ed uno interno detto secondina, che si congiungono alla sommità, lasciando una piccola fessura, il micropilo, attraverso il quale passerà il tubetto pollinico. La parte basale, che è unita alla placenta, per mezzo del funicolo, è detta calaza. In posizione superiore, la massa cellulare è detta nucella in cui è immersa una grande cellula, detta sacco embrionale.

L’ovulo, può assumere posizioni diverse all’interno dell’ovario per cui è detto:

·         Ortotropo o atropo quando funicolo, ilo e micropilo sono sullo stesso asse.

·         Anatropo quando ruotato di 180°, micropilo e ilo si trovano vicini.

·         Campilotropo se nella rotazione il micropilo si trova vicino alla calaza.

Per quanto riguarda gli apparati sessuali, androceo e gineceo, i fiori possono essere:

·         Ermafroditi se entrambi gli apparati sessuali sono presenti.

·         Unisessuati se solo un apparato, maschile o femminile, è presente.

La pianta, in base al sesso dei fiori, può essere:

·         Monoica se la pianta porta fiori ermafroditi.

·         Monoica a fiori unisessuali se sulla stessa pianta vi sono fiori maschili e femminili.

·         Dioica se la pianta è rappresentata da un individuo femminile, che porta solo fiori femminili e un individuo maschile, che porta solo fiori maschili.

 

Parti complementari

Sono delle formazioni che compaiono in alcuni fiori e possono avere significato diagnostico, ed assumere funzioni quasi sempre protettive. Esse sono:

·         Calicetto è formato da foglioline trasformate situate sotto il calice; hanno funzione essenzialmente protettiva. Tipico esempio: genere Malva.

·         Paracorolla è una struttura aggiuntiva del perianzio di vario colore; nel Narciso deriva dalla saldatura degli stami.

·         Nettari sono ghiandole che secernono il nettare; sono variamente localizzati sul ricettacolo.

·         Nettarostegio è particolarmente presente nelle Labiate; è un anello di peli, posto all’interno del tubo corollino. Ha funzione prottettiva. 

·         Brattee e bratteole sono foglie trasformate, situate alla base del ricettacolo o del peduncolo fiorale.

 

Terminata la descrizione del fiore, riprendiamo la descrizione delle Angiospermophytina.

Questo gruppo ha la caratteristica di avere gli apparati sporofillici propri, cioè i fiori, radunati all’apice dell’asse vegetativo o del ramo che è così bloccato e se i fiori sono ascellari, allora saranno bloccati i rami ascellari.

Ogni fiore è protetto da un perianzio fatto da uno o due involucri (perigonio, se uno: calice e corolla se due).

I microsporofilli sono riuniti a costituire gli stami, che nel loro complesso costituiscono l’androceo o apparato maschile. I macrosporofilli sono fatti da una o più foglie trasformate, costituenti i carpelli dell’ovario, cioè le pareti dentro le quali troviamo gli ovuli.

La totale chiusura degli ovuli all’interno della foglia carpellare, comporta un nuovo meccanismo nella fecondazione, perché il granello pollinico, si posa sullo stimma e non sul micropilo (impollinazione stigmatica); germina quivi e il tubetto pollinico vettore, che si sviluppa, attraversa le pareti dell’ovario e raggiunge poi l’oosfera; non va mai sul micropilo.

(Ricordare che l’impollinazione è ben distinta dalla fecondazione).

In questo gruppo, la fecondazione avviene per nuclei spermatici. Un nucleo feconda l’oosfera, l’altro si unisce coi due nuclei posti al centro, a dare un insieme triploide che costituisce l’albume. A questa doppia fecondazione, segue una serie di trasformazioni che in parte riguardano l’oosfera che diventa zigote e poi embrione, l’ovario si trasforma in frutto, l’ovulo in seme; talvolta la spinta è tale che la trasformazione interessa altre parti, come il ricettacolo, il perianzio, il peduncolo, l’asse dell’infiorescenza. Ad esempio, nella mela e nella pera, la parte carnosa è costituita dal ricettacolo, nel fico sono gli assi dell’infiorescenza a saldarsi a dare la buccia racchiudendo la parte fertile.

Il legno è eteroxilo, con notevole prevalenza di trachee.

Compaiono nel Cretaceo inferiore e si sviluppano molto velocemente. In realtà non è preciso datarle nel Cretaceo, più precisamente è da questo periodo che abbiamo fossili interi, ma già nel tardo Paleozoico compaiono pollini di Angiosperme, quindi dobbiamo collocare la loro nascita più indietro nel tempo.

Sono piante in gran parte legnose, terrestri e solo per adattamento secondario alcune sono ritornate in acqua (ninfee).

Le foglie hanno dimensioni varie, ma nel complesso sono macrofillata e le foglie piccole di alcune, sono per riduzione secondaria. Le foglie, possono essere plagiotrope o dorso ventrali, con una faccia superiore e inferiore; oppure ortotropo o isolaterali, con le due pagine uguali (Iris).

Anatomicamente e schematicamente, troviamo l’epidermide senza stomi sulla pagina superiore solo nelle piante acquatiche a foglie galleggianti, gli stomi sono sulla pagina superiore. Sotto, è situato il mesofillo clorofilliano e sotto l’epidermide inferiore, con gli stomi ben evidenti, in quanto gli stomi hanno cellule ricche di cloroplasti, mentre le cellule epidermiche ne sono totalmente prive. Il mesofillo è prevalentemente fatto da tessuto parenchimatico clorofilliano di cellule prismatiche, cilindriche allungate, addossate le une alle altre a dare il tessuto a palizzata. Essendo cilindri vicini, lasciano zone vuote fra loro, attraverso cui si realizza la ventilazione. Questo strato a palizzata può essere semplice o doppio. Sempre appartenente al mesofillo, troviamo, sottostante la palizzata, il tessuto lacunoso, con ampi spazi intercellulari che finiscono col convergere nelle camere sottostomatiche. Nelle diverse foglie, il complesso del mesofillo è variamente sviluppato, in esso troviamo le interruzioni ai fasci cribro-legnosi delle nervature, provvisti di guaina, che circonda il fascio, di xilema e floema. A seconda dello spessore della guaina, si deduce l’ordine della nervatura.

I fiori non sempre sono solitari, ma spesso uniti in infiorescenze, cioè organizzati ciascuno su un asse apicale ad accrescimento definito il cui complesso costituisce l’infiorescenza; nel complesso sono più le infiorescenze che i rami a fiore solitario terminale.

Le infiorescenze saranno trattate a parte.

Nel corso dell’evoluzione si assiste ad una perdita della simmetria fino ad avere fiori asimmetrici, (Orchidee).

L’impollinazione è idrofila, anemofila, entomofila, ornitofila. Il più delle volte è incrociata, perché polline e stigma non maturano contemporaneamente sullo stesso individuo; l’incrocio è utile per il rinnovo del patrimonio cromosomico. Più rara è la fecondazione diretta in cui il polline feconda lo stimma dello stesso fiore. Il granello s’invischia sullo stimma e quivi germina, (qui ha inizio la fecondazione) rompendosi in punti prestabiliti, detti pori germinativi; si forma un’estroflessione, che sviluppandosi, si allunga a formare il tubetto pollinico. Esso percorre tutto lo stilo e penetra in profondità, fino ad arrivare alla parte femminile. Il tubetto pollinico può essere più o meno lungo; abbiamo calazogamia se arriva al fondo dell’ovulo o calaza, porogamia se arriva al micropilo.  Durante questo percorso si hanno varie trasformazioni. Nel gametofito maschile, si parte da un solo nucleo, a volte due. Il nucleo si divide in due, dando un nucleo vegetativo che presiede alla germinazione e un nucleo generativo. Il nucleo vegetativo che sottintende alla trofia, sta sempre all’apice del tubetto e vi penetra appena questo si è formato.. Il generativo si divide in due solo quando è vicino all’ovulo; queste due parti si allungano e a volte si appiattiscono e spiralano e sono questi i nuclei spermatici o microgameti che opereranno la fecondazione. Non sempre sono uguali e si ritiene che la differenza dipenda solo dal grado di sviluppo; entrambi sono utilizzati, uno si unirà all’oosfera, l’altro ai nuclei polari.

Nella parte femminile o gineceo, possono essere presenti uno o più ovari. Il tipo più semplice è quello ad un solo ovario. Nell’ovario sono localizzati gli ovuli. All’interno degli ovuli è contenuta la nucella, equivalente alla parete del macrosporangio; si è sviluppata nel corso dell’evoluzione ed è diventata grande perché, col diminuire del numero delle spore, si è avuta una pluristratificazione. Abbiamo perciò, una parte esterna tegumentaria, una regione fertile interna, a volte voluminosa ove nella parte alta compare l’archesporio, spesso formato da una sola cellula che darà la cellule madre delle spore. La cellula madre delle spore, in seguito alla meiosi, darà quattro macrospore, impilate e di cui una sola sarà effettivamente funzionale, mentre le altre degenereranno. Le spore nascono da divisioni meiotiche eterotipiche e poi omeotipiche della cellula madre e sono impilate lungo l’asse maggiore dell’ovulo. Delle quattro macrospore, è la basale che prosegue lo sviluppo per dare il gametofito femminile. Essa, per cariocinesi, si divide in due nuclei centrali (parliamo ora di gametofito femminile) e fra di essi si forma un vacuolo, che ingrossandosi sposta un nucleo verso il micropilo e uno verso la base, individuando i due poli di un asse. Ogni nucleo si divide ancora per cariocinesi; ora abbiamo due nuclei verso la calaza e due verso il micropilo (gametofito tetranucleato polarizzato). Avviene ancora una divisione per cariocinesi, raggiungendo così uno stadio definitivo con otto nuclei. Di questi, tre sono posizionati verso il micropilo, tre verso la calaza, due, uno proveniente dal micropilo e l’altro dalla calaza, si portano al centro. Abbiamo ora la cellularizzazione dei nuclei micropilari e di quelli della calaza. Siamo alla presenza del gametofito maturo con oosfera e due cellule sinergidi nella parte micropilare, tre cellule dette antipodiali nella calaza e due al centro detti polari.

Queste cellule sono dentro la parete della macrospora originaria, più tardi, si formerà l’albume e poi l’embrione; la parete è sempre la stessa, ma si chiamerà ora sacco embrionale. Essa funziona da ricettacolo per il gametofito femminile, per la fecondazione, per l’embrione.

Quanto descritto è il caso più normale, ci sono però gametofiti tetranucleati e anche multinucleati con 16-32 nuclei.

La parte maschile arriva dunque a contatto con la parte femminile attraverso il tubo pollinico e con le due modalità possibili di porogamia o calazogamia, fenomeno legato alla posizione dell’ovulo.

Il tubetto pollinico, ad un certo punto, è comunque penetrato all’interno ed è in contatto col gametofito femminile, accollandosi alla parete originaria della macrospora versa, dentro a detta parete, i due nuclei spermatici. Si ha ora una doppia fecondazione, un nucleo si unisce all’oosfera nella vera fecondazione e l’altro si unisce ai due nuclei polari a dare un’entità triploide che si divide ancora e si alimenta del contenuto della nucella e darà origine al tessuto necessario alla pianta per vivere i primi momenti, detto endosperma o albume. È questa un’entità nuova; qualcosa del genere era già nelle Conifere, ma come fatto sporadico, eccezionale, era però diploide.

La fusione può avvenire in diversi momenti. Può essere che i due nuclei polari si siano già uniti fra loro o si uniscano contemporaneamente all’arrivo del secondo nucleo spermatico.

Le trasformazioni interessano prima di tutto l’entità triploide, detta albume, che si moltiplica enormemente, senza che si formino pareti cellulari, formando in questo modo un albume cenocitico, sempre all’interno della macrospora che ora sarà detta sacco embrionale.

Lo zigote presenta la solita moltiplicazione epibasale e ipobasale, cui fa seguito quella longitudinale e così via fino alla formazione dell’embrione. Intanto si modifica pure l’albume cenocitico, con una cellurizzazione e circondandosi di una membrana. Dalla parte del micropilo, troviamo l’embrione con l’apice radicale, l’apice vegetativo, uno o due cotiledoni, a seconda che appartengano alle Dycotyledonopsida o alle Monocotyledonopsida. L’embrione, è ora una piantina già organizzata, con i due centri apicali meristematici, l’apice radicale e l’apice vegetativo, intercalati da una zona detta ipocotile.

Nelle leguminose, tutto il nutrimento è trasferito nei cotiledoni, per cui l’albume si riduce a zero; nel seme di una leguminosa troviamo quindi tegumenti e cotiledoni senza albume. Questa traslocazione di nutrimento è da mettere in relazione al fatto che i cotiledoni hanno diretto contatto con l’albume, per cui possono ben rifornire l’embrione, contenendolo nello stesso tempo. Al momento della germinazione la cessione del nutrimento è già avvenuta.

Solo quando l’embrione si è formato, possiamo parlare di seme.

Nelle Conifere il nutrimento deriva dal gametofito aploide; qui le parti di riserva sono triploidi; nelle Conifere troviamo i tegumenti che fanno parte dello sporofito di I generazione, poi l’endosperma, che è gametofito di II generazione, poi l’embrione che è sporofito di II generazione.

Nelle Angiosperme abbiamo tegumenti nati dallo sporofito di I generazione più una parte trofica nata dopo la fecondazione e rientrante nella parte sporofitica più l’embrione o sporofito di II generazione; manca il gametofito. Predomina nettamente la parte sporofitica. Il seme in definitiva è un ovulo trasformato con ispessimento dei tegumenti e disidratazione spinta. Anzi è nella disidratazione (da 80 % a 15 % d’acqua) che consiste la maturazione del seme. Se questa disidratazione non avvenisse, le cellule, vivendo, consumerebbero tutte le sostanze nutritive prima della nascita della nuova piantina.

La vita latente del seme dipende dall’ambiente e dalla specie.

Nel seme individuiamo due tegumenti, spesso presenta esternamente un piccolo incavo che è l’ilo punto d’attacco all’ovario; altre volte abbiamo parti aggiuntive tipo le caruncole che sono una sporgenza carnosa o l’arillo che è un’espansione che si sviluppa dall’ilo ed avvolge il seme.

Il seme si forma e matura dentro l’ovario, contemporaneamente questo si trasforma in frutto, per una serie di fenomeni indotti dalla fecondazione; la spinta può essere tale da trasformare anche infiorescenze e ricettacolo; la fecondazione genera un susseguirsi di fenomeni che provocano profonde trasformazioni che determineranno la formazione del frutto.

 

Il frutto

In base al numero dei semi distinguiamo frutti:

·         Monospermi ad un solo seme.

·         Polispermi a più semi.

Se i carpelli dell’ovario si disidratano, avremo i frutti secchi, se si accrescono e si arricchiscono di sostanze carnose, avremo i frutti carnosi; spesso s’indicano come tali quelli che originano da parti diverse dall’ovario, come il pomo che origina per trasformazione del ricettacolo.

Nel frutto distinguiamo tre parti: esocarpo (meglio noto come buccia), mesocarpo (la polpa), endocarpo (la parte legnosa del nòcciolo).

I frutti si classificano secondo la loro derivazione in:

·         Semplici quando derivano da un ovario monocarpellare o da un gineceo sincarpico.

·         Composti quando derivano da un ovario apocarpico.

·         Sinantocarpici quando il frutto oltre ad originarsi dall’ovario include altre parti dell’infiorescenza.

I frutti semplici si suddividono in.

·         Deiscenti quando si aprono spontaneamente a maturità.

·         Indeiscenti quando non si aprono mai.

·         Dirompenti o schizocarpi quando si aprono solo parzialmente.

I frutti indeiscenti si suddividono in secchi e carnosi.

 

Frutti semplici deiscenti secchi.

·         Follicolo deriva da un ovario monocarpellare e si apre per mezzo di una sola sutura, o dalla parte dorsale (Magnolia) o molto più frequentemente dalla parte ventrale (Ranuncolacee, genere Helleborus). È polispermo.

·         Legume deriva da un ovario monocarpellare, con due aperture, una ai margini saldati della foglia trasformata, l’altra in corrispondenza della nervatura centrale della foglia. È polispermo.

·         Siliqua deriva da un ovario bicarpellare, i due carpelli sono separati da un setto detto replum. A maturità le due valve si aprono dal basso. La forma è allungata (Crocifere, genere Brassica). È polispermo.

·         Siliquetta è simile alla siliqua, ma la lunghezza è quasi uguale alla larghezza (Crocifere, genere Lunaria).

·         Capsula deriva da un ovario pluricarpellare sincarpico. È polispermo. Le modalità della deiscenza fanno distinguere: Cassula setticida se la deiscenza avviene in corrispondenza dei setti; Cassula loculicida se la deiscenza avviene in corrispondenza dei loculi, cioè lungo le nervature dei carpelli; Cassula poricida se si apre per mezzo di pori. Fra i tipi di cassula sono compresi anche:

·         Pisside in cui l’apertura avviene col distacco di un coperchietto, per cui è detta cassula circumscissa.

·         Treto con apertura mediante pori situati sotto lo stigma (Papavero).

Il frutto dell’Ippocastano, è considerato una cassula deiscente carnosa.

 

Frutti semplici indeiscenti secchi.

·         Achenio deriva da un ovario mono o pluricarpellare. Nelle composite (Taraxacum) deriva da un ovario infero monocarpellare, con le pareti del seme e del frutto non concresciute, talvolta sormontate da un’appendice piumosa detta pappo. Il seme quindi, non è saldato al suo involucro. È monosperma. La ghianda è un achenio con pericarpo coriaceo, che deriva da ovario pluricarpellare infero, racchiuso parzialmente dalla cupola.

·         Noce considerabile come un achenio uniloculare con pericarpo legnoso, ma derivante da ovario supero pluricarpellare. È monosperma e se il frutto è piccolo, è detto nucula.

·         Cariosside è il tipico frutto delle Graminacee, deriva da ovario pluricarpellare. È monosperma. Seme e frutto sono concresciuti, quindi sono uniti, il pericarpo è unito al tegumento del seme, la “farina” è il seme, la “crusca” il vero frutto.

·         Samara deriva da ovario monocarpellare provvisto di un’espansione o ala membranosa (Ulmus). È monosperma.

 

Frutti semplici indeiscenti carnosi.

·         Drupa con epicarpo membranoso, mesocarpo carnoso, endocarpo legnoso, solitamente con un solo seme. Generalmente deriva da ovario supero monocarpellare (Rosacee, genere Prunus; pesca, susina) (Oleacee, genere Olea). La Noce (Junglans regia) che deriva da ovario bicarpellare, si presenta con epicarpo e mesocarpo carnosi, endocarpo osseo con un seme senza albume; a maturazione epi- e mesocarpo disseccano.

·         Bacca con epicarpo membranoso sottile, mesocarpo ed endocarpo carnosi. Deriva da un gineceo monocarpellare; può derivare da gineceo a più carpelli con crescenti, dobbiamo allora distinguere: bacca bicarpellare, Pomodoro, dove non c’è il nocciolo, ma tanti setti; l’epicarpo esterno è sottile, il mesocarpo carnoso a setti su cui s’inseriscono i semi; bacca tricarpellare tipica del Dattero, bacca pluricarpellare tipica del Cachi. Quando l’epicarpo si presenta ispessito e consistente, distinguiamo:                                                                 

1.        Peponide con esocarpo molto indurito, mesocarpo ed endocarpo carnosi. A maturazione l’endocarpo si trasforma in una massa sfilacciata, non carnosa, contenente i semi. Deriva da un ovario infero sincarpico (Cucurbitacee).

2.        Esperidio con esocarpo carnoso colorato, mesocarpo bianco, endocarpo diviso in logge contenenti i semi. Ogni loggia deriva da un carpello. Deriva da ovario supero pluricarpellare sincarpico. L’interno delle logge è costituito da peli ghiandolari ricchi di succhi (Rutacee, genere Dictamnus).

3.        Balaustro con epicarpo mesocarpo ed endocarpo coriacei. Deriva da un ovario infero sincarpico con carpelli sovrapposti. I semi sono ricoperti di un tessuto, o episperma, gelatinoso. Tipico esempio è il Melograno (Punicacee, Punica granatum).

4.        Pomo tipico frutto delle Rosacee, deriva da ovario infero sincarpico, la parte centrale (il torsolo) costituisce il vero frutto, di consistenza cartilaginea, diviso in cinque logge con semi, ove ogni loggia deriva da un carpello. La parte carnosa deriva dal talamo o ricettacolo enormemente ingrossato. (Mela, Pera)

Frutti semplici dirompenti.

·         Legume lomentaceo della Cassia in cui esistono ancora le suture del legume, ma non si aprono lungo di esse, ma si dividono in tante porzioni settate orizzontalmente, in tanti dischetti monospermi.

·         Siliqua lomentacea con disarticolazioni per setti trasversali (Raphanus). Le singole logge sono monosperme.

·         Diachenio delle ombrellifere, dove i due acheni sono uniti fra loro da una sorta di forchetta e si dividono a maturità.

·         Tetrachenio e poliachenio formati da quattro o più acheni monospermi (Salvia e Malva), derivanti da ovari pluricarpellari, ove ogni carpello dà un achenio.

·         Disamara tipico dell’Acero si suddivide a maturità in due samare.

Tutti questi frutti, a maturità si suddividono in tante parti che libereranno, in un tempo successivo, il seme.

Alcuni autori comprendono questi frutti, fra i frutti semplici secchi indeiscenti, considerandoli casi particolari di legume, siliqua, achenio, samara.

 

Frutti composti

Derivano da un gineceo apocarpico e sono degli aggregati di frutti semplici, ognuno derivante da altrettanti fiori, che sono inseriti sullo stesso ricettacolo. Sono rappresentati da:

·         Aggregato di nucule. Esempio la Fragola, ove il talamo, la parte rossa, sviluppandosi diventa carnosa (pseudocarpo) e i semini sono i frutti, le nucule.

·         Aggregato di drupe. Rosacee, genere Rubus

·         Aggregato di follicoli. Ranuncolacee, genere Helleborus. Deriva da gineceo apocarpico.

 

Frutti sinantocarpici.

Derivano da infruttescenze, ossia alla formazione del frutto, concorrono parti dell’infiorescenza. Sono rappresentati da:

·         Siconio ove la parete del frutto è costituita dagli assi dell’infiorescenza che si saldano racchiudendo i frutti che sono nucule (Fico).

·         Sorosio in cui si trasforma l’asse del fiore, il perianzio, e l’ovario. I singoli frutti sono drupe (More del gelso).

La classificazione dei frutti non ha valore assoluto e altri schemi possono essere altrettanto validi.

 

Le infiorescenze

I fiori non sempre sono solitari, ma spesso organizzati ognuno su un asse apicale ad accrescimento definito il cui complesso costituisce l’infiorescenza. Ogni asse apicale che sostiene il fiore, si chiama pedicello. Si dividono in tre gruppi:

·         Racemose o botritiche con accrescimento indefinito.

·         Cimose o brachiali con accrescimento definito.

·         Tirsoidi sono infiorescenze composte dalla combinazione d’infiorescenze semplici.

·         Particolari non classificabili nelle precedenti.

Per altre caratteristiche possono distinguersi in:

·         Acropete se l’accrescimento e la fioritura avvengono lungo l’asse dal basso verso l’alto, i fiori più vecchi sono quelli basali (Faseolacee, genere Lupinus).

·         Acrofughe il contrario delle Acropete.

·         Centripete se l’accrescimento e la fioritura avvengono dal bordo dell’infiorescenza verso l’interno (Asteracee)

·         Centrifughe il contrario delle Centripete.

 

Le infiorescenze racemose si accrescono in modo indefinito ed hanno fioritura acropeta o centripeta. Le dividiamo in:

·         Racemo o grappolo con asse principale allungato, ramificato monopodicamente; i pedicelli fiorali sono disposti ad intervalli regolari e portano delle brattee.

·         Spiga simile al racemo, ma i fiori sono sessili.

·         Amento simile al racemo o alla spiga, ma l’asse fiorale è pendente. I fiori sono generalmente unisessuati.

·         Corimbo simile al racemo, ma i pedicelli, inseriti in punti differenti, hanno una lunghezza diversa e tale che i fiori sono disposti alla stessa altezza. (Achillea Millefollium)

·         Ombrella in cui i pedicelli fiorali partono da uno stesso punto e sono tutti d’uguale lunghezza.

·         Capolino ove la sommità dell’asse si è allargata a formare un ricettacolo che porta i fiori sessili.

 

Le infiorescenze cimose hanno accrescimento definito e l’asse termina con un fiore. Sono acrofughe e centrifughe. Le dividiamo in:

·         Monocasio a cima unipara, ove l’asse fiorale termina con un fiore, nel punto d’inserzione c’è una brattea e qui si distacca un solo asse laterale, con un fiore e da questo se ne diparte un altro e così via.

1.        a cima scorpioide se i rami si susseguono da uno stesso lato. . Si distinguono ancora due tipi: il drepanio con i rami sullo stesso piano; il cincinno con i rami su piani diversi.

2.        a cima elicoide se i rami si susseguono da entrambi i lati in modo alternativo. Si distinguono ancora due tipi: il ripidio con i rami sullo stesso piano; il bostrice con i rami su piani diversi.

·         Dicasio a cima ripara, quando l’asse principale termina con un fiore e sotto di questo, s’inseriscono in uno stesso punto due rami simmetrici.

 

Infiorescenze composte.

Sono costituite da un complesso d’infiorescenze semplici dello stesso tipo, quindi possono avere tutte le caratteristiche delle infiorescenze semplici. Sono rappresentate da:

·         Tirso o pannocchia è un racemo formato da racemi o una spiga formata da spighe.

·         Antela simile alla pannocchia con gli assi laterali che superano l’asse principale. Gli assi laterali non sono inseriti in uno stesso punto.

·         Ombrella composta di più infiorescenze ad ombrella.

·         Corimbo-tirso composto di più corimbi.

·         Pleiocasio simile al dicasio ma con tre o più assi disposti a verticillo.

 

Le infiorescenze particolari non trovano una precisa classificazione. Distinguiamo:

·         Spighetta è l’infiorescenza delle Graminacee. È un insieme di tanti fiori su un asse comune, difesi da due grandi brattee dette glume che racchiudono in sé il fiore, formato da due glumette, mentre il perianzio è ridotto a due squamette dette lodicule; all’interno di esse sono situati gli stami da due a sei e l’ovario sormontato da uno o due stigmi piumosi. Le glume e le glumette possono avere una resta, glume ristate o esserne prive, glume mutiche. La resta è un prolungamento della nervatura mediana.

·         Spadice tipica delle Araceae. È caratterizzata da una grande brattea, detta spata, che protegge l’infiorescenza. Nella Calla è bianca, nell’Anthurium è rossa. L’asse fiorale è molto ingrossato e porta fiori femminili, posti nella parte inferiore e fiori maschili nella parte superiore, sopra essi si hanno fiori sterili.

·         Siconio è formato da un capolino che per un enorme sviluppo laterale si è saldato ai margini, eccetto che in fondo, dove c’è l’ostiolo per mezzo del quale avviene la fecondazione. Si ritiene l’insieme degli assi dell’infiorescenza si siano racchiusi insieme. I frutti racchiusi nell’infiorescenza sono nucule  (Ficus carica).

·         Ciazio tipica del genere Euphorbia. È costituita da un’entità slargata a coppa, dal centro della quale si eleva il fiore femminile, ridotto ad un lungo ginoforo sorreggente l’ovario; attorno ad esso ci sono i fiori maschili numerosi e monandri. Sui margini del ciazio, ci sono delle ghiandole, i nettari, a valore diagnostico.

Filogenesi

Nel corso del tempo si sono manifestate, nelle Angiosperme, diverse tendenze, realizzate in modo vario secondo le potenzialità evolutive. Diverse sono le realizzazioni che troviamo, fra cui la differenza fra piante legnose ed erbacee; si ammette che le prime siano più primitive, dato che tutte le piante precedenti all’Angiosperme erano legnose, inoltre le piante legnose sono primitive per altri caratteri. Sono perenni, mentre le erbacce sono annue; in queste ultime abbiamo perdita della metameria per avere meristemi bloccati apicali; le piante erette sono primitive rispetto alle lianose che hanno bisogno delle prime per sorreggersi; le terrestri sono più antiche delle acquatiche, nate per adattamento secondario; l’eustele è più primitiva, l’atactostele più moderna, per cui le Monocotiledoni sono più evolute e perciò la loro stele ha perso simmetria.

Le foglie ad inserzione spiralata sono più antiche di quelle ad inserzione opposta o verticillata.

 I fiori elicoidali sono più antichi, poiché nelle piante precedenti le Angiosperme, si trova spesso la spirale. I fiori solitari sono più primitivi delle infiorescenze, avendo la pianta a fiori solitari, minore possibilità di sviluppo; i fiori aciclici sono più primitivi per avere tutte le parti a disposizione elicoidale; gli emiciclici sono intermedi, i ciclici sono i più evoluti.

Gli attinomorfi sono i più antichi per la simmetria raggiata, gli zigomorfi sono più moderni; gli asimmetrici sono i più evoluti; ciò che è dialisepalo e dialipetalo è più primitivo del gamosepalo del gamopetalo, perché qui si ha maggiore protezione.

L’ovario supero è più primitivo dell’infero, perché dà minore difesa; il gineceo sincarpico è più moderno dell’apocarpico, perché nel primo abbiamo più cavità protettive, mentre nel secondo ciascuna entità è isolata.

Difficile è la classificazione e la valutazione dei caratteri distintivi; vari sono i sistemi, ma a volte sorgono difficoltà perché certe famiglie sono sconosciute, soprattutto se tropicali, perché i fiori non sono stati studiati in modo approfondito e la progressiva distruzione delle foreste tropicali stesse porta alla morte di vari generi destinati a rimanere ignoti per sempre, anche perché molte erano specie residue.

Le Angiospermophytina si suddividono in due classi: Dicotyledonopsida e Monocotyledonopsida, divisione non più basata sul numero dei cotiledoni, ma anche su altri caratteri, soprattutto sulle differenze di fasci, stele, fiori. Nell’ambito d’ogni classe, le famiglie sono organizzate trattando prima quelle in cui prevalgono i rappresentanti legnosi e poi quelle in cui si ha una maggioranza d’erbe. Nella stessa famiglia, ad esempio nelle Rosacee, abbiamo piante legnose ed erbacee, anche nello stesso genere, così come abbiamo tutti e tre i tipi d’ovario, per cui non abbiamo valori assoluti di base. Si dà uno schema delle principali differenze:

 

                                             Dicotyledonopsida                                     Monocotyledonopsida

 

Cotiledoni                            due                                                                uno

Fasci                                     aperti                                                            chiusi

Stele                                      eustele                                                         atactostele

Accrescimento                    passaggio da struttura primaria               solo aggiunta di fasci

                                                                    a secondaria                           niente struttura secondaria

Radice                                    fittone                                                         fascicolata per atrofia del

                                                                                                                    fittone primitivo

Foglie                                     rettinervie                                                  parallelinervie a inserzione

                                                varia disposizione                                    spiralata

Fiori                                        tetrametri o pentameri                              trimeri

 

Dicotyledonopsida

Esaminiamo le varie famiglie:

Aceracee: alberi con foglie palmato-lobate, palminervie, fiori regolari, con un solo involucro, in racemi, frutto disamara.

Apocinacee: arbusti, foglie semplici, coriacee, lanceolate, fiori regolari in corimbi o solitari, frutto follicolo. Oleandro (Nerium oleander) coltivato a scopo ornamentale.

Aquifoliacee: l’Agrifoglio (Ilex aquifolium) noto come pianta ornamentale, sempreverde con foglie coriacee terminanti con una spina, il frutto è una bacca rossa che rende i rami gradevoli per il loro aspetto ed è così usato come pianta bene augurante. Il nome è stato dato per l’aspetto delle foglie che ricordano il  Leccio (Quercus ilex).

Araliacee: pianta tipi liana a fiori regolari ermafroditi, ovario semiinfero, frutto drupa, foglie basali diverse dalle superiori a cinque punte, radici aggrappanti avventizie sul fusto. Nota come Edera (Hedera helix).

Betulacee: alberi con corteccia bianca, a foglie piccole, alterne, fiori monoici in amenti, i frutti sono acheni con due ali. Comprendono due generi: Betulla i cui fiori maschili hanno due stami, Betulla (Betula alba); Alnus i cui fiori maschili hanno quattro stami, il legno appena tagliato è rosso Ontano (Alnus incana).

Bussacee: piante arbustive sempreverdi, foglie coriacee, fiori monoici, i maschili con quattro stami, i femminili con tre stili, il frutto è una cassula. Bosso (Buscus sempervirens).

Cactacee: piante succulente, le foglie si sono trasformate in spine per ridurre la respirazione, la cuticole è ispessita per avere una buona organicazione del carbonio, il fusto si è trasformato, appiattendosi in cladodi, o in cilindri con coste sporgenti che permettono alla pianta di sfruttare la luce del sole. Vivono in luoghi desertici o comunque aridi. Ricordiamo l’epiphyllum dai fiori bianchi e sboccianti la sera.

Caesalpiniacee: rappresentate dal Siliquastro o Albero di Giuda (Cercis siliquastrum), è un piccolo albero con tronco nodoso, rami rossastri. Foglie reniformi con lungo picciolo palminervie. Fiori ermafroditi, papilionacei, di colore porporino, raccolti in racemi, ma c’è una varietà di colore bianco. Il frutto è un legume che si chiude lungo le suture e diventa dirompente. Fiorisce prima dello spuntare delle foglie e i frutti restano attaccati per lungo tempo. Altro esempio è il Carrubo (Ceratonia siliqua), dioica, sempreverde, paripennata, fiori in racemi. Il frutto è un legume indeiscente. Può essere coltivata come pianta da frutto, per l’alimentazione animale.

Cannabinacee: comprende i generi Cannabis, e Humulus. Il genere Cannabis è rappresentato dalla Canapa (Cannabis sativa), da cui si estrae, dalle infiorescenze femminili, la resina haschish, sostanza allucinogena e, dai fusti delle piante maschili, la canapa, una fibra tessile, ottenuta per macerazione operata dal Bacterium felsineum che si nutre delle sostanze pectiche. È una pianta annua, erbacea, dioica, foglie palmato-sette, fiori maschili in pannocchia con stami pendenti, fiori femminili in glomeruli, il frutto è un achenio. Il genere Humulus è rappresentato dal Luppolo (Humulus lupulus), coltivato per l’aromatizzazione della birra. Pianta perenne, volubile, foglie palmato-lobate, stami eretti.

Capparidacee: arbusto, fiori ermafroditi bianchi, con numerosi stami lunghi e rosati, foglie alterne. È coltivato per i boccioli verdi che si conservano sotto aceto (Capparis spinosa), il comune cappero. Numerose le specie ai tropici fra cui la Cleome.

Caprifoliacee: piante rustiche con grande capacità vegetativa. Il più conosciuto è il Sambuco (Sambucus nigra), con fiori bianchi, riuniti in corimbi, foglie opposte, ovate seghettate, i frutti sono drupe, nere a maturazione.

Cistacee: piante caratteristiche della macchia mediterranea, frutici, foglie opposte alterne, cassula polisperma, comprende due generi. Cistus, ovario con cinque carpelli, fiori bianchi, rosei a cinque petali; Helianthemum, ovario con tre carpelli e stilo molto breve, fiori gialli.

Corylacee: erano incluse nelle Cupulifere, oggi si preferisce farne una distinta famiglia, hanno foglie sub-rotonde, fiori monoici in amenti che fioriscono prima della comparsa delle foglie. Comprendono i generi Corylus, col Nocciolo (Corylus avellana), piccolo albero, ramificato dalla base, Ostrya con la Carpinella o Carpino nero (Ostrya carpinifolia); Carpinus con il Carpino (Carpinus orientalis) e Carpino bianco (Carpinus betulus).

Cucurbitacee: Erbacee, rampicanti o prostanti con fusto con viticci, foglie palminervie alterne, fiori regolari, ovario infero, frutto peponide. Generi Bryonia ed Ecballium che comprende tutte le varietà di zucche coltivate. Ricordiamo il Cocomero (Cucumis Citrullus), il Cetriolo (Cucumis sativus, il Melone (Cucumis melo), il Cocomero asinino (Ecballium elaterium) o sputaveleno, è un’erbacea con frutti ovali, a maturazione si aprono e la deiscenza della placenta è così forte che i semi sono scagliati fino ad un metro di distanza. Il frutto è ripieno di un liquido appiccicoso, amaro, una volta usato come purgante.

Cupulifere: in questa famiglia erano comprese le  Fagacee e le Corylacee.

Ebenacee: alberi con foglie alterne, fiori dioici, frutto bacca che matura alla caduta delle foglie. Il più noto è il Kaki (Diospyros Kaki). Le piante femminili, anche se non fecondate, portano a maturazione i frutti (frutti partenocarpici) che saranno privi di semi. Altro rappresentate, è il falso Loto (Diospyros lotus L.), e l’Ebano (D. ebanus) ricercato per il suo legno pregiato.

Ericaee: erbe, frutici, arbusti, foglie coriacee, foglie ericoidee, frutto cassula o bacca. Caratteristica è l’Erica carnea, generalmente conosciuta come Brugo e la Calluna vulgaris; altri rappresentanti sono le Azalee e i Rododendri. In Africa ci sono ericeti ad elevate altitudini e probabilmente sono giunte a noi attraverso il Sahara, come dimostra lo studio dei pollini fossili. Comune della macchia mediterranea è il Corbezzolo (Arbutus unedo), astringente e così chiamato da Limneo perché se ne mangiasse una sola bacca. Ha fiorellini urceolati in novembre e fino alla dine del successivo ottobre non sono maturi. Caratteristiche del sottobosco è il Mirtillo (Vaccinium myrtillus L.)

Euphorbiacee: molto diffuse, per lo più tropicali e subtropicali, fusto a coste, laticeferi apociziali, frutto cassula. Importante è stata l’Hevea brasiliensis, per la produzione del caucciù, la Manihot che dà la manioca, da cui si ricava la tapioca, dopo averla privata dell’acido prussico, e il Ricino (Ricinus communis) i cui semi sono velenosi, per spremitura si ottiene l’olio usato come purgante; ha fiori monoici in racemi, i maschili in basso, i femminili in alto, i semi con caruncole, a tre logge.

Fagacee: alberi anche di grandi dimensioni, a foglie alterne, semplici, fiori monoici, i maschili solitari o in amenti, i femminili sessili, ovario infero, il frutto è un achenio. Si possono suddividere in due gruppi: uno a foglie sempreverdi, l’altro caducifoglie. I generi più rappresentativi sono: Fagus, con il Faggio (Fagus sylvatica); Castanea con il Castagno (Castanea sativa), il cui frutto è una noce, il riccio è estraneo e corrisponde alla cupola delle ghiande; Quercus, con la Quercia comune o Rovere (Quercus robur), il Cerro (Quercus cerris), il Leccio (Quercus ilex), la Quercia da sughero o Cerro sughera (Quercus suber), la Roverella (Quercus pubescens).

Juglandacee: alberi a foglie pennate, fiori monoici in amenti, i maschili, in spiga, i femminili in spighe, ovario infero il frutto è una drupa con esocarpo carnoso (il mallo), endocarpo legnoso (la noce).

Lauracee: tipico rappresentante è il Laurus nobilis (Alloro) originario dell’Asia minore, ma ormai divenuto spontaneo nella macchia mediterranea. Fiori dioici con perigonio. I fiori maschili hanno circa dieci stami, i femminili hanno quattro stami sterili. Ovario con un ovulo, il frutto è una drupa.

Linacee: erbacee, foglie opposte, fiori ermafroditi regolari, frutto cassula. Tipico, il Linum usitatissimum, per le fibre cellulosiche di tipo floematico e la produzione d’olio per vernici.

Lorantacee: sono piante parassite, foglie opposte, coriacee, fiori in spighe, ovario infero, frutto bacca. È usata come pianta beneaugurale ed era usata dai sacerdoti druidi nelle manifestazioni religiose. Il seme è appetito dagli uccelli. Da noi è presente il Vischio (Viscum album L.), esso assorbe dall’ospite, i liquidi non elaborati, elaborandoli lui stesso, essendo pianta clorofilliana, per cui è considerato emiparassita. Vive principalmente sulle Rosacee, Salici e Aceri; appartiene al genere Viscum. Il Vischio che vive su Querce, Castagni, Olivi, appartiene al genere Loranthus.

Magnoliacee: piante antichissime, coltivate a scopo ornamentale. Al genere appartengono circa 90 specie d’origine asiatica. Sono piante arboree a foglie coriacee e fiori molto appariscenti, profumati, di colore dal rosso violaceo al roseo, fino al bianco. Hanno frutti a follicolo aperti dal lato dorsale e fiore aciclico. Vi appartiene la Magnolia grandiflora e il Liriodendron tulipifera, d’origine nord americana, a foglie dicotomiche e fiori piccoli somiglianti ad un tulipano.

Malvacee: erbe o frutici, foglie alterne palminervie, fiori con calicetto, solo il genere Abutilon n’è privo, fiore cassula, stami monoadelfi, saldati per i filamenti a formare una colonna, al centro della quale passa lo stilo. Hanno interesse farmaceutico perché contengono molta mucillagine. Ricordiamo, genere Althaea, l’A. officinalis; genere Malva, la M. silvestris; genere Abutilon, A. avicennae, con fiori gialli o rossi, coltivato a scopo ornamentale; genere Hibiscus, H. syriacus, dai fiori di vari colori.

Mimosacee: la vera mimosa è la Mimosa pudica o sensitiva, in quanto le foglie si chiudono se toccate; è un fenomeno di deturgescenza. Quella che comunemente chiamiamo Mimosa è l’Acacia dealbata. Sono originarie dell’America meridionale.

Mirtacee: piccoli alberi, foglie intere semplici, opposte, fiori ermafroditi, stami molto lunghi, ovario infero, frutto bacca o drupa. Ricordiamo, il Mirto (Myrtus communis) a fiori bianchi odorosi, il Melograno (Punica granatum) dal balaustio con carpelli sovrapposti, l’Eucaliptus, albero di grandi dimensioni, con foglie sessili plagiotrope e altre peduncolate falciformi ortotrope, per cui abbiamo eterofillia, originario dell’Australia; le foglie seccandosi liberano acido prussico.

Moracee: alberi d’origine asiatica, con foglie palmato lobate, fiori monoici, frutti sinantocarpici sorosio e siconio. Comprende i generi Morus e Ficus. Il genere Morus è rappresentato dal Gelso (Morus alba), coltivato per l’alimentazione dei bachi da seta; il frutto è un sorosio in cui asse e parti perianziali si sono fuse. Il genere Ficus è rappresentato dal Fico (Ficus carica) il cui frutto è un siconio, un capolino chiusosi nel corso dell’evoluzione. Originario della Polinesia, è l’Albero del pane (Artocarpus incisa), albero maestoso con foglie profondamente incise. Il frutto è molto ricco d’amido ed è usato come alimento.

Nyctaginacee: rappresentato dalla Buganvillea, arbusto rampicante, spinosa, molto fiorifera, i fiori sono provvisti di grosse brattee colorate.

Oleacee: alberi a foglie opposte o sparse, stami due, ovario supero. Rappresentativi sono: l’Ulivo (Olea europea) albero molto longevo, tronco, da adulto irregolare, foglie persistenti, fiori in racemi, frutto drupa con mesocarpo carnoso e oleoso, impollinazione anemofila; Orniello (Fraxinus ornus) albero con foglie opposte imparipennate, fiori in racemi, frutto samara. Dalla corteccia cola una sostanza zuccherina che si rapprende all’aria detta manna; Frassino (Fraxinus excelsior); Forsizia originaria dell’Asia, coltivata a scopo ornamentale, fiorisce in primavera prima di mettere le foglie.

Papilionacee o anche Faseolacee: moltissimi i generi inclusi in questa famiglia. I fiori sono papilionacei, con vessillo, ali, carena con i due pezzi saldati o meno. Gli stami sono dieci, o tutti saldati (monoadelfi), o uno libero e gli altri saldati (diadelfi). Ricordiamo i generi: Genista, piante fruticose, stami monoadelfi; Spartium rappresentato dalla Ginestra (Spartium junceum), arboscello con fiori gialli odorosi, stami monoadelfi, altre note generalmente come ginestre, appartengono ai generi Cytisus e Genista. Fra i Cytisus sono il Maggiociondolo, dai semi velenosi, e la ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius). Lupinus: con foglie digitate e fiori multicolori, coltivati a scopo ornamentale. Il Lupinus albus è un’importante pianta azotofissatrice e quindi molto usata nel sovescio del terreno. Arachis: con foglie paripennate, fiori gialli e il frutto che matura sotto terra. Originaria del Brasile, meglio conosciuta come Arachide o nocciolina americana (Arachis Hypogaea L.) Wistaria coltivata a scopo ornamentale. Pianta con vistosi grappoli di diverso colore, i tralci si avvolgono in senso destrorso, mentre nella W. sinensis sono in senso sinistrorso. Sono meglio conosciuti con nome di Glicine (Wistaria frutescens, W. Sinensis, W. Alba W. floribunda). Glycyrrhiza: la più nota è la G. glabra. Fiori in racemi di colore, o rosso porporino o azzurrognolo; foglie imparipennate, stami diadelfi. Pianta coltivata per l’utilizzazione delle radici da cui si estrae la liquirizia. Trifolium: piante erbacee, tre-fogliate, stami diadelfi, fiori gialli, rossi, bianchi. Usate come piante da foraggio ed essendo azotofissatrici, anche per il sovescio del terreno. Medicago: simile al Trifolium. La più nota è l’erba medica, con legume elicoidale che si è rimpicciolito, per cui il frutto è una noce; è usata come pianta da foraggio. Pysum: pianta rampicante, rachide con cirri, foglie paripennate, fiori bianchi, rossi. Coltivata negli orti, ove ha bisogno di tutori. Pisello (Pysum sativum L.). Cicer: fusto eretto, foglie imparipennate, fiori azzurri porporini, stami diadelfi, semi gialli o neri. Cece (Cicer arietinum); Vicia: è la Fava comune (Vicia faba) con fusto eretto, fiori solitari bianchi, punteggiati di nero, legume molto grande. Phaseolus: pianta erbacea rampicante, tre-fogliate, fiori in piccoli racemi, coltivato negli orti. Meglio noto come fagiolo comune (Phaseolus vulgaris).

Platanacee: alberi con foglie stipolate, fiori monoici in capolini globosi unisessuati, i frutti sono acheni, foglie palmate. Platano (Platanus orientalis).

Ramnacee: frutici o piccoli alberi, possono avere spine, foglie alterne, calice gamosepalo, frutto bacca o drupa. Tipico della macchia è la Frangola (Rhamnus alaternus e R. frangula) pianta medicinale, la cui corteccia è usata come lassativo che agisce sul colon.

Rosacee: famiglia molto grande e con molte piante interessanti per la botanica farmaceutica; comprendono alberi, arbusti, frutici, erbe. Gli stami sono numerosi, gli altri caratteri sono variamente rappresentati. I generi più rappresentativi sono: Prunus con ovario semiinfero, talamo urceolato con all’interno l’ovario e al margine gli stami. I frutti sono drupe con epicarpo, mesocarpo carnoso ed endocarpo legnoso. Le specie più conosciute sono: P.domestica (Susino), P.persica (Pesco), P.communis o dulcis (Mandorlo), P.armeniaca (Albicocco), P.avium (Ciliegio), P.cerasum (Ciliegie piccole). Sono tutti d’origine orientale. Rubus il cui tipico rappresentante è il Lampone (Rubus idaeus). Il frutto è un aggregato di drupe. Fragaria con stoloni e frutto metamorfosato che deriva da ingrossamento del ricettacolo, gineceo apocarpico, in cui i carpelli s’allontanano maturando. Il frutto è un aggregato di noci. Pirus il cui frutto è un pomo. Nella polpa del pero, troviamo cellule sclereidi. Malus, rappresentato in molte varietà di mele. Malus pupila.

Rubiacee: erbacee o suffruttici, foglie intere, opposte, ovario infero. Tipico rappresentante è il Caffè (Coffea arabica), albero sempreverde, originario dell’Abissinia, foglie ovate coriacee, fiori bianchi, profumati, frutto bacca rosso cupa con due semi, ad alto potere germinativo. Sono usati torrefatti. Altri rappresentanti sono la Cinchona dalla cui corteccia si ricava il chinino. In Italia abbiamo la Rubia e il Galium.

Rutacee: cui appartengono gli agrumi, piante unifoliate per articolazione, sia fra picciolo e ramo alla base, che fra picciolo e lamina, ovario supero, frutto esperidio. Troviamo il Limone (Citrus limonum), il Mandarino (Citrus reticolata), l’Arancio (Citrus aurantium), il Cedro (Cirus medica), la Ruta (Ruta graveolens) aromatizzante per liquori.

Salicacee: con i generi Populus e Salix. Alberi o grossi arbusti, foglie semplici alterne, fiori dioici in amenti, il frutto è una cassula. Il genere Populus ha legno molto pregiato perché non crepa. È noto come Pioppo presente in molte varietà. Il genere Salix, comprende varie specie: il Salice piangente (Salix babylonica), il Salice per il vimine (Salix viminalis), il Salice da pertiche (Salix alba), il Salice da ceste (Salix triandra), ecc.

Tamaricacee: arbusti a foglie molto piccole, fiori regolari, il frutto è una cassula.

Theacee: piante arbustive sempreverdi d’origine dell’estremo oriente. Ricordiamo la bellissima Camelia (Camelis japonica od orientalis) coltivata per l’abbondante fioritura; il The pianta intensamente coltivata per la raccolta delle foglie che torrefatte ed esposte al sole sono usate per la preparazione della tipica bevanda.

Tigliacee: alberi con foglie alterne, asimmetriche, fiori odorosi con brattea larga. Tiglio (Tilia cordata, Tilia alba, Tilia vulgaris).

Ulmacee: alberi a foglie alterne, fiori ermafroditi, frutto samara. Olmo (Ulmus campestris).

Urticacee: piante erbacee, il frutto è un achenio, comprende due generi. Urtica, piante con peli urticanti, fiori in spighe o capolini (Urtica dioica), le cui sommità è usata a scopi alimentari; Parietaria, colonizza i vecchi muri, da cui il nome, i peli non sono urticanti (Parietaria officinalis).

Violacee: piante erbacee, fiori irregolari, con cinque sepali e cinque petali, foglie basali reniformi, ovario sessile, il frutto è una cassula.

Vitacee: classificate anche come Ampelidacee. La vite è una pianta nota da molto tempo e innumerevoli sono le varietà. È un arbusto sarmentoso che si arrampica per mezzo di viticci e quindi ha bisogno di tutori per sostegno. Il tronco è ramificato, foglie lobate, palminervie, fiori in pannocchie, frutto bacca. La forma dei semi può avere valore diagnostico.

Le famiglie seguenti sono rappresentate da tutte piante erbacee.

Acantacee: foglie opposte, fiori ermafroditi, zigomorfi, in infiorescenza a spiga, stami Quattro didinami, ovario supero, frutto cassula. Coltivata è la Beloperone guttata.

Apiacee: vedi Umbellifere.

Berberidacee: foglie alterne, fiori regolari, ermafroditi, frutto bacca o cassula. Berberis, pianta arbustiva sempreverde con rami ricoperti da peli rossi scuri, foglie sessili, fiori in racemi, frutto bacca di colore blu. Originario dell’America meridionale.

Borraginacee: foglie alterne, ispide per la presenza di peli, infiorescenze scorpioidi, fiori attinomorfi con corolla ipogina, caduca, gamopetala, generalmente regolare a cinque petali. Calice persistente 5-fido o 5-partito. Cinque stami inseriti nel tubo o nella fauce della corolla, ovario supero con quattro loculi in mezzo ad essi sorge lo stilo, frutto tetrachenio di colore scuro. Fra i generi, i più rappresentativi sono: Echium, con l’erba viperina (E. vulgare); Lithospermum con il Litospermo con fiori bianco giallastri (L. officinalis); Mysotis con il Non ti scordar di me (M. palustris); Pulmonaria con la Polmonaria (P. officinalis) con le foglie macchiate di bianco che ricordano i polmoni ammalati, da cui il nome, alto il suo contenuto in silice; Borrago con la Borragine (B. officinalis).

Campanulacee: il nome deriva dalla forma a campana della corolla. Hanno foglie alterne od opposte, fiori gamopetali attinomorfi, raramente zigomorfi, ovario infero a più logge, frutto cassula. Fra i vari generi, il più vasto è il genere Campanula, rappresentato dal Raperonzolo (C. rapunculus). In Liguria esistono alcune specie endemiche di Capo Noli, Bergeggi, Finale e Gallinara (C. sabatia, C. ectophylla), con cassula poricida a pori parietali.

Cariofillacee: foglie opposte, fiori regolari, ovario supero, frutto cassula. Fra i molti rappresentanti, ricordiamo la Saponaria (Saponaria officinalis), il Gittaione (Agrostemma githago) i cui semi sono tossici.

Chenopodiacee: foglie alterne od opposte, spesso succulente, fiori ermafroditi o unisessuali, attinomorfi, riuniti in pannocchie o in spighe, generalmente cinque stami, ovario supero, frutto noce. Importanti piante alimentari fra cui Spinacio (Spinacia oleracea), la Bietola da zucchero (Beta vulgaris varietà esculenta), il Farinaccio (Chenopodium album), le orticole bietole da taglio e da costa (Beta vulgaris, varietà Cicla).

Composite: o Asteracee, foglie opposte, alterne o verticillate, infiorescenza a capolino con numerosi fiori sessili con brattee e disposti su un comune ricettacolo. Sono piante poligame, i fiori, nel capolino, sono tutti tubulosi a volte con i periferici ligulati; tutti ermafroditi o maschili ed i periferici femminili. Stami cinque, ovario infero monocarpellare, frutto achenio, a volte provvisto di pappo. È una famiglia molto evoluta e con numerosi generi. Fra questi ricordiamo: genere Achillea così chiamata dal greco Achille che, usando questa pianta, era stato guarito dalle ferite riportate durante la guerra di Troia, con i fiori in infiorescenza ad ombrello, di colore bianco (A. millefolium), porporini o giallo (A. ageratum, tormentosa); Arnica di cui è nota l’Arnica (A. montana) con cui si prepara un olio essenziale; Carlina ritenuta un tempo pianta medicinale e il cui nome deriva da Carlo Magno, che con questa pianta, avrebbe guarito i suoi soldati da una pestilenza, è caratterizzata dall’avere le brattee igroscopiche (C. acanthifolia e C. acaulis); Bellis con la Pratolina (B. perennis) spontanea nei prati, fiorisce in primavera, ha foglie basali a rosetta, achenio senza pappo; Matricaria con la Camomilla (M. chamomilla) di cui si fanno infusi; Chrysanthemum con il comune Crisantemo rappresentato in molte specie e varietà e molto coltivato; Artemisia con l’Assenzio (A. absinthium) usato nella medicina popolare, ma risultato tossico e dà luogo ad assuefazione e il Genepi (A. glacialis) usato in liquoreria; Anthemis dall’abbondante fioritura, tutte con disco centrale giallo, nota è la camomilla romana (A. nobilis) aromatica; Helichrysum con l’Elicriso (H. bracteatum) o fiore di paglia adatto ad essere seccato; Calendula pianta medicinale con proprietà coleteriche e cicatrizzanti (C. officinalis e arvensis), i fiori sono di colore arancio intenso ed è coltivata anche a scopo ornamentale; Helianthus con il Topinambur o Tartufo di canna (T. tuberosus) coltivato per i tuberi a scopo alimentare e il Girasole (H. annuus); Hieracium con specie apogame che si riproducono senza una vera gamia ma con sporosporia, provocando così l’insorgere di linee pure naturali, differenziate fra loro per piccoli caratteri, ma intersterili, per cui sono altrettante specie; Centaurea con il bellissimo Fior d’Aliso (C. cyanus), molte altre le specie, tutte con bei fiori; Cynara con il Carciofo (C. scolymus) e il Cardo (C. cardunculus) in molte varietà; Cichorium piante orticole con l’Indivia (C. indivia) e il Radicchio (C. intybus) i cui semi possono essere utilizzati come succedaneo del caffè; Senecio con moltissime specie dai vari colori; Taraxacum con il Soffione o Dente di leone (T. officinalis o vulgare) dalle foglie roncinate a rosetta, calice trasformato in pappo; Lactuga piante orticole usate per preparare insalate, come la Scarola (L. scariola) nelle varietà sativa, romana, segalina, capitata, ecc; Leontopodium con la Stella Alpina o Edelweiss (L. alpinum) e con rappresentanti hymalayani di 50-60 cm. d’altezza; Zinnia e Dahlia originarie del Messico con molte varietà dai bellissimi fiori; la Dalia ha grosse radici sotterranee tuberizzate e contenenti inulina, un polisaccaride; Gerbera di origine del Sud Africa, coltivata per i suoi grandi fiori, la specie più importante è la Gerbera jamesonii o margherita del Transvaal.

Convolvulacee: fusto sovente volubile, foglie alterne, corolla campanulata o imbutiforme, cinque stami, ovario supero, frutto cassula. Note con il nome di Campanelle o Vilucchio (C. sepium e arvensis) del genere Convolvulus; al genere Cuscuta, appartengono piante tutte parassiti di Labiate, Leguminose, lino, canapa, tabacco ecc. (Cuscuta europea, epilinum, epithymum); altro genere è l’Jpomoea con molte specie.

Crassulacee: foglie carnose, opposte o alterne, fiori attinimorfi ermafroditi solitari o in racemi, uguale numero di petali e sepali, stami anche in numero uguale o doppio, ovario supero, frutto follicolo. Fiori di colore giallo, rosso, biancastri.

Crocifere: fiori regolari ermafroditi, quattro petali disposti a croce, quattro sepali, sei stami (quattro più lunghi e due corti) tetradinami, pistillo formato da due carpelli che a maturazione danno un frutto a due logge, siliqua o siliquetta con reprum. Un setto divide in due parti il frutto nel senso della lunghezza. Rappresentanti sono il Rafano (Nasturtium armoracia), la Borsa del pastore (Capsella bursa pastoris) con siliquetta triangolare, i vari tipi di cavolo (Brassica oleracea), la Colza (Brassica campestris), il Ravizzone (Brassica napus), la Medaglia del Papa (Lunaria annua).

Cytinacee: piante carnose, fiori monoici, ovario infero, frutto bacca. Tipico Il Cytinus hypocistis, parassita del Cistus e sporgente dal terreno solo con il fiore rosso e giallo. In Malesia vive la Rafflesia, impiantata sulle radici più grosse, ha un grande bocciolo e un enorme fiore; invia austori all’ospite che reagisce con neoformazioni. Gli austori sono organi assorbenti.

Droseracee: perenni, spesso acauli, foglie a rosetta, fiori attinomorfi ermafroditi, bianchi, petali cinque, sepali cinque, ovario supero, frutto cassula. Al genere Aldrovanda appartengono piante acquatiche, al genere Drosera appartengono piante terrestri, insettivore, che prediligono ambienti umidi paludosi o torbosi, insieme agli Sfagni. I peli di cui sono provviste, non sono veri peli, perché provvisti d’aquixilema, per cui li definiamo tentacoli, con all’apice ghiandole digerenti. Le piante hanno una rosetta di foglie ricoperte di tentacoli ghiandolosi, terminanti con una piccola goccia di liquido, il cui scopo è di attirare gli insetti. Queste gocce ricordano la rugiada, da cui il nome al genere, dal greco droseros. (Droseros rotundifolia, D.intermedia).

Genzianacee: foglie intere opposte o a rosetta, fiori attinomorfi, pentameri, solitari o in cime, corolla generalmente campanulata o rotata, ovario supero, frutto cassula. Tipica è la Genziana gialla (Genziana lutea) dalle alte proprietà stomachiche, per cui è usata nella preparazione degli aperitivi. Stimola la secrezione gastrica.

Geraniacee: foglie con stipole, fiori pentameri attinomorfi, sepali e petali di cinque pezzi, dieci stami, ovario supero, frutto schizocarpo. Il genere Pelargonium è originario del Sudafrica, presente in molte specie, tutte coltivate per i fiori; il genere Geranium è da noi, spontaneo.

Labiate: grande famiglia in cui sono rappresentate molte piante aromatiche. Piante erbacee e fruticose, foglie opposte, fiori zigomorfi solitari o in verticillastri con corolla labiata di cinque pezzi, variamente saldati; i due superiori formano una sorta di carena e gli altri tre un insieme trigono. All’interno del tubo corollino, può essere presente il nettarostegio, stami due (Salvia e Rosmarino) o quattro didinami, stilo inserito fra i lobi dell’ovario supero, frutto tetrachenio. Calice gamosepalo a cinque sepali, che formano un tubo più o meno aperto. Il fusto giovane, è generalmente a sezione quadrata. Molti i generi tra cui: Rosmarinus con il Rosmarino (R. officinalis); Lavandula con la Lavanda (L. spica); Marrabium con il Marrubio (M. vulgare); Lamium comune nei terreni incolti ed infestante (L. purpureum); Ballotta con il Marrubio fetido (B. nigra); Salvia con la Salvia (S. officinalis) e con la salvia dei prati con i fiori viola intenso (S. pratensis) e la Salvia splendes con infiorescenze erette di colore rosso, usata per ornamento; Melissa dal forte odore di limone (M. officinalis); Satureia con la Santoreggia (S. hortensis e S. montana); Hyssopus considerata pianta purificatrice, dall’intenso profumo, contenente oli essenziali volatili che sono eliminati con la respirazione, per cui è adatta per le malattie respiratorie, specialmente in presenza di catarro, sul quale ha un’azione fluidificatrice; Thymus con il Timo (T. serpyllum e T.vulgaris); Origanum con l’Origano (O. vulgare) e la Maggiorana (O. majorana); Mentha con il Mentastro (M. rotundifolia) e le tante varietà che s’ibridano fra loro, fra cui la Mentha piperita ibrido tra la Mentha acquatica e la Menta viridis; Ocimum noto come Basilico (O. basilicum). La famiglia comprende molte piante officinali importanti e usate in erboristeria.

Nepenthacee: sono piante insettivore originarie delle regioni tropicali e tipiche di zone umide, sono epifite, e si arrampicano agli alberi con i loro sarmenti. Le foglie sono trasformate a formare l’ascidio, una sorta d’otre contenente all’interno ¼ o ½ litro d’acqua in cui casca l’insetto. L’ascidio e vivacemente colorato ed è fornito di una spata fogliare con funzione di coperchio; al bordo dell’otre vi sono delle ghiandole secernenti sostanza zuccherine che attraggono gli insetti. I fiori sono dioici, frutto cassula. Il liquido dell’ascidio, era bevuto per allontanare la malinconia.

Nympheacee: piante acquatiche a grosso rizoma. Foglie galleggianti, perciò lungamente spicciolate, fiori regolari ermafroditi, con i petali disposti in verticilli bianchi nel genere Nymphaea e gialli in Nuphar, frutto bacca. Considerata da Plinio adatta per rendere i sonni tranquilli e tenere lontana l’insonnia erotica. Ha potere sedativo e sonnifero, è quindi un potente anafrodisiaco. Interessanti sono i generi subtropicali e tropicali; la più grande è la Victoria regia, amazzonica, dalle foglie con i bordi rialzati, fornite di robuste nervature, con un diametro superiore al metro. I fiori sono bianchi e a sera, racchiudendosi, imprigionano gli insetti impollinatori, il mattino successivo alla riapertura del fiore, gli insetti carichi di polline possono volare su altri fiori ed operare in questo modo l’impollinazione.

Orobancacee: piante parassite su Vicia e altre leguminose, dette volgarmente fiamme.

Oxalidacee: foglie composte trifogliate, fiori attinimorfi, calice e corolla di cinque pezzi, stami dieci, ovario supero, frutto cassula. Usata per bordure è l’Acetosella (O. acetosella e corniculata).

Papaveracee: piante erbacee a foglie alterne, fiori ermafroditi, regolari, emiciclico con numerosi stami liberi, l’ovario centrale formato da diversi carpelli, contiene numerosi semi, lo stimma è discoidale sessile, due sepali, quattro petali, frutto tetro aprentesi per fessure sotto lo stimma. Tipico rappresentane è il Rosolaccio (P. rhoeas) e il papavero da oppio (P. somniferum) dal cui frutto verde inciso si ricava la morfina, che fuoriesce dai canali laticiferi cenobitici sinciziali.

Polygonacee: fusti con nodi, foglie alterne con stipole avvolgenti il fusto in una guaina detta ocrea, fiori ermafroditi attinomorfi, ovario supero, frutto achenio o noce. Il genere Rheum è il più importante per il Rabarbaro (R. officinalis) di cui si utilizza il grosso rizoma.

Primulacee: foglie basali e se cauline verticillate od opposte, fiori ermafroditi, attinomorfi, pentameri, corolla gamopetala, ovario supero, frutto cassula. Ha esemplari brevistili e longistili ad impedire l’autoimpollinazione. Per ibridizzazione seguita da poliploidizzazione dà facilmente nuove specie. Ricordiamo la tipica Primula (Primula acaulis) con corolla ipocrateriforme, è uno dei primi fiori a sbocciare in primavera; il Ciclamino (Cyclamen europaeum) dai tuberi tossici per la presenza di una saponina

Ranuncolacee: genere Paeonia, foglie di colore intenso, coriacee, lucenti, fiori regolari, frutto con carpelli secchi, usata un tempo come pianta officinale (Paeonia officinalis) ed ha dato origine a molte varietà. Ha fiori rossi intensi e stami gialli, numerosi. Genere Helleborus, fiori regolari in pannocchia, verdastri, con petali molto piccoli. Elabro puzzolente (H. Phoetidus). Genere Delphinium, spontaneo nei campi, Fior cappuccio o Speronella (D. consolida) foglie alterne basali, fiori irregolari, viola intenso, speronati, già conosciuta da Plinio, che considera i semi come rimedio contro i pidocchi. I semi contengono alcaloidi e sono molto tossici.. Genere Aconitum, Napello (A. napellus), fiore portatore d’antiche leggende, molto tossico, produce paralisi cardiaca e respiratoria. Genere Ranunculus, Favagello (R. ficaria), amante di terreni umidi, dai fiori gialli, frutto aggregato di noci. Genere Adonis, considerato officinale con funzioni diuretiche, bonificatrice del cuore, ma comunque pericolosa per la sua tossicità. Ha fiori gialli (A. vernalis) e fiori rossi (A. flammeus). Il nome deriva Adone, il giovane amante di Afrodite, che ingelosì Venere. Adone fu ucciso e il suo sangue si trasformò in questi bellissimi fiori. Genere Anemone, detto anche fiore del vento, dai fiori multicolori solitari a un solo involucro petaloideo. Genere Clematis con fiori violacei, rosei, bianchi, con i frutti sormontati da un piumaggio bianco argenteo.

Saxifragacee: il nome deriva dal fatto che crescono in terreni sassosi e nelle fenditure delle rocce. Hanno foglie alterne od opposte, fiori ermafroditi, attinomorfi, solitari o riuniti in infiorescenze di vario tipo, ovario supero o infero, frutto cassula. Il genere Saxifraga è caratterizzato da specie utilizzate per bordure (S. oppositifolia, S.aizoon o paniculata, S.arendsii); il genere Ribes è rappresentato da: l’Uva spina (Ribes grossularia), il Ribes nero (R.nigrum), il Ribes rosso (R. rubrum) con i fiori disposti in racemi e da cui sono derivate altre varietà. Al genere Hydrangea d’origine dell’Asia orientale, appartiene l’Ortensia (H. macrophylla o hortensis).

Scrofulariacee: famiglia poco omogenea, con specie fra loro assai diverse. Foglie opposte le inferiori, alterne le superiori, fiori ermafroditi, zigomorfi, stami quattro didinami, ovario supero, frutto cassula a due logge. I generi più rappresentativi sono: Verbascum con cinque stami, piante alte 50-120 cm. con fiori raccolti in racemi, fra cui ricordiamo il Tasso barbasso (V. thapsus); Veronica; Digitalis con la Digitale (D. purpurea) coltivata per i suoi fiori, ma anche pianta medicinale, potente attivattore del ritmo cardiaco; Antirrhinum con la Bocca di leone (A. majus) con la corolla personata, cioè con fauce chiusa da una callosità; Calceolaria originarie dei paesi tropicali, presenti in molte specie e coltivate per i fiori; Paulownia, originaria della Cina, con fiori simili alla Digitale e foglie molto grandi (P. imperialis).

Solanacee: sono piante generalmente erbacee a foglie alterne, fiori ermafroditi, attinomorfi, gamopetali, ovario supero, con due logge ed un unico stilo, frutto cassula o bacca, provviste di fusti ipogei che si trasformano in tuberi o rizomi. Le parti verdi sono generalmente velenose, ricordiamo i generi: Datura con lo Stramonio (D. stramonium), i fiori sono bianchi, il frutto è una cassula con lunghi aculei, tutta la pianta è particolarmente velenosa poiché contiene gli alcaloidi scopolamina, iosciamina, atropina, usata come antiasmatico; Nicotiana le cui piante sono notissime, con fiori rosso scuri o gialle e grandi foglie, rappresentate dal Tabacco (N. tabacum e N. rustica), le foglie contengono nicotina, nicotellina, nicotina; Solanum noto per una delle più classiche piante alimentari, la Patata (S. tuberosum) con fiori bianchi o violacei, il Pomodoro (S. lycopersicum), la Melanzana (S. melongena), la Dulcamara (S. dulcamara) con bacche rosse velenose, usata come depurativo; Physalis con l’Alchechengi (P. alkekengi) dal caratteristico calice accrescente di colore rosso intenso a maturazione, avvolgente il frutto; Atropa con la Belladonna (A. belladonna) contenente l’alcaloide atropina usata come antidoto negli avvelenamenti da funghi del genere Amanita; Hyoscyamus con il Giusquiamo (H. niger e albus) a cassula circumscissa o pisside con calice accrescente, medicinale per i denti ma dannosa per gli occhi se prima si sono toccate le foglie.

Tropaeolacee: rappresentate dal comune Nasturzio (Tropaeolum majus) con foglie peltate, fiore speronato e tralci sarmentosi.

Umbellifere: fusti costolosi, cavi negli internodi, foglie divise profondamente e guainanti, infiorescenza ad ombrello, da cui il nome, fiori molto piccoli, pentameri, attinomorfi, ermafroditi, calice e corolla di cinque pezzi, ovario infero bicarpellare, frutto diachenio, due acheni saldati insieme da una specie di forchetta, detta carpoforo. Moltissimi i generi, fra cui: genere Cicuta, con rizoma cavo all’interno, petali bianchi chiamata Cicuta (C. virosa); genere Conium, con fusto cavo, rossastro nella parte inferiore, pianta maleodorante, velenosa, è la vera Cicuta (Conium maculatum) o Cicuta maggiore, l’avvelenamento provoca paralisi respiratoria, caratteristico il suo odore d’orina; genere Carum con radice carnosa, (Carum carvi), meglio noto come Cumino o Anice dei Vosgi, con i semi si prepara il Kummel, un liquore; genere Apium, fra cui due piante orticole biennali, (Apium graveolens) Sedano, (Apium petroselinum) Prezzemolo; genere Foeniculum (F. vulgare) Finocchio selvatico, il finocchio coltivato è detto di Firenze o di Chioggia, ed è la varietà dulces, genere Coriandrum col Coriandolo (C. sativum); genere Daucus con radice a fittone, Carota (D. carota), i frutti sono acheni; genere Pimpinella, Anice (P. anisum).

Valerianacee: foglie opposte, semplici, fiori zigomorfi, corolla imbutiforme, ovario infero, frutto achenio. Nota è la Valeriana (V.officinalis), genere Valeriana, dalle proprietà sedative per combattere l’insonnia e per le proprietà toniche per dare vigore al sistema nervoso; da ricordare la Valeriana, genere Valerianella (Valerianella olitoria), detta lattughino dei campi per il suo dolce sapore coltivata per essere consumata cruda. Molto comune il genere Centranthus con la Savonina (C. ruber) che nasce sui muri con corimbo di fiori lilla, costiero.

Monocotyledonopsida

Il seme ha un solo cotiledone che funziona da austorio e fornisce alimento alla pianta assorbendolo dall’albume, la radice della piantina giovane è sostituita da radici affastellate, rizomi e spesso sono bulbose, il fusto ha fasci fibro-vascolari sparsi e senza cambio, le foglie sono generalmente sessili, parallelinervie, a volte guainanti, fiori a tre verticilli con perigonio.

Esaminiamo le varie famiglie:

Agavacee: compresa a volte nelle Amaryllidacee. Nota è l’Agave (A. americana) con grosso rizoma a foglie larghe e lunghe. Sono pluriannuali, ma quando fioriscono muoiono, l’infiorescenza raggiunge i 5-6 m. d’altezza.

Amaryllidacee: piante bulbose, fiori ermafroditi con brattee, sei stami, ovario infero, frutto cassula. Piante dai bellissimi fiori, ricordiamo il genere Galanthus, con il Bucaneve (G. nivalis); il Leucojum, con il Campanellino (L. aestivum); il Narcissus, a fiori pentaciclici, con un verticillo esterno, uno più interno o perigonio, due verticilli di stami, ovario di tre carpelli, ogni verticillo è fatto da tre pezzi, per cui è un fiore trimetro pentaciclico, noto è il Narciso (N. tazzetta) e il Tromboncino (N. pseudo-narcissus); Vallota dai grandi fiori (V. major e V. speciosa o purpurea); Hippeastrum originarie  delle regioni tropicali.

Aracee: foglie intere, fiori con spadice, frutto bacca. Il genere Anthurium, originario dell’Africa meridionale, è rappresentato dall’Anturio (A. andreanum e A. scherzerianum) con grandi foglie verde scuro, il fiore è una pannocchia, accompagnata da una grande spata rossa. Il genere Arisarum, con l’Arisaro (A. vulgare), in cui la spata è saldata a tubo. Il genere Arum, presente con il Gigaro (A. italicum) e il Gigaro maculato (A. maculatum), con infruttescenza rossa e dalla spata giallo verde. Il genere Monstera ha foglie perforate, noto è il Philodendron (M. deliciosa) con spata bianca da cui sporge solo la clava.

Asparagacee: Convallaria majalis, così detta perché fiorisce a maggio o anche perché la dea Maja era la dea del latte, cui assomiglia per il colore bianco dei fiori. Importante il genere Asparagus coltivato per i turioni, cioè i giovani fusti detti cladodi. Le Asparagacee sono a volte comprese nelle Liliacee.

Bromeliacee: sono piante epifite spontanee delle regioni tropicali americane.il più noto rappresentante è l’Ananas (Ananas comosus) nella varietà sativus, altre varietà sono coltivate a scopo ornamentale. Gli Ananas non sono piante epifite. Altri genere sono: la Tillandsia, con apparato radicale ridotto, foglie nastriformi, coltivate come piante d’appartamento, la Billbergia dalla bellissima infiorescenza, la Nidularium e la Guzmania originaria delle foreste del centro America e tipicamente epifite. Caratteristica comune, è l’avere una rosetta fogliare molto vistosa quando è fiorita, l’infiorescenza è contornata da brattee fogliari lucenti di colore rosso intenso.

Cyperacee: piante generalmente acquatiche, con foglie a guaina chiusa (la guaina è aperta nelle Graminacee), fiori ermafroditi, a volte unisessuali, disposti in spighe, frutto achenio. Noto del genere Cyperus è il Papiro (C. papyrus) con fiori ad ombrella, dal cui midollo compresso era ricavato il papiro usato per scrivere dagli antichi egizi.

Graminacee: infiorescenza a spighetta con due brattee basali, stami tre o sei con antere fessurate apicalmente, ovario supero uniloculare con stilo e stimma piumosi, frutto e seme concresciuti a dare la cariosside. Tipico è il Bambù (Phyllostachys bambusoides, P. aurea, P. mitis, Aurindinaria simonii) tutte originarie della Cina e del Giappone. Il P. bambusoides è considerato il vero Bambù e fiorisce a distanza d’anni, ma allora contemporaneamente in tutto il mondo. Una delle ultime fioriture è stata nel 1936, la precedente è del 1860, pare sia legato a cicli solari. I generi più comuni sono: il Triticum con il grano o Frumento (T. sativum), il grano duro (T. durum) e il Granfarro (T. spelta); l’Hordeum con l’orzo (H. vulgare); la Secale con la segala (S. cereale); Lolium con Loglio (L. temulentum); Cynodon con la Gramigna (C. dactylon); Avena con l’Avena (A. sativa); Panicum con il Miglio (P. miliaceum); Oryza con il Riso (O. sativa); Arundo con la comune canna (A. donax); Milium; Melica; Agropyrum; la canna da zucchero (Saccharum officinarum) d’origine tropicale.

Iridacee: foglie basali, fiori tetraciclici, ermafroditi, perigonio di sei pezzi, stami tre, ovario infero, frutto cassula. Ricordiamo i generi Crocus con lo Zafferano (C. sativus) con perigonio viola; Gladiolus il cui nome deriva da gladio, la spada dei Romani, alla quale allude la forma delle foglie, coltivato come pianta da fiore per gli innumerevoli ibridi prodotti. Spontanei sono la Spadacciola (G. communis e G. segetum); Iris con radici bulbose o a rizoma, conosciute come Giaggiolo (I. germanica) dall’intenso colore blu viola. Innumerevoli gli ibridi dai vari colori.

Juncacee: piante acquatiche, foglie intere con guaine, alterne, fiori ermafroditi, attinomorfi, in antele, stami sei, frutto cassula. Tipico, del genere Juncus, è il Giunco (J. Obtusiflorus e J. Articulatus); del genere Lunula fa parte l’erba lucciola (L. forsteri).

Lemnacee: piante acquatiche, galleggianti, fiori monoici, frutto achenio. Al genere Lemma, appartiene la Lenticchia d’acqua (L. minor) e la lente di palude (L. polyrrhiza).

Liliacee: (o Gigliacee). Foglie alterne, fiori ermafroditi, pentaciclici, stami sei, ovario supero, frutto cassula. Fra i generi ricordiamo: Asphodelus; Aloe a foglie crassulente; Aspidistra, originaria della Cina, è una delle piante più resistenti da appartamento, in grado di crescere in ambienti bui, simbolo della borghesia arrivata fine ‘800; Tulipa notissima pianta da fiore dalle innumerevoli varietà; Lilium con il Giglio martagone (L. martagon), il giglio di S.Antonio (L. candidum), il Giglio rosso (L. bulbiferum) e molte altre varietà; Hyacinthus con il Giacinto (H. orientalis) originario di Siria e Iraq; Kniphofia dal caratteristico pennacchio giallo e rosso; Colchicum con il Colchico (C. autumnale) pianta velenosa, utilizzata nella cura della gotta; Allium (a volte compreso nelle Amarillidacee) con l’Aglio (A. sativum) ad ombrella semplice, ovario supero, bulbo tunicato con catafilli e fusto centrale raccorciato in modo da annullare gli internodi e con la Cipolla (A. cepa), spesso con rafidi, cioè escreti di cristallo di ossalato di calcio, nei catafilli più esterni; Muscari con il Giacinto muschiato (M. moschatum) che emana un odore di muschio, da cui deriva il nome e altre specie come il M. comosus e M. racemosus; Ornithogalum, genere molto vasto, spontaneo nei campi, detto Latte di gallina (O. umbellatum); Veratrum con le due specie Veratro nero (V. nigrum) e Veratro bianco (V. album). Pianta velenosa da non confondere con la Genziana gialla o maggiore (G. lutea).

Musacee: il più noto è il genere Musa che comprende le varie specie di Banani.

Orchidacee: sono piante molto evolute, epifite. Foglie guainanti, fiori generalmente in racemi o in spiga, ermafroditi, zigomorfi, perigonio di tre pezzi esterni, tre interni, di cui due laterali e uno a sprone, ovario infero, frutto siliqua. La maggior parte sono epifite, cioè pendono dagli alberi, senza parassitarli, e trovano nella foresta africana e americana l’ambiente adatto alla loro esistenza. Le radici aeree sono provviste di velamen, cioè di uno strato superficiale d’aquixilema, per assorbire l’umidità ambientale. Alcuni paesi sono ricchissimi d’orchidee, come il Costarica, con più di 600 specie. Le Orchidee nostrane sono terrestri e di piccole dimensioni, legate ad una vita micorrizica e di difficile coltivazione, in quanto non sempre si è individuato il fungo micorrizzante. I semi sono molto piccoli, leggerissimi, e vanno sempre seminati con il relativo fungo in appositi contenitori e con agar. Fra i nostri generi ricordiamo: Cypripedium con la Pianella della Madonna (C. calceolus); Ophrys con il Fior Ragno (O. uranifera), la Vesparia (O. apifera); Nigritella con la Morettina (N. nigra). Il perigonio ha formato, ad esempio in Cypripedium, nella parte inferiore, una sorta di piccolo cucchiaio, altre volte le trasformazioni sono ancora più strane e bizzarre.

Le specie sono moltissime e la loro coltivazione è difficile perché ognuna richiede particolari terreni e culture; l’impollinazione, artificiale per quelle coltivate, in natura è operata da insetti specifici per ogni specie. Ricordiamo per ultima la Vacilla planifolia, originaria del Messico da cui si ricava la vaniglia.

Palmacee: vastissima famiglia originaria delle regioni sub-tropicali e tropicali. Sono spadiciflore, con infiorescenza racchiusa in una spata. La Phoenix dactylifera è coltivata, nel Nord Africa, per i datteri; Phoenix canariensis, come albero dei viali. Fondamentalmente n’esistono due tipi: a foglie pennate e a foglie flagellate. Fra queste ultime ricordiamo la Trachicarpus excelsa, talvolta molto alta e dal tronco ricoperto di fibre marronastre. Unica nostrana è la Palma nana o Palma di S.Pietro (Chamaerops umilis), presente nelle Cinque Terre (La Spezia), in Maremma, sui monti dell’Uccellina. La Palma da cocco (Cocos nucifera) è una pianta molto alta, costiera originaria della Malesia. La parte edule bianca, è la parte intermedia del seme, entro cui è contenuto un liquido lattiginoso denso, detto latte di cocco.

Pontederiacee: il nome deriva dal botanico italiano Pontedera. Originarie degli Stati Uniti, sono piante acquatiche galleggianti o amanti di terreni palustri, con infiorescenze a spiga. Molto appariscente è il Giglio d’acqua (Eichhornia crassipes) che può diventare infestante. Altri rappresentanti sono l’E. azurea, la Pontedera cordata e la P. lanceolata.

Posidoniacee: a volte sono comprese nelle Potamogetonacee. La posidonia oceanica forma praterie subacquee. Ha lunghe foglie parallelinervie attaccate al rizoma con nervature abbondanti e dure, che il mare rotola formando grosse palle. I fiori e i frutti si sviluppano sott’acqua, in mare.

Potamogetonacee: piante d’acqua dolce, con foglie trasparenti, infestanti. Foglie intere, perigonio di tre o quattro pezzi, ovario supero. Il nome deriva dalla parola greca Potamos che significa fiume. Il più comune è il Potamogeton natans.

Ruscacee: a volte sono comprese nelle Asparagacee, altre nelle Liliacee. Le foglie sono assenti e la funzione clorofilliana è svolta dallo stelo e dai rami laterali detti cladodi, dall’aspetto fogliare; i fiori nascono dalla nervatura centrale, sono dioici, con perigonio verde di sei pezzi. Tipico è il Pungitopo (Cuscus aculeatus), sui cladodi c’è una spina, da cui il nome e l’antico uso. Il frutto è una bacca rossa.

Typhacee: piante acquatiche, foglie con guaina, fiori monoici in spighe, frutto achenio. Tipica è la  Stiancia (T. minima e T. angustifogli) che crescono lungo fossi e canali.

Smilacacee: a volte sono comprese nelle Liliacee. Piante con aculei, fusto eretto con rizomi, fiori in ombrella, dioici, con sei stami, frutto bacca. Tipica lianosa della macchia mediterranea nota come Salsapariglia (S. aspera).

Strelitziacee: a volte sono comprese nelle Musacee. Originaria del Sud Africa, coltivata in serra per i fiori (Strelitzia reginae e Strelitzia augusta) detta becco di gru.

          

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Origine e filogenesi delle Cormobionta

Le tendenze che riscontriamo sono:

·         predominio dello sporofito sul gametofito.

·         svincolamento graduale dall’ambiente acquatico, prima per la vita vegetativa, poi per la riproduttiva, con comparsa di tessuto conduttore e di liquidi interni.

·         da spermatozoi flagellati nuotanti nell’ambiente, si passa a spermatozoi nuotanti in un liquido prodotto dalla pianta, nella camera archegoniale.

·         comparsa dei nuclei spermatici.

·         la fecondazione, dapprima è affidata a nucleo con citoplasma, poi solo a nuclei e non più al citoplasma maschile, che non interviene perciò nell’ereditarietà.

·         Il sistema di difesa del gametofito dentro lo sporofito comporta una maggiore difesa dello zigote; nei muschi abbiamo la caliptra e lo pseudoperianzio che si forma dopo la fecondazione.

·         Successivamente, vari sono i tentativi d’angiospermia, fino all’angiospermia assoluta per cui l’ovulo diventa seme, l’ovario frutto e il tutto è ancora più protetto quando anche parti, come ricettacolo, assi fiorali, ecc, intervengono nella trasformazione.

Classifichiamo perciò le piante, a seconda del livello evolutivo raggiunto che dipende dal potere prospettico della pianta e dalle realizzazioni delle sue potenzialità, ciò relativamente a come le piante sono oggi, anche se sappiamo che avremo poi altre tappe nell’evoluzione, esistendo specie progressive e altre conservatrici.

Eccoci dunque al diagramma filogenetico, procedente per dicotomie successive: dalle clorofita (con clorofilla a e b, amido intraplastidiale, flagelli apicali pirenoidi), antenato comune, si dipartono le due linee, la conservatrice delle Bryophytonta e la progressiva delle Stelophytonta, che subisce altre dicotomie. Abbiamo così, per ulteriori dicotomie le linee conservatrici di Rynia e Psilotum e l’altra progressiva che si divide ancora in Licopsida (e questa in Coniferopsida) e Sphenopsida e Noeggerathiopsida, quest’ultima conservatrice. Abbiamo poi il ramo conservatore delle Filicopsida isosporee e delle piante eterosporee, angiosperme, macrofillata con le antiche Cycadopsida le Pteridospermophytina a sviluppo notevole, ma troppo specializzato, per cui muoiono e danno il ramo laterale delle Angiosperme vere e proprie, che si dividono in Chlamidospermophytina con angiospermia spinta ma parziale per chiusura delle pinne invece che delle foglie e in Angiospermophytina, che sarebbe però da considerarsi già una classe.

In ordinate sono riportati i periodi di tempo; si vede che nel Devoniano c’erano già sei linee filetiche, per cui l’origine delle piante Cormobionta va a ricercarsi molto più lontano.

Il diagramma del tempo completa la trattazione di una botanica sistematica a tre dimensioni, affinità, origine, evoluzione.