L’ARCHIVIO PARROCCHIALE DI SAMBUGHÈ

 

Gli archivi parrocchiali non sono soltanto luoghi di custodia della documen­tazione riguardante la storia della chiesa locale, ma sono soprattutto degli scri­gni preziosi con una specifica funzione di contribuire, oggi, allo sviluppo e alla diffusione di significativi valori umani, mettendo a disposizione della società religiosa e civile una ricchezza culturale di grande importanza, che aiuta a conoscere la vitalità e l’entusiasmo propri delle comunità cristiane di ogni epoca.

Tutto ciò può essere confermato dall’archivio parrocchiale di Sambughè. Un recente riordino ha portato alla scoperta di antichi e numerosi registri di battesimi, cresime, matrimoni, confraternite (o scuole), pie istituzioni, inven­tari, lettere e documenti pastorali, anagrafici, civili, militari, politici, giuridi­ci, economici, nonché una notevole ed interessante documentazione fotografica.

Le migliaia di carte, quasi tutte ben conservate, coprono un arco di tempo che va dal 1573 al 1888, senza contare il materiale scritturistico del presente secolo.

Si tratta di un grande patrimonio di straordinaria rilevanza, indubbia­mente il principale nucleo della memoria storico—religiosa della comunità sambughese: esso costituisce un punto di riferimento per itinerari di ricerca non solo da parte di studenti e dei cultori di storia locale, ma anche dei cit­tadini di Sambughè.

Intere generazioni di sacerdoti, di famiglie, di donne e di uomini vissuti a Sambughè, a partire dagli anni immediatamente successivi al Concilio di Trento, hanno lasciato traccia, in queste scritture, della loro presenza nella vita del paese.

L’archivio, come detto sopra, ha portato alla scoperta di un patrimonio documentale molto ricco, dal quale si possono conoscere significative storie, a volte anche con risvolti curiosi, della vita quotidiana dei secoli passati.

Un caso tra i tanti, che merita essere citato, è quello riguardante la vicen­da della “sparizione” della vera da pozzo. Si tratta di un reperto bizantino del sec. XI, che nel 1882 venne abusivamente venduto ad un antiquario veneziano.

Le controversie per il suo recupero furono tali e tante che la relativa documentazione epistolare non può non incuriosire lo storico di cose antiche. A tale proposito è interessante appunto la corrispondenza tra il parroco di allora don Domenico Salmin e il Regio Sub-Economo dei Benefici Vacanti di


Treviso, tra il Regio Economo Generale di Venezia e il Sindaco di Preganziol. La questione, dopo numerosi ostacoli, si risolse nel giugno 1884 con il

ritorno della vera, che venne rimessa al suo primitivo posto, cioè nel brolo della canonica. E qui vi rimase fino al 1978, anno in cui fu collocata in chie­sa quale oggetto di ammirazione.

                                                                                                                                                            

 

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