La definizione di “mobbing” sul luogo di lavoro si è evoluta da una concezione
di “terrorismo psicologico in azienda”, quale quella elaborata dal primo
patrocinatore di questo vocabolo, Heinz Leymann, e che veniva nella stragrande
maggioranza dei casi identificata con il forzato e immotivato de-mansionamento
del lavoratore, ad un concetto attuale molto più vario,complesso e ricco di
sfumature. Esso sta oggi ad indicare, grazie ad oltre un decennio di continua
evoluzione che gli è stata garantita da un punto di vista medico-legale, di
psicologia del lavoro, ed infine giuridica e giurisprudenziale, i comportamenti
lesivi della dignità e della personalità morale di un lavoratore attuati sul
luogo di lavoro, da uno o più colleghi o superiori, con caratteristiche di
reiterazione , sistematicità , intenzionalità, ed infine, nel mobbizzato, una
lesione fisio-psichica o perlomeno della personalità morale.
Si tratterà di un complesso di atti ed azioni, vuoi comportamenti materiali,
vuoi atti negoziali, ciascuno preso per sé tollerabile o non tollerabile, ma
che, considerati tutti insieme, risultano esser sostenuti da un unico, preciso
intento emarginante ed isolante nei confronti di un singolo lavoratore, tramite
persecuzione e molestia psicologica costante.
LE
CONSEGUENZE
DEL
MOBBING
:
DANNEGGIA IL LAVORATORE;
DANNEGGIA LA FAMIGLIA;
DANNEGGIA L'AZIENDA.........Paradossalmente!!!
Danneggia chi per svariati motivi lo mette in atto e permette
che ciò avvenga. perché anestetizzando la volontà al lavoro del dipendente, aumenterà l'assenteismo, la conflittualità,
gli infortuni e la malattia, il contenzioso.....creando un clima di negatività a discapito della produttività e dell'efficienza.