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PORFIRIO
Il culto delle immagini
Porfirio nacque in Siria intorno al 233-234 d.C. Visse a Tiro e a Cesarea dove conobbe Origene. Poi si trasferì ad Atene alla scuola del retore Cassio Longino. Il suo nome originario era Malco, che significa "re" nelle lingue semitiche. Fu chiamato Basilio, in greco "re", da Amelio e Porfirio, ossia "porpora imperiale", da Longino.
A circa trenta anni si recò a Roma alla scuola del filosofo neo-platonico Plotino. Ne divenne, insieme ad Amelio, il più valido collaboratore. Dopo 5 anni ebbe un esaurimento nervoso e intorno al 268 si recò in Sicilia, su consiglio dello stesso Plotino. Vi soggiornò circa due anni poi ritornò a Roma nel 271. Plotino era morto nel 270 e Porfirio ne continuò l'insegnamento. Riordinò gli scritti di Plotino e tra il 300 e il 304 li pubblicò. Morì nel 305 a Roma.
Scrisse
il trattato Sulle immagini prima dell'incontro con Plotino. Ne restano
solo alcuni frammenti contenuti in un'opera apologetica del vescovo Eusebio
di Cesarea (265-339) che li citava per contestarli. Essenzialmente, il trattato
è un'interpretazione teologica e filosofica del simbolismo degli dei greci.
Porfirio spiega perché gli dei furono rappresentati in certi modi, e come i
loro nomi e simboli siano riferimenti allegorici ai poteri della natura o a
principi cosmici.
Il trattato di Porfirio è un esempio rappresentativo dell'approccio allegorico
che è stato seguito da molti filosofi e scrittori dell'antichità, incluso lo
stoico Plutarco, l'ebreo Filone di Alessandria ed i neo-platonici in genere.
Il suo uso delle etimologie per spiegare la natura degli dei è simile a quello
che si trova nel Cratilo di Platone e nei
Saturnalia di Macrobio.
Località: Impero Romano
Epoca: 233-305 d.C.
Elenco dei frammenti
fr. 1=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.7.1
fr. 2=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.7.2-4
fr. 3=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.9.1-5
fr. 4=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.11.1-2
fr. 5=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.11.5
fr. 6=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.11.7
fr. 7=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.11.9-16
fr. 8=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.11.22-44
fr.10=Eusebio di Cesarea, Preparazione per il Vangelo 3.11.45 - .13.2
Zeus, perciò è il mondo intero, animale degli animali e dio degli dei; Zeus è la mente dalla quale lui produce tutte le cose, e dai suoi pensieri li crea. Quando i teologi avevano spiegato la natura del dio in questa maniera, fare un'immagine secondo la descrizione da loro indicata non era possibile, né, se alcuno lo avesse pensato, poteva mostrare l'apparire della vita, e l'intelligenza, e la previdenza dalla figura di una sfera.
Ma loro hanno fatto la rappresentazione di Zeus in forma umana, perché era attraverso la mente che aveva forgiato, e in base alle leggi della generazione aveva portato al completamento tutte le cose; ed è seduto, per indicare la costanza del suo potere: e le sue parti superiori sono nude, perché è palese nelle parti intellettuali e celesti del mondo; ma i suoi piedi sono vestiti, perché è invisibile nelle cose che giacciono nascoste sotto. E tiene lo scettro nella mano sinistra, perché più vicina a quel lato del corpo dove si trova il cuore, l'organo più intelligente e più dominante: la mente creativa è il sovrano del mondo. E nella mano destra mostra o un'aquila, perché è padrone degli dei che traversano l'aria, come l'aquila è padrona degli uccelli che volano in alto, o una vittoria, perché è vittorioso su tutte le cose.
Nella città di Elefantina
viene adorata un'immagine, che per altri aspetti è foggiata a somiglianza
di un uomo seduto; è di un colore blu, e ha la testa di un ariete, ed un
diadema che porta delle corna di capra, sopra il quale è un cerchio sagomato
ad anello. Egli siede con un vaso di creta accanto sul quale sta foggiando
la figura di un uomo. E dall'avere la faccia di un ariete e le corna di
una capra indica la congiunzione del sole e della luna nel segno dell'Ariete,
mentre il colore blu indica che la luna in quella congiunzione porta la
pioggia.
Il secondo aspetto
della luna è ritenuto sacro nella città di Apollo: ed il suo simbolo è un
uomo dalla faccia di falco, che sta sottomettendo con una lancia da caccia
Tifone, che ha l'aspetto di un ippopotamo. L'immagine è bianca nel colore,
la bianchezza rappresenta l'illuminazione della luna, e la faccia di falco
il fatto che deriva la luce e il respiro dal sole. Infatti consacrano il
falco al sole, e lo considerano simbolo della luce e del respiro, a causa
del suo moto rapido, e del suo volo in alto, dove è la luce. E l'ippopotamo
rappresenta il cielo occidentale, poiché sta ingoiando in se stesso
le stelle che lo traversano.
In questa città
Horus è adorato come un dio. Ma la città Eileithyia venera il terzo aspetto
della luna: e la sua statua è foggiata come un avvoltoio che vola, con le
piume fatte di pietre preziose. E la sua somiglianza ad un avvoltoio significa
che la luna è quella che produce i venti: infatti pensano che l'avvoltoio
concepisce dal vento, e dichiara che sono tutti uccelli femmine.
Nei misteri di Eleusi
lo ierofante è vestito per rappresentare il demiurgo, ed portatore di torcia
il sole, il prete all'altare la luna, e l'araldo sacro Ermete.
Inoltre un uomo è ammesso dagli egiziani fra i loro oggetti di adorazione.
Infatti esiste un villaggio in Egitto chiamato Anabis, nel quale è adorato
un uomo, e vengono offerti sacrifici a lui, e le vittime vengono bruciate
sui suoi altari: e dopo un po' di tempo lui mangerebbe le cose che sono
state preparate per lui come per un uomo.
Comunque, loro non
credono che gli animali siano dei, ma li considerano come aspetti e simboli
di dei; e questo è mostrato dal fatto che in molti luoghi dedicati agli
dei i buoi sono sacrificati alle loro feste mensili e nei loro servizi religiosi.
Consacrano buoi al sole e luna.
Il bue chiamato Mnevis
che è dedicato al sole in Eliopoli, è il più grande dei buoi, molto nero,
principalmente perché molta luce del sole annerisce i corpi degli uomini.
E la sua coda e tutto il suo corpo sono coperti con peli che si arruffano
indietro diversamente da altro bestiame bovino, nel momento in cui il sole
fa il suo corso nella direzione opposta al cielo. I suoi testicoli sono
molto grandi, poiché il desiderio è prodotto dal calore, e si dice
che il sole fertilizzi la natura.
Alla luna dedicarono
un toro che chiamano Apis, che è anche più nero di altri e porta i simboli
del sole e della luna, perché la luce della luna deriva dal sole. La nerezza
del suo corpo è un emblema del sole, e così il segno simile allo scarabeo
sotto la sua lingua; ed il simbolo della luna è il semicerchio, e la figura
gibbosa.
Riferimenti bibliografici:
Girgenti G. |
Porfirio
|
Laterza
|
Adorno F. |
La filosofia antica
|
Feltrinelli |
Riferimenti Internet:
Porphyry - On images |
Porfirio - Sentenze |
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