Han già detto che questo è l'album di Morrison più riuscito degli ultimi quindici anni. Potrei essere d'accordo se non fosse che il metro di giudizio relativo ad un fuoriclasse non può essere lo stesso che usiamo in tutti gli altri casi. Van ha fatto cose davvero belle anche recentemente. Probabilmente, non sono state capite del tutto, proprio perchè trattasi di un autore non solo di musiche, ma di testi, a volte difficili, a volte polemici con il mondo, a volte semplicemente poetici.
Purtroppo, mi pare che certa critica (e quindi anche certo pubblico) dimentichi questo aspetto che invece è essenziale per comprendere l'intera dimensione dell'uomo e dell'artista.
Sicchè posso concederlo: sicuramente questo disco è migliore degli immediati precedenti sotto il profilo strettamente musicale. E' un disco che va, è un piacere sentirlo e potrebbe rusultare una goduria anche per chi non è abituato a simili raffinatezze e finora si è contentato di piatti fast food più dozzinali.
Un plauso particolare lo merita la strumentazione: straordinaria la varietà di suoni, in particolare se lo confrontiamo con un disco quasi altrettanto valido, il Solomon Burke dello scorso anno, o con l'ultra acclamato Norah Jones.
Certo sarà difficile riportare on stage le stesse sonorità. Però con una buona band non sarà impossibile e speriamo che accada.
Inoltre, questo è il prodotto adatto a catturare nuovi ascoltatori. Il che non vuol dire che sia "commerciale" o facilmente smerciabile. Vuol solo significare che potrebbe risultare gradito a tanti che non hanno mai sentito Morrison, vista la varietà di stili, il giusto mix di combinazioni, l'intelligente dosaggio di generi, una classe che riesce ad essere accattivante senza sminuirsi o travestirsi. C'è un po' di blues, un po' di jazz, un po' di ballate, persino un po' di rock. Il tutto distribuito con eleganza e misura. Vedendo l'insieme da una certa distanza, potremmo persino parlare di una ricapitolazione di stili che hanno nutrito il gran fiume della musica che ci piace (suppongo, se no che mi leggete a fare?).
Ed è per questo che prenderà per le budella, proprio come la prima volta, anche a chi conosce Van Morrison come le sue tasche, canzone per canzone e perfino parola per parola.
Questa volta, del resto, è proprio Van Morrison a parlare direttamente della propria arte in Goldfish Bowl:
"Jazz, Blues & Funk
That's not Rock & Roll
Folk with a beat
And a little bit of Soul
I don't have no hit record
I don't have no TV show
Tell me why should I have to live in this goldfish bowl?"
Ma, non è finita: il disco piacerà anche a chi sniffa jazz e blues a tutto spiano, dunque a quelli che con un po' di puzza sotto il naso han sempre e solo considerato Van Morrison un cantautore "rockeggiante" un po' migliore degli altri. Perchè qui la classe vien fuori. Un brano come St.James Infirmary è stato probabilmente arrangiato da quel diavolo di Matt Holland (anche se le note di copertina non lo dicono, e danno tutto il merito al boss) ma la strutturazione (potremmo parlare di ricomposizione) è di Van. C'é Ellington all'attacco, poi sfuma in Gershwin, sembra Summertime ma non lo è, e poi c'è Morrison ed è un capolavoro, sia per le musiche che per il canto.
Personalmente, poi, trovo molto riuscita la title track. La mano leggera di Alan Smale guida i violini della Irish Film Orchestra con sapienza sopraffina, ma occhio al gioco pensoso del clarone di Keith Donald: super. Il pezzo mi ricorda tanto le atmosfere care a Frank Sinatra senza peraltro rinviare ad alcun brano in particolare (forse That's Life, ma alla lontana) Ed a ben pensarci, un brano come What's Wrong With This Picture non sarebbe andata affatto male in bocca al vecchio Frank!
Ma che dici? Mi sembra di sentire le proteste dei puristi!
Allora mettiamola così: questo disco è particolarmente ok proprio perchè rivisita atmosfere "Old America" anni '40 e '50, senza cadere nel nostalgico o nel revival, cioè nel semplice rifacimento. Prendi Whinin Boy Moan; il tenore di Martin Winning riecheggia Earl Bostic e Louis Jordan, ma non siamo al gigionare in musica, perchè questa, a differenza che in tanti pezzi di Jordan, mantiene una sua severità formale.
E senza andare agli anni '40, basta un orecchio alle incisioni di Ray Charles negli anni '50, a titolo d'esempio la splendida (Night Time Is) The Right Time del 1958, per rendersi conto di quanto il nostro gli sia andato vicino. Ma è come a dire che ha approssimato un capolavoro con altri capolavori e non con un'imitazione qualsiasi.
Sicchè siamo, per capirci, ad un capitolo che i conoscitori e gli appassionati di Van Morrison hanno già leggiucchiato da qualche altra parte sia nella sua discografia che nei concerti. Solo che questa volta troviamo il tutto riunito in sol colpo ed in sol corpo.
I testi danno l'impressione di un uomo maturo che rifiuta di invecchiare, e che tuttavia pensa, ricorda, interviene nelle situazioni con un pizzico di saggezza, come in Whinin Boy Moan, il lamento del ragazzo piagnucoloso, o Too Many Myths, dove "la gente assorbe cose che non sono vere/ ci sono troppo miti/ venendo a noi due/ dovresti avere il tuo nome su nella luce/ ma ancora giochi a fare l'incazzato". In sostanza: ci sono troppe favole tra e me e te. "Tutti pensano ci sia qualcosa di sbagliato tra me e te perchè/ ci sono ancora troppi miti. Sarebbe il caso di pensare che quel "tra me e te" si riferisce allusivamente persino ai suoi fans: io non voglio fans che mi credano un mito. In questo sono diverso, baby.
"Smetti di bere quel vino Sonny Boy/ se non ti fermi avveleni la tua mente" canta ancora in Stop Drinking ed è forse questo uno dei troppi miti, lo champagne che sembrerebbe la cosa migliore per te, ma che potrebbe avere il senso simbolico di una certa musica di consumo, alla moda, che fa chic deglutire nei Buddha bar.
E tornando a Goldfish Bowl, abbiamo comunque il senso del lavoro artistico di Van. Laddove aveva descritto la sua musica, aggiungeva: ci sono parassiti e vampiri psichici/ che mangiano alla grande sul pubblico/ proiettando la loro ombra su ognuno/ i baroni della carta stampata/ sono la schiuma di più basso livello...come potrei voler vivere nella scodella del pesce dorato?
In Meaning Of Loneliness, forse il brano più poetico e più denso di riferimenti culturali, "nessuno conosce la paura esistenziale/ quello che accade dentro/ nella testa di ciascuno/ che potrebbe essere triviale/ o qualcosa che ha detto Dante/ ma nessuno conosce il senso della solitudine...Bene ci sono Sartre e Camus, Nietzsche ed Hesse/ se tu scavi troppo in profondità/ cadrai nell'angoscia/ e non avrai via di fuga dovendo vivere nella costrizione/ nessuna via di fuga è il senso della solitudine...no no no nessuno conosce il senso della solitudine."
Da queste scarne e frettolose traduzioni si evince tutta la profondità della sofferenza e della lotta di Ivan George Morrison contro un mondo superficiale che spesso ha rischiato di soffocarlo, o di trascinarlo all'ingiù portandolo all'insù, nella hitparade dei troppi miti che ci ingannano.
Ma al di là di questa amarezza, la speranza, in fondo, è la musica stessa, quel jazz, quel blues, quel funk, quel bit of soul che non è rock & roll, o meglio, non fa parte della great rock & roll swindle.
La track list:
1.What's Wrong With This Picture?
2 Whinin' Boy Moan
3 Evening In June
4 Too Many Myths
5 Somerset
6 Meaning Of Loneliness
7 Stop Drinking
8 Goldfish Bowl
9 Once In A Blue Moon
10 Saint James Infirmary
11 Little Village
12 Fame
13 Get On With The Show
NB La Blue Note ha blindato il cd. Non gira sul lettore del computer nemmeno se piangi. E c'è il rischio che non giri bene nemmeno su portatili scadenti. Comunque sia, per duplicare il cd basta collegare al pc un lettore che funzioni e registrarlo sull'hard disk. Questi tentatvi di bloccare il pirataggio sono sempre più ridicoli e rompono solo i coglioni. Mi piacerebbe sapere quanto hanno speso per una scemenza così inutile. Tanto paghiamo noi, ovvio. Ma perchè Van Morrison si è prestato a tale giochetto? Solo per obbligo di contratto?
chairman - 19 ottobre 2003