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Lennie Tristano

The Lost Tapes - doppio cd - The Jazz Factory - www.disconforme.com - made in spain
(incisioni del 1945 e del 1949-50)

Cominciamo con un'avvertenza: non sono queste le registrazioni effettuate con l'Earl Swope Sextet feat. Lennie Tristano, edite come Lost Tapes dalla Jazzguild in lp.
Trattasi di altro materiale.
Il doppio cd ha un costo di 25 euro. Si tratta di valutare se fare la spesa, rinunciando ad altro.
Va considerato che esistono incisioni più significative e meglio riuscite sotto il profilo qualità audio, anche se non concordo con la bassa valutazione data al lavoro, solo tre stelle, da All Music Guide.
Inutile illudersi, la qualità della registrazione è mediocre, anche se non ignobile.
Comunque, ciò che si può ascoltare qui è talmente intrigante ed importante che non passano dieci secondi che già sei preso dalla musica e dimentico dell'hi fi.
Le note di copertina sono disastrosamente brevi. Fortunantamente, abbiamo data e luogo d'incisione, insieme alle formazioni che accompagnarano Tristano live al Birdland nel 1949, ed in altro luogo di New York non precisato nel 1950, forse il Confucious Cafè, mentre le quattro tracks che aprono il primo cd si riferiscono a delle solo performance al pianoforte, incise a Chicago nel 1945.

Chi fu Lennie Tristano?
Un musicista d'avanguardia, protagonista di una rivoluzione che portò il jazz a nuovi sviluppi negli anni '40 e '50, oltre che un eccellente pianista. Il suo contributo alla nascita del cool è generalmente ammesso da quasi tutti i critici e gli storici del jazz.
Ma, il suo talento fu riconosciuto solo in una ristretta cerchia di critici ed estimatori, e tuttora non sono molti, nella già ristretta schiera degli appassionati di jazz, quelli che lo conoscono e lo apprezzano.

Dato il modo davvero eccentrico di realizzare alcune incisioni negli anni '50 (aveva velocizzato il tempo di alcune sue registrazioni, e sovrapposto tracce incise separatamente) fu anche aspramente censurato, come se egli avesse desiderato "ingannare" il pubblico circa le sue qualità tecniche. Ma il tempo ha parzialmente reso giustizia a Lennie Tristano e sono oggi pochi quelli che si ostinano a sottostimarlo.

Il dramma della sua vita, l'essere cieco dall'infanzia, si combinò perfettamente a quella che si potrebbe considerare la sua salvezza esistenziale, ovvero la musica. Proprio a causa delle cecità ebbe un ritardo mentale che lo accompagnò fino ai dieci anni. La musica fu il suo unico interesse, e la migliore medicina. A dieci anni sapeva risolvere complicati problemi di matematica persino meglio dei suoi coetanei normali e vedenti, rivelandosi così anche estremamente intelligente, a conferma che un ritardo mentale nell'età evolutiva non è quasi mai irrevocabile.
Tristano, anzi, fu uno dei jazzisti più intelligenti del suo tempo, non solo sensibile, non solo artista, ma anche colto e raffinato inteprete, educato alla scuola classica, capace di comporre musica per quartetto d'archi, intavolare colte conversazioni con chiunque conoscesse compositori come Maderna, Berio, Stockhausen.
Sembra anche vero che nutrì una certa ammirazione per Cecil Taylor, il terribile pianista free, anche se rimase piuttosto critico nei confronti del free-jazz in generale.
Gran parte delle informazioni sulla sua vita vengono da un libretto di Franco Fayenz, Il nuovo jazz degli anni '40, pubblicato dalla Lato Side Editori nel 1982.
La parte dedicata a Tristano è veritiera e commovente, un modello per chi intende scrivere di musica e di musicisti.
In aggiunta a quanto scrisse Fayenz, aggiungerei, di mio, che un confronto tra Lennie Tristano, Bill Evans e Keith Jarrett si impone, onde ristabilire una sorta di albero genealogico e di priorità della scoperta.
In Tristano si trovano già i semi della poetica di Evans, così come in Evans si trovano i prodromi della poetica jarrettiana.
Più difficile sarebbe trovare, al contrario, un antecedente a Tristano. Nessuno suonò il pianoforte alla sua maniera prima di lui. I pianisti precedenti erano permeati fino alla radice dei capelli di rag-time e di stride, di jazz delle origini, di temi derivati dallo swing e dal blues. Si cita spesso Art Tatum come modello: in realtà, Tristano suona una musica diversa, e poco importa che egli utilizzi tecniche e procedimenti appresi da quel pianista.
Forse, è più vero che Tristano fu influenzato dal chitarrista Charlie Christian e dal trombettista Roy Eldridge, per non dire del grande Lester Young.
Comunque sia, l'ascolto dei brani nei quali Tristano si esibì da solo, non tantissime volte, per la verità, risulta ultraindicativo della sua indiscussa originalità.

I Found My Baby, prima track del primo cd, sembra essere il manifesto di questa nouvelle vague. Il brano è
affrontato con incalzante piglio ritmico, ma, attenzione, perchè qui non si intende per ritmo la scansione ripetitiva di un da dum da o di un valzer zum pap-pa zum pap-pa.
Qui per ritmo si intende l'incalzare della melodia esposta dalla mano destra a grande velocità, una melodia che è ritmica di per sè, prossima a certe atmosfere bop.
Potrei aggiungere che qui la mano sinistra di Tristano non fa grandi cose. Accompagna, accentua, si accorda puntuale, nulla di più.
E, tuttavia, non si può non cominciare a pensare che l'uso della mano sinistra sembri votato a rendere un'atmosfera cupa, di desolante solitudine, di una cappa di grigio.
Si faccia attenzione al titolo del secondo brano: Glad am I. E' in forma di domanda, anche se non c'è il punto interrogativo. L'esecuzione risponde in luogo delle parole, ed una risposta che "brucia" sulla pelle e si imprime nell'anima. Qui la mano sinistra suona più pesante, senza risultare ossessiva. Sembra la musica adatta ad accompagnare Dostoevskji nei suoi momenti più felici, quando descrive il pentimento di Raskolnikov o i fallimenti demenziali del principe Miskin, invano proteso a seminare amore e comprensione dove invece c'è solo egoismo ed abiezione.
This is called love è certamente più solare. Tristano non suonava solo cose tristi, si scusi la sciocchezza. Qui sembra sciogliersi in un autentico trasporto. L'attacco con la mano sinistra presenta subito una luminosità che non c'era nei due motivi precedenti, sicchè anche la mano destra può scivolare più libera, e toccare note inaspettate. Tanta è l'arte che traspare in questa esecuzione che, a dirla francamente, ti viene voglia di metterti alla tastiera, girare la monopola sulla tacca del piano acustico, e cominciare a vedere che succede.
Blame Me è, forse, il brano più bello e riuscito da un punto di vista jazzistico: una cesellatura tra swing del passato e bop del presente (bop degli anni '40, ovvio).
Il matrimonio con la cantante Judy Moore deve aver giocato un ruolo importante in questa fase della sua vita.
La cecità che lo paralizzava e lo intimidiva nei rapporti con l'esterno, non gli era di grandissimo ostacolo nella relazione con la musica ed il suo pianoforte.
Ci fu un'epoca nella quale egli potè condurre una vita quasi normale, suonando nei club ed insieme ad altri musicisti.
Venne perfino in Italia, dove tenne diversi concerti a Milano, ed uno, memorabile, a Padova, dove si esibì da solo, di fronte a 200 persone, suonando, secondo Fayenz, come non mai, e dimostrando di essere formidabile anche sul piano tecnico.
Tristano sembrava allora anche soddisfatto del poter suonare senza accompagnamento, perchè negli Stati Uniti il pubblico non gradiva le esibizioni solistiche, tant'è vero che anche il virtuosissimo Art Tatum non fu mai amatissimo dal pubblico.
Ma col passare del tempo, racconta Fayenz, Tristano rifiutò di abbandonare il suo appartamento, i suoi due pianoforti, il suo apparato di registrazione. Trascinato, più che portato, in uno studio dell'Atlantic, smise di suonare dopo pochi minuti, asserendo che l'eccellente strumento messogli a disposizione era orribile. Idiosincrasia, disagio, la sensazione di trovarsi fuori del guscio protettivo faticosamente costruito, la pena di vivere sempre guidato, di dipendere per ogni cosa da una presenza esterna: ecco i problemi.
Le incisioni degli anni '60 furono tutte fatte a casa propria, dove Lennie viveva dando lezioni, non solo di piano, ma anche di clarinetto, sax, tromba, persino contrabbasso e batteria.

Le tracce dalla 5 alla 9 del primo cd riproducono parzialmente un concerto al Birdland di New York nel 1949.
Si può così ammirare un quintetto con Warne Marsh al sax tenore, Lennie al piano, Billy Bauer alla chitarra, Arnold Fishkin al contrabbasso e Jeff Morton alla batteria.
Tutti i brani sono di Tristano.
Devo dire che Remember è forse il brano più interessante e coinvolgente, soprattutto per chi non è abituato a questo tipo di musica. Il mio giudizio può essere condizionato dal fatto che sono un estimatore di Bauer come chitarrista, e mi piace molto il fraseggiare di Marsh, ma ritengo queste incisioni importanti e godibili, ben oltre l'interesse che può destare la sola presenza di Tristano.
Certo, ogni volta che il pianoforte entra in veste solista, cambia la musica, come si suol dire, ed è un vero peccato che lo strumento non sia stato registrato in primo piano, ma più distante di chitarra e sax.
Anche Pennies è presa ad un tempo piuttosto veloce; è un brano che ascolteresti volentieri mille volte di fila.
Foolish Things, è invece motivo dall'andamento lento, persino pigro, nel quale è singolare il contrasto tra il ritmo rallentato di basso e batteria, l'assolo iniziale del sax di Marsh, il successivo intervento della chitarra, sempre alla moviola, e l'insinuarsi del piano di Tristano che, invece, suona con una intensità che pare voler trascendere il quadro ritmico, ma che rimane, piuttosto, come incorniciato.
Ne viene un bozzetto, non lunghissimo ma, certamente memorabile per tantissimi motivi. Il sovrapporsi, in un passaggio, delle tre voci (sax, chitarra e piano) è semplicemente delizioso.
Indiana riparte sui ritmi di Pennies e Remember. Di rilievo il botta e risposta tra chitarra e batteria, che dimostra una buona intesa tra Bauer e Morton. L'assolo di Tristano non è un capolavoro di originalità, ma non può nemmeno dirsi banale.
I'm No Good Without You si annuncia con un godibile assolo di Marsh che riesce a tenere insieme sia lo staccato del bop, che il legato del cool. Anche qui il piatto forte è l'intervento di Tristano, leggero ed arioso.

Il secondo cd contiene musica registrata a New York nel 1950, con il sestetto di Lennie Tristano, comprendente in aggiunta al quintetto, il sax alto di Lee Konitz e, si suppone, il contrabbassista Joe Schulman in luogo di Fishkin.
Letteralmente disastroso come qualità audio, ovvero molto peggio di quella del primo cd, ti viene davvero da chiederti: ma perchè ho speso 25 euro per sentire 'sta grattuggia?
Risposta: se resisti, capisci, almeno qualcosa, anche se il sax di Marsh sembra il clacson di un TIR in mezzo ad una pioggia scrosciante (il crepitio del vecchio vinile consumato).
O meglio, c'è più musica qui che in in tanti prodotti digitali confezionati su misura, oggidì, per la gioia delle orecchie. Qualcosa di imperdibile, anche se costa la sofferenza del disturbo di una segheria in attività tra noi e la sorgente sonora.
Avvisati gli audiofili, qualcosa si può aggiungere. La musica che si ascolta qui non differisce molto da quella del quintetto. Subconscious-Lee è il celebre brano inciso dal gruppo di Konitz in Subconscious Lee, album della Prestige.
Proprio l'arrivo di Konitz suggerisce qualche considerazione. Il gruppo di Tristano non solo guadagna una voce, ma pare, se possibile, ancora più sciolto e rilassato, anche alle prese con un brano nervoso come il suddetto.
L'ambientazione appare più boppistica che cool, anche se il fraseggio tende alla legatura.
Remembrance, se l'audio lo pemettesse, sarebbe un capolavoro perchè si possono intuire e sospettare impasti sonori di gran livello. Il problema è che li puoi percepire solo con fatica.
Comunque sia, ad un certo punto udrai i rintocchi di un pianoforte che suona molto lontano. E' un momento imperdibile.
Di un certo interesse April Fool, motivo firmato dal chitarrista Billy Bauer, protagonista di un assolo che si intreccia all'accompagnamento dinamico di Tristano, e che poi sfocia in un delizioso intervento di Konitz. Segue Marsh, altrettanto bravo e capace di affascinare.
La Fuga in D Minor BWV 899 di Bach è lunga solo un battito di ciglia, ma è resa dai due sax di Marsh e Konitz in maniera davvero curiosa. Chiunque ci trovi qualcosa di simile al canto di due ubriachi che escono dal bar quasi all'alba non ha capito un accidente.
Il Chord Interlude suonato dal solo Tristano è un puro esercizio di bravura disturbato da un applauso inopportuno, niente di più. Se ne poteva fare a meno.
Sound-Lee e No Figs chiudono il capitolo.
Mi piace in particolare No Figs, motivo che non assomiglia a nessuno dei brani ascoltati finora e che pare caratterizzato da un fascino particolarissimo.
Conclusione: se vinci l'irritazione più che comprensibile, specie rispetto al secondo cd, per la qualità del suono, capirai quale grande musica si facesse tra la fine degli anni '40 e il primo lustro dei '50, grazie anche a Lennie Tristano ed ai suoi allievi.

gm - 19 ottobre 2002