Tom Waits
Swordfishtrombones - Island - 1983


Non fatevi fregare dal solito luogo comune che i critici sparano ogni tanto: "questo qui o si ama o si detesta". Niente di più falso. A volte è grande, altre molto meno, e lo si può solo sopportare, perchè è bravo, ma anche indigesto.
E qui c'è molto da sopportare, ficcatevelo nella zucca.

Nel 1983 Tom Waits venne "licenziato" dall'Asylum e trovò rifugio e comprensione alla Island.
Motivo?
I demo di Swordfishtrombones non erano stati ritenuti commerciabili dall'etichetta.
E se si mette il cd sul lettore, si capisce perchè.
La strumentazione è scarna, la musica ridotta e disossata, spesso attraversata da ondate, se non di rumore, di disturbi e disarticolazioni.
Quanto ai testi, si può avere un'idea guardando subito a Frank's Wild Years.
E' la storia di un tizio che vende mobili usati, si sposa con una tipa che ha un cane vecchio e cieco, e compra casa, cioè due stanze da letto, con un mutuo al 15,25%. (ok, erano tempi d'inflazione, ma c'era abbastanza corda da impiccarsi a vita)
Un bel giorno Frank compra due latte di benzina e da fuoco alla casa. Non aveva mai sopportato quel cane.

Ecco in poche parole ciò che davvero non piaceva all'Asylum: il crollo di ogni sogno e di ogni illusione sulla vita, crollo che portava alle disfatte sonorità di Swordfisheccetera.
Waits è uno specialista nel vedere in ogni cosa il lato più buio ed inquietante, ovvero il brutto del bello.
E non fatica ad esportelo con quattro parole prese dallo slang degli slums, senza ricorrere al vocabolario di Harvard.

Cantava:
«Le uova inseguono il bacon
Dentro la padella
Il cane triste in chiesa
Litiga con la corda della campana
E i cani han rovesciato i rifiuti
La notte scorsa
Ci son sempre lavori in corso
Ad infastidirti
Nel mio quartiere
Nel mio quartiere
Nel mio quartiere»

In The Neighbourhood è una marcia funebre con un trombone che accompagna il rullo dei tamburi. Tutto si risolve, musicalmente, in una struttura semplice semplice. Una volta ascoltato, questo pezzo, ti è entrato in testa per sempre, ed è difficile che ti venga nuovamente voglia di risentirlo.

 


E' un problema che si pone spesso con la musica di Tom Waits. Anche con i dischi a portata di mano, difficile ti prenda la frenesia di un ascolto, perchè sai già com'è, ti han già detto tutto il possibile in un colpo solo.
Fortunamente, ci sono eccezioni: Down Down Down (che il nostro pronuncia deoun) è un pezzo da classifica. Qualunque band di rock 'n' roll potrebbe farla, persino meglio, lasciando libere le chitarre di sventagliare, l'armonica di fluire, un sax di ruggire.
Il testo non ha pretese:
« E' andato giù
Ed il demonio l'ha chiamato per nome
E' andato giù giù giù
Appeso alla corda di un treno
E' andato giù giù giù
Questo ragazzo è andato proprio giù
Masticava sempre tabacco
beveva vasche di gin
E' andato giù giù giù
Questo ragazzo è andato proprio giù
E' andato giù»

Niente di più che un vecchio blues scritto da qualche analfabeta del Delta cinquantanni prima.


(una rarità, la copertina sovietica
di Swordfishtrombones, non so perchè tagliata a tre quarti)



Storia che ritorna in Gin Soaked Boy, Ragazzo sbronzo di gin.
Un bluesaccio tirato dove tiene banco la solita vecchia canzone:
« Ieri notte sono rincasato
Pieno di Old Crow
Hai detto che tornavi da tua madre
Ma dove diavolo sei andata
Sei filata via di notte
Cosa credi, che non lo sapessi
Con un ragazzo sbronzo di gin
Che non conosci»

Ecco lo squallore della vita e delle relazioni umane, in cosa i bianchi assomigliano ai negri, e forse, sono peggio, perchè, almeno, i negri vanno in chiesa a cantare i gospel e lì trovano gioia e consolazione.

Già all'inizio, con il primo brano, Underground, si sarebbe dovuto capire dove Waits voleva arrivare.
«Un lamento rimbomba
Là sotto
C'è una grande città scura
In un posto che ho scoperto
Cè un mondo che va avanti

UNDERGROUND

Sono vivi e svegli
Mentre il resto del mondo dorme
Sotto le gallerie della miniera
Tutto verrà svelato
C'è un mondo che va avanti»

Capolavoro? Indispensabile? Boh.
Io non lo sentivo da anni, forse tre, ed ho dormito benissimo la notte in tutto questo tempo, senza masturbarmi il cervello con i sottili legami poetici tra Waits e Brecht, il rock ed il decadentismo tedesco, le avanguardie e la musica di Kurt Weill.
Ciò che può piacere in queste tracce è l'inconfondibile sapore americano della festosa marcia funebre di Crescent City, il jazz stradaiolo, il bluesaccio sporco, persino il pianoforte scordato, perchè con un pianoforte accordato il blues non viene bene.
Ma. come avvertivo all'inizio, c'è molto, forse troppo, da sopportare. E la verità è, se proprio volete saperla, che anche gli innamorati di Waits, di nascosto, sentono Whitney Houston.

Comunque sia, spettasse a me prelevare dal magazzino un paio di songs da inserire in un'antologia, prenderei senz'altro, la title track, esperimento riuscitissimo di convivenza tra testo difficile e musica non propriamente da supermarket, o da spot dei jeans Levi's (ma questa è una storia che racconteremo un'altra volta). Poi, davvero a scelta, una tra quelle che ho nominato.

La track list:
Underground (1:58)
Shore Leave (4:12)
Dave The Butcher (Instrumental) (2:15)
Johnsburg, Illinois (1:30)
16 Shells From A Thirty-Ought-Six (4:30)
Town With No Cheer (4:22)
In The Neighbourhood (3:04)
Just Another Sucker On The Vine (1:42)
Frank's Wild Years (1:50)
Swordfishtrombones (3:00)
Down, Down, Down (2:10)
Soldier's Things (3:15)
Gin Soaked Boy (2:20)
Trouble's Braids (1:18)
Rainbirds (Instrumental) (3:05)

Esiste un sito in italiano su
Tom Waits, curato da fans del nostro:
www.tomwaits.it


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chairman - 8 giugno 2003




Gualtiero a fine servizio cerca la strada di casa
o quella dell'indice delle registrazioni storiche