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Tim Berne - Diminutive Mysteries - JMT (2 cd) 1993 di Gualtiero Lucarelli Figura di spicco dell'avanguardia newyorkese, Tim Berne è qui autore di un album che risulta praticamente un omaggio al suo maestro-ispiratore, il grande Julius Hemphill, fondatore del World Saxophone Quartet Nato a Syracuse, NY, nel gennaio 1954, cominciò a suonare il sax mentre frequentava il Lewis e Clarck College nell'Oregon, appassionandosi, tra l'altro, al rhythm 'n' blues ed al sound della Motown. Non si interessò particolarmente di jazz fino a quando non sentì suonare Julius Hemphill nell'album Dogon A.D., un lavoro nel quale il rhythm 'n' blues veniva creativamente rivisitato con il rigore musicale del jazz. E fu una folgorazione, cui seguì un'iniziazione, perchè Tim prese lezioni di sassofono da Hemphill e prese a frequentare gli ambienti dell'avanguardia newyorkese. Le sue opere più importanti ed interessanti sono sicuramente Open Coma, uscita nel 2001 per la Screwgun e Science Fiction del 2002, per la stessa casa. Ma, io sono molto convinto dell'importanza del lavoro di cui stiamo parlando. Recentemente la rivista italian Jazzit (anno IV - numero 12) gli ha dedicato un bellissimo speciale a cura di Olindo Fortino che mette rimedio ad una certa mancanza di interesse della critica italiana per questo musicista. "Berne - scrive Fortino - ha la ventura di stare a stretto contatto con Hemphill nel periodo artistico insieme più felice e diffcile del sassofonista texano. Tra il 1975 e il 1977 Hemphill dà alle stampe altri due dischi storici fondamentali, quali Coon Bid'ness e Blue Boyé, mentre sempre nel 1977 forma insieme a Oliver Lake (alto), David Murray (tenore) e Hamiett Bluiett (baritono) il leggendario World Saxophone Quartet." Nel 1979 Berne fondò una label discografica, l'Empire, e cominciò ad incidere coinvolgendo i migliori musicisti dell'avanguardia come Paul Motian, John Carter, Olu Dara, Vinny Golia, Alex Cline, Nels Cline, and Ed Schuller. Secondo Fortino, "The Five Year Plane costituisce fin dal titolo (assai sintomatico) un debutto in grado di sviscerare uno sconcertante rigore estetico-ideologico. Il fatto che in questo, come nei successivi album, sia in azione un sestetto testimonia quanto già elevata sia l'abilità del sassofonista di gestire il suono di un gruppo." Altra tappa importante fu poi Theoretically (Empire 1984) che coinvolse l'allora giovane chitarrista Bill Frisell. Ne venne un disco affascinante, cui Frisell seppe dare un elettronico sapore di viaggi astrali. Da allora, chiusa l'esperienza di imprenditore discografico, Berne incise moltissimo per diverse etichette, a cominciare dall'italiana Soul Note. Trattasi di dischi splendidi (il mio amico Mario Franchini li possiede quasi tutti) ed è difficile scegliere i più riusciti. Fortino mette bene a fuoco le caratteristiche principali di questo interprete: " Ascoltando una qualunque delle composizioni del sassofonista si avverte come una strana sensazione d'intrusione, uno scardinamento di quelle che possono essere le usuali e canoniche concezioni riferite ad un brano di musica afroamericana. Berne è artista tanto visionario e ricco di estro da risultare sempre e comunque imprevedibile." Nell'intervista rilasciata allo stesso Fortino il 1 - 6 - 2002, Berne riconosce tra i suoi ispiratori Anthony Braxton, Roscoe Mitchell, Miles Davis, Greg Osby (questo davvero non me lo aspettavo!), Sonny Rollins, Joe Henderson, Cecil Taylor e Dewey Redman, oltre che, ovviamente, Julius Hemphill. Interessante è anche la dichiarazione sul ruolo particolare giocato dai batteristi nei gruppi diretti dal nostro: "Tutti i batteristi...condividono una formidabile abilità nell'orchestrare le parti scritte per ogni singolo strumento, non si limitano a tenere il tempo", lo smontano e lo dispongono là dove occorre, sono dei veri e propri liberi pensatori. Ritmicamente sono tutti flessibili e in grado di navigare per conto proprio sopra i miei fottuti spartiti." Il disco Diminutive Mysteries presenta una particolarità per certi versi sconcertante (ma è tutto Berne ad esserlo). Infatti vede la presenza della star del jazz facile David Sanborn, che qui sembra davvero dare del suo meglio. Ma sono Herb Robertson ed il chitarrista Marc Ducret ad imprimere all'album, insieme alle geniali trovate del leader, un'impronta del tutto particolare. A mio avviso, un lavoro indispensabile per capire il jazz contemporaneo. track list: 1. Sounds in the Fog (Hemphill) - 8:07 2. Serial Abstractions (Hemphill) - 6:24 3. Out, the Regular (Hemphill) - 5:49 4. The Unknown (Hemphill) - 6:47 5. Writhing Love Lines (Hemphill) - 7:16 6. Rites (Hemphill) - 3:26 7. The Maze [For Julius] (Berne) - 21:18 8. Mystery to Me (Hemphill) - 6:30 musicisti Tim Berne - Sax (Alto), Sax (Baritone) Mark Dresser - Bass Hank Roberts - Cello Herb Robertson - Trumpet, Cornet, Flugelhorn David Sanborn - Sax (Alto), Sax (Soprano) Joey Baron - Drums Marc Ducret - Guitar (Electric) Gualtiero Lucarelli - 30 luglio 2003 |