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The Rolling Stones

out of our heads - cd ABKO/London (edizione originale 1965)


Dicono che la storia infinita dei Rolling Stones sia iniziata in treno.
Mick Jagger e Keith Richards si conobbero un pomeriggio piovoso, mentre tornavano a casa. Keith aveva un sacco di dischi blues sotto il braccio e Mick gli chiese cos'era quella roba.
Lo sciagurato rispose.
Da quel momento il blues non lasciò più Mick Jagger, e Richards comprese che quel ragazzo poteva diventare la sua voce, quella che lui non aveva. Lo capì osservando come parlava, ascoltando il suo accento ed il suo vibrato, guardando le smorfie della bocca e quella lingua da slappate toccare il palato ed accarezzare gli incisivi. Through the past into the show business, prova a dirlo.

Per i patiti dell'astrologia la data ufficiale di nascita del gruppo potrebbe essere identificata con il 12 luglio 1962, ad una certa ora della sera, chissà quale.
Quella volta salirono sul palco del Marquee Jazz Club di Londra Jagger, Richards, Brian Jones, il pianista Ian Stewart, il bassista Dick Taylor ed il batterista Tony Chapman.
Non sappiamo esattamente cosa accadde. Tuttavia, è noto che, in breve, i sets della band divennero esplosivi. Tutta la gente schizzava in piedi a ballare, specie quando al gruppo si aggiunsero Bill Wyman, il bassista, e Charlie Watts, il batterista.
Quest'ultimo era un appassionato di jazz, al pari di Brian Jones, che sapeva suonicchiare clarinetto e sassofono.
Di Wyman si sa un po' meno. Probabilmente gli piacevano il pop e lo skiffle.
In quei mesi The Rolling Stones erano in grado di esibirsi per un po' meno di un'ora con pezzi di Elmore James, Jimmy Reed, Bo Diddley e Chuck Berry.
I concerti erano molto eccitanti, già caratterizzati dal tipico suono sporco della chitarra di Keith Richards, e dalle feline movenze di Mick Jagger.
Non fecero molti soldi. Tiravano a campare.

Potremmo dire di loro pressappoco le stesse cose che Greil Marcus scrisse a proposito di The Band: « Un gruppo rock è un insieme di individui che si uniscono per perseguire qualcosa che nessuno di loro può ottenere da solo: soldi, fama, il giusto suono, qualcosa di meno semplice da esprimere a parole. Ma ciò che nasce da un matrimonio di convenienza, a volte assume un proprio valore. Nasce un'identità che trascende le personalità individuali, ma non le oscura...»
Marcus fece l'esempio dei Beatles, ma quello dei Rolling Stones è ancora più adatto. I Beatles seppero sopravvivere a sé stessi, ognuno trovando una propria strada dopo lo scioglimento.
I Rolling Stones non avrebbero potuto farlo mai. Jagger provò spesso ad evadere con numerosi album solisti e furono tutti fallimenti, o quasi. Richards combinò qualcosa di meglio, ma sfido chiunque a ricordarsi e fischiettare un brano dei suoi dischi a memoria.
Il cocktail Rolling Stones si reggeva, e si regge tuttora (per quanti soprattutto amino l'orrido di queste facce rugose che ancora sudano e si dimenano sul palco, quando sarebbe meglio, anche per loro, vivere da pensionati ed esibirsi, al massimo, in qualche piccolo club con un repertorio tipo Stripped) su una combinazione magica di voce, chitarra, batteria.
Charlie Watts forniva la spinta ritmica; Keith Richards la rendeva liquidamente densa con quel cazzo di accordi sbrindellati, Mick ci metteva un canto vizioso e strascicato, irridente e sfrontato, a volte guerriero ed a volte checca, o quasi.
Ho conosciuto diverse ragazze, e persino donne fatte, che avevano perso la testa per Mick Jagger. Solo Claudio Baglioni, idolo delle liceali italiane, o Rod Stewart, nel mondo anglosassone, poterono competere a quel livello.
E' difficile dire perchè questa eterna faccia da schiaffi sia stata capace di tanto. Certamente era provocatoriamente sexy, dieci volte più di Mc Cartney, cento volte più di Dylan. Forse, perchè simboleggiava più di ogni altro il povero ragazzo di strada diventato principe del rock 'n roll, con quel tanto di satanico che tutte le storie di successo nello show business si portano appresso. E, come tutti i principi, aveva qualcosa di azzurro e qualcosa di nero che scorreva nelle vene.
Eppure, a ben guardare, Mick aveva ben poco del bello e maledetto. L'etichetta si sarebbe adattata molto più facilmente a Brian Jones. Lui nutriva la vera ambizione. Lui era disposto a tutto pur di farcela a diventare la primadonna del rock. Per questo morì in quel modo stupido e scandaloso, tuffandosi in una piscina mentre era in "scimmia". Anita Pallenberg lo aveva mollato per un Keith Richards assai meno pieno di sé e molto più virile.
Jagger gli aveva detto chiaro e tondo che gli Stones potevano fare a meno di lui.
It's Only Rock 'n' Roll non è una frase stupida e rituale, è la verità. Niente più che stronzate. Se ti prendi troppo sul serio, sei finito, anche se, come disse Keith in seguito, devi credere ciecamente in quello che fai.

Jagger non ha mai inseguito il successo a tutti i costi. Gli è semplicemente arrivato addosso. Era un predestinato con tutte le catene del DNA regolate sui tempi that are changin'. Aveva il fisico fatto per durare ed una resistenza innata a tutti gli eccessi, oltre ad una sorta di istinto animale per la sopravvivenza.

Il mago del business dietro a tutti i primi passi dei Rolling Stones fu Andrew Loog Oldham, un pubblicitario che non capiva granche di musica ma, aveva in fiuto sovrumano (un vero cane da trifola) per le tendenze della moda musicale, e non solo.
Oldham stesso ammise poi che, se avesse conosciuto un po' meglio il blues, non si sarebbe gettato a corpo morto sull'affare Rolling Stones.
Fu la sua ignoranza a portarlo a credere che i cinque sarebbero diventati The Big New Thing degli anni '60.
Grazie ad Oldham, i Rolling Stones incisero il primo 45 giri. Era Come On di Chuck Berry. Uscì il 7 giugno del 1963.
Ma Oldham fu anche il responsabile di un misfatto: credette bene di escludere dalla band il pianista Ian Stewart, perchè non aveva il fisico. Lo relegò dietro alle quinte. Lo trovi nei dischi, persino in qualche concerto, mai in primo piano. E' un po' troppo per quella che molti reputano, e non a torto, come una band tra le più genuine della storia del rock.

Nonostante il successo ottenuto in Inghilterra, il primo tour americano fu una specie di fiasco: suonarono davanti a cinquecento persone in stadi destinati ad ospitarne dodicimila.
Ma la voce, ormai, si stava spargendo: questa band è ok, ed ha anche un look molto particolare. Non si sa quanto lo si debba alla mano lungimirante di Oldham, o quanto vi sia stato di spontaneo. Probabilmente le esagerazioni erano di Oldham, ma il gruppo non faticava affatto a rappresentarsi come una banda di sporchi brutti e cattivi, di ceffi che era meglio evitare dopo l'una del pomeriggio.
La celebre rivalità con i Beatles, in fondo degli angioletti rispetto agli Stones, nacque su tale contrapposizione.
Con il secondo 45 giri gli Stones avevano fatto proprio una cover di Lennon & Mc Cartney: If Wanna Be Your Man; il confronto si impone. Non si tratta di decidere quale sia la versione migliore, solo di osservare le differenze. Già allora i Beatles tiravano ad alleggerire il peso dei brani, miravano a qualcosa di esteticamente bello ed etereo; gli Stones sporcavano, rompevano, distorcevano tutto ciò che toccavano.

La discografia degli Stones dei primi anni '60 è un gran casino.
Tutti i primi album furono stampati in versione doppia dalla ABKO/London in America e dalla Decca in Inghilterra, con scalette leggermente diverse.
Out of our heads contiene Satisfaction nella versione americana e non la contiene nella versione inglese, che invece propone Heart Of Stone.
Le recenti ristampe non fanno affatto giustizia, come sostiene Zambellini sul Buscadero. Servono solo a rimpinguare le tasche delle case discografiche.
Sarebbe stato corretto pubblicare l'edizione inglese, della Decca, aggiungendo come bonus tracks i brani in più della ABKO/London.
Niente di tutto questo: hanno semplicemente ristampato le edizioni distinte.
Poi questi signori si chiedono perchè esiste la pirateria e perchè prolifica il fenomeno degli mp3.
In tali condizioni, scaricare brani da internet, o meglio ancora, duplicare cd prestati da un amico, è come spigolare al seguito di Gesù Cristo, sia di sabato che di venerdì, che divaffanculedì.
Perchè sta scritto: " Non si vive di solo pane". Anche di musica, si vive, satanassi infami!

Consiglio l'edizione americana di Out of our heads perchè contiene, per l'appunto, Satisfaction.
L'album non è da considerarsi un capolavoro, ma un ottimo disco sì, il migliore del primo periodo, fino ad Aftermath.
Ascoltandolo, forse si capisce perchè grandi gruppi inglesi dello stesso periodo, come gli Animals di Eric Burdon, Manfred Mann, lo Spencer Davis Group, persino John Mayall & The Bluesbreakers, non riuscirono mai a raggiungere l'Olimpo, anche se erano perfino più bravi degli Stones.
La ragione del successo è tante volte un mistero e tante volte un'evidenza.
Personalmente, nutro da sempre una certa passione per la voce negroide di Steve Winwood ed il suo modo di suonare. Diede il meglio di sé con i Traffic, ma come cantante dello Spencer Davies Group toccò vertici che Mick Jagger se li sogna ancora.
Eppure, Jagger divenne una superstar e Winwood rimase sempre un outsider, come John Mayall, del resto, che comunque pilotò Eric Clapton alla celebrità.

Ecco: riascoltare, od ascoltare per la prima volta, Out of heads potrebbe aiutare a capire tanti enigmi della storia del rock.

Un altro motivo di interesse, indubbiamente, è costituito dal suono particolare che gli Stones riuscivano a produrre con Brian Jones alla chitarra solista.
Francamente, io preferisco Mick Taylor (quello che lo sostituì) a Jones, ed ancora, preferisco Ron Wood a Taylor.
Ma Brian aveva davvero qualcosa di particolare, a flying touch che la band perse con la sua morte.
Lo si può ascoltare praticamente in tutti i brani, ma un occhio a Cry To Me, il celebre hit di Solomon Burke, consente di gustare una leggerezza di tocco da scuola Memphis: impressione rafforzata dall'ascolto di Mercy Mercy e That's How Strong My Love Is, brani pescati dal repertorio di Otis Redding.
I'm All Right fu registrata dal vivo, durante un concerto inglese, e rende in modo efficace la forza di quelle prime esibizioni, con tanto di suono sporco e distorto.

Mick realizzò in questo disco performances vocali da grande soulman.

Questi tutti i brani contenuti nell'edizione originale americana:

Mercy Mercy (Don Covay - Miller)
Hitch Hike (Marvin Gaye - Stevenson -Paul)
The Last Time (Jagger - Richards)
That's How Strong My Love Is (Jamison)
Good Times (Cooke)
I'm All Right (Nanker Phelge)
Satisfaction (Jagger - Richards)
Cry To Me (Russell)
The Under Assistant West Coast Promotion Man (Jagger - Richards)
Play With Fire (Nanker Phelge)
The Spider And The Fly (Jagger - Richards)
One More Try (Jagger - Richards)

Nanker Phelge è uno pseudonimo che nasconde i veri autori, cioè Jagger e Richards.
The Spider And The Fly, uno splendido blues con qualche debito di riconoscenza verso Jimmy Reed, fu riproposto nel celebre concerto semiunplugged di Stripped. L'originale, comunque, non ha davvero nulla da invidiare alla bellissima versione del live.


U.A.W.C.P.M.