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Summertime: come Billie, Ella e Janis esaltarono la musica di Gershwin Il 10 luglio 1936 negli studi di registrazione usati dalla Columbia a New York accadde qualcosa di speciale: Billie Holiday incise Summertime, una delle songs più belle del secolo scorso, accompagnata da Bunny Berigan alla tromba, Artie Shaw al clarinetto, Joe Bushkin al pianoforte, Dick Mc Donough alla chitarra, Pete Peterson al contrabbasso e Cozy Cole alla batterua. Il clarinettista Artie Shaw era un grande dello strumento, oltre che un musicista raffinato. Fungeva, per certi aspetti, da direttore musicale del gruppo che accompagnava Billie. La sua lettura del brano di Gershwin portava un po' indietro nel tempo, a prima dell'era dello swing. Lo stile scelto da Shaw rievocava infatti il jazz che si suonava a New Orleans nei primi decenni del secolo, ed il suo clarinetto riecheggiava il sound di Sydney Bechet. Anche Billie, nell'occasione, seguendo Artie, cantò in stile Crescent City. Tale accentuazione rendeva Summertime un brano dal sapore del buon tempo antico, qualcosa che si era un po' perso negli anni dello swing e della grande crisi susseguente al '29. Navigando in interner, ho scoperto che Summertime è stata registrata, finora, più di 1650 volte. Si va dalle più vecchie registrazioni di Mildred Bailey ad Al Green, dalla freschissima cover della nostra Rossana Casale (anno 2000) alla riedizione classica offerta dalla cantante lirica neozelandese Kiri Te Kanawa, passando ovviamente per decine di nomi illustri e meno conosciuti: da Ray Charles a Sam Cooke, senza contare le innumerevoli versioni solo strumentali offerte da pianisti, gruppi e solisti di tutte le epoche del jazz. Summertime, dunque è uno di quei pezzi alla cui malìa è diffcile sottrarsi. Come molti, credo, lo ascoltai per la prima volta interpretato da Janis Joplin, grazie alla trasmissione radio pomeridiana Per voi giovani, curata da Paolo Giaccio e Carlo Massarini, tantissimi anni fa. La sigla del programma, per chi si ricorda, era Moby Dick dei Led Zeppelin. Fu una folgorazione e per un po' credetti, da buon ignorantone, che la musica e le parole fossero state composte dalla stessa Janis, che allora consideravo una specie di divinità. In realtà, come spesso accade anche quando si prendono le "cantonate" più clamorose, dietro all'errore c'era un fondo di verità, perchè l'interpretazione di Janis Joplin e dei Big Brother & The Holding Company suonava molto diversa da come George Gershwin l'aveva messa sullo spartito. Eseguita come un brano di rock-blues, con le chitarre in primo piano, l'ordito gershwiniano usciva stravolto ed irriconoscibile, anche se manteneva intatto il suo fascino estremo. Il caso volle che i nomi della città di New York e dell'etichetta Columbia ritornassero un'altra volta. L'incisione venne infatti effettuata all?Anderson Theatre sulla seconda Avenue, e stampata dalla Columbia nell'album Cheap Thrills a nome dei Big Brother & The Holding Company. Un disco che non può mancare in ogni collezione . Tra le tantissime interpretazioni memorabili di questo masterpiece, credo sia necessario segnalare quella di Ella Fitzgerald, Dotata da madre natura di una voce più possente e dinamica rispetto a Billie Holiday, Ella aveva anche un carattere del tutto diverso, ottimistico, espansivo, positivo e, last but not the least, salutare. Ella rappresenta tuttora, per molti critici ed appassionati, la voce del jazz per antonomasia e si differenziava da Billie anche per un altro motivo: Lady Day (questo il soprannome che aveva dato il grande sassofonista Lester Young alla Holiday) non aveva mai cantato il gospel e lo spiritual, mentre la Fitzgerald era cresciuta con questa musica e questo impeto nell'ugola, nel cuore e nella testa. La versione fornita da Ella, accompagnata da uno strepitoso Louis Armstrong, è forse la più vicina agli intenti artistici di Gershwin. Risalta come espressione di grandi qualità vocali, per il senso del tempo e del jazz, per una aerea musicalità che sconfina nel meraviglioso. Una volta tanto l'accompagnamento dei violini non guasta, tutt'altro: crea un'atmosfera irripetibile, il giusto pathos. Senza far torto ad alcuno, credo che queste tre interpretazioni di Summertime rappresentino davvero la summa e l'indispensabile. Queste tre donne resero, se possibile, ancora più grande e conosciuta la musica di Gershwin, un musicista di formazione classica, autore di motivi e suites imperdibili come Porgy And Bess, Rapsodia in blue, Un americano a Parigi, il Concerto in fa per pianoforte. Per chi fosse a digiuno di musica classica e restio a gettarsi in ascolti impegnativi per timore di annoiarsi, Gershwin rappresenta, a mio avviso ,l'autore ideale per il grande passo senza farsi troppo male. Anzi, per farsi del bene. Nel panorama degli autori del '900, spesso i più difficili da digerire se si pensa alla dodecafonia, a Hindemith, a Stockhausen e compagnia bella, viene, a mio parere, immediatamente dopo Igor Stravinski, sia per la bellezza, sia per la relativa facilità delle sue musiche. A volte snobbato, ingiustamente, proprio per queste sue caratteristiche "popolari", Gershwin merita un posto d'onore nella Hall of Fame dei grandi autori di musica destinata a durare nel tempo. gm -26 febbraio 2003 |
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