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Manfred Mann
The Manfred Mann Album - Ascot - 1964
(ristampa EMI in cd 1996 in abbinamento a
The Five Faces of Manfred Mann)
Questo album è stato ristampato come cd in abbinamento con The Five Faces Of Manfred Mann del 1965 dalla EMI nel 1996, e per la verità non è il primo album del gruppo, perchè preceduto da una stampa inglese della EMI intitolata, tanto per evitare le confusioni, The Five Faces Of Manfred Mann. Così abbiamo due ellepì originali dal contenuto differente e con lo stesso titolo.
Parte delle incisioni EMI sono comunque contenute in The Manfred Mann Album, ed altre in quello omonimo, sempre della Ascot. I collezionisti di vinile sono avvisati. Ma, probabilmente, queste cose le sanno già.
Riascoltare questa serie di incisioni fa un bell'effetto, anche se, come tutte le cose inglesi di quel periodo, suscita qualche riflessione.
La stragrande maggioranza dei gruppi della perfida Albione nati all'inizio del decennio, inclusi i Beatles e i Rolling Stones, vissero di rendita per qualche anno suonando alla loro maniera, molto carina e accattivante, classici del R&B degli anni '50 e dei primi '60.
I brani originali erano pochi e, generalmente, di valore modesto, Beatles a parte. Qui, per la verità, le cose vanno molto meglio rispetto alla media, perchè si possono contare diversi pezzi dovuti alla fresca vena compositiva di Paul Jones, la voce del gruppo, e dello stesso Manfred Mann. Tra questi spiccano Don't Ask Me What I Say, Without You e What You Gonna Do? - tratti dal primo album insieme alla bonus track Without You. Certo, i brani del repertorio blues americano sono tutta un'altra cosa ma, nell'insieme, gli originali fanno la loro figura ancor oggi.
Manfred Mann fu molto bravo a cavalcare la tigre del blues, più di tanti gruppi che conobbero solo qualche momento di notorietà, e poi sparirono nel nulla.
Pezzi come Got My Mojo Workin' di Muddy Waters e Smokestack Lightinin' di Chester Burnett erano resi in maniera easy goin'. Perdevano intensità e persino un po' di autenticità, ma guadagnavano in fluidità. Non credo che le versioni originali sarebbero mai riuscite ad aprire le orecchie a così tanti fruitori occasionali di questa musica.
Molti divennero appassionati di blues e R&B grazie a Manfred Mann, agli Animals, ai Rolling Stones, al più puro e fedele di tutti al Chicago sound, ovvero John Mayall. Quando, pochi anni dopo apparvero Peter Green e il suo fantastico gruppo, Fleetwood Mac, la strada era ormai spianata per il british blues.
Manfred Mann veniva dal Sud Africa, era appassionato di jazz ed aveva suonato con Hugh Masekela. Si chiamava in realtà Manfred Lubowitz ed era nato nel 1940 a Johannesburg. Cominciò a scrivere articoli con lo pseudonimo di Manfred Mann derivandolo da quello del celebre batterista jazz Shelly Manne. Grazie alla formazione jazzistica, era uno dei tastieristi tecnicamente più dotati tra quelli in circolazione sulla scena inglese. Ma, per la verità, in queste incisioni il suo peso specifico si sente relativamente poco.
La formazione che si ascolta qui ruotava attorno alla splendida voce di Paul Jones, che allora rivaleggiava con Mick Jagger nel vero senso della parola, e vedeva Mike Hogg alla batteria, Dave Richmond al basso, Mike Vickers alla chitarra (ma anche al flauto ed al sax) e Manfred Mann alle tastiere. Poco dopo l'incisione di alcuni singoli, Richmond lasciò, rimpiazzato da Tom Mc Guinness, conosciuto più che altro come chitarrista.
Inizialmente il vero nome del gruppo era Mann-Hogg Blues Brothers. Fu il produttore assegnato loro dalla EMI ad imporre il nome di Manfred Mann per evidenti ragioni di marketing.
Il primo album si apriva con una trascinante Do Wah Diddy Diddy, caratterizzata da quel chorus irresistibile che faceva do waa diddi dididon dididu. Brano già portato ad un certo successo da The Exciters, grazie a Manfred Mann divenne numero nelle classifiche americane, contribuendo alla cosiddetta British Invasion, ovvero alla conquista dei top di vendita da parte di gruppi inglesi.
A me piace molto l'interpretazione di Smokestack Lightining, anche se qui il brano perde il carattere inquietante e drammatico che aveva nella versione di Howlin' Wolf e diventa un'altra cosa.
Un pezzo che si ricorda volentieri è It's Gonna Work Out Fine di Seneca Lee, reso con un arrangiamento molto semplice ed il basso in veste di ritmica.
Rispetto all'ellepi originale, la EMI ci omaggia con due bonus tracks: Mr Anello (di Mann e soci) e Sticks And Stones, di Ike Turner.
Il secondo lp è leggermente inferiore al primo, anche se contiene alcune cose che a quei tempi sembravano autentiche chicche, come She e Can't Believe It di Paul Jones. Le sonorità risultano più "datate" e bisogna essere fans del beat inglese e del british blues per apprezzarle fino in fondo. Io credo, per la verità, che il fenomeno sia alquanto da ridimensionare e che i personaggi di autentica qualità, dal mitico Alexis Korner a Graham Bond, da Eric Burdon all'imprescindibile John Mayall, si possano contare sulle dita di due mani al massimo.
Di sicuro, il Manfred Mann Group, insieme a Spencer Davis, agli Animals ed ai Rolling Stones merita un posto di rilievo in qualunque collezione privata orientata al Rhythm 'n' Blues.
Tutto quello che si ascolta qui è decisamente piacevole e divertente, prodotto con gusto e suonato con una freschezza che ormai si trova solo nei gruppi che suonano per divertimento e non per denaro.
gm - 30 gennaio 2003