Basie incontra Lady Day ed incoraggia gli
shouters
Fu a New York che l'orchestra di Basie scritturò
per qualche tempo Billie Holiday.
Raccontava lei stessa: « Mi misi a
lavorare con Basie per fare un po' di soldi
e per vedere il mondo. Per quasi due anni
non vidi altro che l'interno di un torpedone
e non riuscii a mandare a casa neppure dieci
cents.» (1)
Un'altra celebre testimonianza del
periodo
riporta: « Non è per le tre ore di musica
che vogliamo essere pagati - diceva Count
Basie - Sono le dieci ore di autobus che
ci dovete pagare!»
Certo, viaggiare stanca più di ogni altra
cosa, anche se sei stato seduto a guardare
dal finestrino, pigramente trasportato.
E nelle prime incisioni di Basie il senso
del viaggio si percepisce fisicamente. Jumpin' At The Woodside rispecchia la frenesia di una locomotiva
a vapore lanciata come un missile. Lousiana è un attraversamento di contrade e ricorda
le marchin' band che suonavano per le strade
di New Orleans. Un brano delicato come Katy sembra intriso di spossatezza e della gran
voglia di finire in un letto... per dormire
finalmente un po'.
Ma dopo gli estenuanti trasferimenti, la
giornata lavorativa dei pendolari della musica
doveva ancora cominciare. Scesi dal bus,
i suonatori andavano in un albergo "per
negri", si cambiavano, e subito di corsa
al locale, a prender posto sul palco. Facce
tirate, palpebre pesanti; aveva da passà a nuttata.
Non sempre la musica riusciva a tenere svegli.
Quando il clarinettista si appisolava, il
trombonista gli dava una pacca per richiamarlo
in vita: "tocca a te, Herschel!"
Ed Herschel partiva.
In Blue And Sentimental, se le informazioni sono giuste, l'assolo
di tenore è di Lester Young (indiscutibilmente!),
mentre la parte del clarinetto è affidata
a Herschel Evans, il suo rivale.
I due si intendono, musicalmente, alla
perfezione.
Ma nella vita reale tra i due non correva buon sangue, perchè
Evans era geloso dei successi che Lester
conseguiva. Forse, molto dipendeva dalla
presenza di Billie Holiday.
Lo fece intendere lei stessa scrivendo nel
suo libro: « Una volta mi accusarono
di far la corte a tutta l'orchestra, sostenendo
che questo seminava zizzania. Ma era una
bugia, e lo dissi forte. Non facevo niente
con nessuno della banda, solo con uno e poi
neanche tanto spesso.» (1)
Quell'uno era Lester Young, si sa. «
Per me - proseguiva Billie - Lester era il
migliore del mondo. Amavo sinceramente la
sua musica, ed alcuni dei miei dischi preferiti
sono quelli dove lui è con me a suonare uno
dei suoi splendidi assoli. Ricordo che Herschel
Evans non mi poteva soffrire, perchè tutte
le volte che Basie faceva arrangiare una
canzone per me, io volevo che ci infilassero
un assolo di Lester. Questo riempiva di bile
Herschel, ma non è che non mi andasse come
suonava, solo mi andava di più Lester, ecco
tutto. Lester quando suona canta, racconta;
lo ascolti, e sembra quasi di sentire le
parole...» (1)
Con Basie giravano diversi cantanti, oltre
a Billie: il più celebre era Jimmy Rushing,
uno shouter, un verace interprete di blues
"urlato", eseguito con piglio aggressivo.
I singers si alternavano nella stessa
serata
ed era questo che rendeva eccitante
e vario
lo spettacolo; piaceva sia che s'andasse
nel locale solo per ballare, sia si
volesse
soprattutto ascoltare la musica.
Jimmy era nato nel 1903 a Oklahoma
City in
una famiglia di musicisti. Imparò presto
a suonare il pianoforte, ed anche il
violino,
ed iniziò una vita da nomade, girando
per
gli stati dell'ovest, arrivando fino
a Dallas,
nel sud, e fino in California all'estremo
ovest. Tornato nel Kansas, si unì ai
Blue
Devils di Walter Page, e poi all'orchestra
di Bennie Moten, per finire, come molti,
nella neonata formazione messa in piedi
da
Count Basie, con cui rimase oltre quindici
anni, condivedendo fame (non fama)
e successi.
Scriveva lo storico del blues Paul
Oliver:
«I suoi blues "urlati"
erano
l'ideale per i tipo di jazz che si
suonava
a Kansas City. La sua voce così energica
aveva un piglio travolgente ed egli
la usava
come se si trattasse di uno strumento
musicale
di primo piano. I testi delle sue canzoni
erano mediocri, insignificanti e poveri
di
stile; ripeteva sempre gli stessi versi
ripresi
dalla tradizione...
Jimmy Rushing aveva tutte le caratteristiche
tipiche del cantante di jazz-blues:
cantava
ad alta voce, ballava scuotendo il
suo fisico
massiccio, pronunciava le parole delle
sue
canzoni fuori dalle battute musicali.
Il
suo stile fu imitato da molti altri
cantanti
del Mid West...» (2)
Il libro di Paul Oliver contiene una
miniera
di informazioni introvabili altrove,
ma non
si sfugge all'impressione di un lavoro
parziale
e poco amichevole nei confronti del
jazz.
Tanto per fare un esempio: il nome
di Billie
Holiday non compare nemmeno una volta,
come
se Billie non fosse stata anche una cantante di blues!
Del resto, il giudizio su Rushing non sembra
tra i più equilibrati. In realtà, a prescindere
dallo stile urlato, egli appare, a chunque
lo ascolti, come un musicista affinato, duttile,
sensibile ai contesti.
Le incisioni di Sent For You Yesterday e Harvard Blues, facilmente reperibili nella discografia
di Count Basie, gli rendono giustizia.
Ben altre parole, comunque, ha usato di recente
Luciano Federighi: « nei ranghi dell'orchestra
di Bennie Moten, poi rilevata da Count Basie,
il corpulento Jimmy Rushing gridava blues
e boogie con l'agilità ritmica e melodica
di un sassofonista, in un bel timbro raschiante,
tenorile, ed esibendo quel "lirismo
romantico" che il romanziere Ralph Ellison
(come lui originario della non lontana Oklahoma
City) attribuisce alle sue origini di balladeur e a certo candore ottimistico, visionario,
proprio del nero di frontiera; mentre il
barman cantante Big Joe Turner, sospinto
dal drive folgorante del pianista Pete Johnson, o
circondato da un manipolo di ardenti jazzmen,
levava il suo canto alto e poderoso, saldo
come una roccia, nelle gioiose suppliche
erotiche di Roll 'Em Pete o Cherry Red. Erano i primi blues shouters, gli eclettici
urlatori che avevano nel volume e nella pienezza
di enunciazione un'arma necessaria per sostenere
l'impatto di un accompagnamento strumentale
ampio e veemente.» (3)
note:
(1) Billie Holiday - La Signora canta i blues - edizione italiana Feltrinelli
(2) Paul Oliver - La Grande Storia
del Blues
- edizione italiana Anthropos
(3) Luciano Federighi - Blues On My Mind - L'Epos Società Editrice
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