Feed The Kitty
(Dove è evidente che i treni ebbero
un ruolo
decisivo...)
Lester Young aveva raggiunto Kansas City,
una prima volta, in modo rocambolesco. Lo
raccontò lui stesso. Durante una tournée
in West Virginia con i Blue Devils, l'orchestra
di Walter Page che se la passava piuttosto
male, suonando spesso in locali deserti per
la grande crisi, i musicisti si videro sequestrare
tutti gli strumenti dai poliziotti locali.
"Ci portarono direttamente davanti ai
binari della ferrovia e ci ordinarono di
andarcene - ha raccontato Lester - Lì ci
mettemmo a sedere insieme con degli hobos,
che ci insegnarono il modo di aggrapparci
ad un treno in corsa. Ce la facemmo, arrivando
a Cincinnati: senza soldi, senza strumenti,
stracciati e sporchi. E poi cercammo di raggiungere
St. Louis o Kansas City." (From Satchmo To Miles, di Leonard Feather).
Questo il modo insolito ed avventuroso
di
arrivare nell'unico posto dove, a parte
New
York e Chicago, si poteva sperare in
qualche
ingaggio. Siamo, non dimentichiamolo,
nel
bel mezzo della grande depressione,
dopo
il famoso giovedì nero di Wall Street
nel
'29.
Ma, la storia di Lester Young ha sempre
avuto
dei lati a dir poco inquietanti. A
differenza
di Count Basie, portatore di una visione
ottimistica della vita, e che proprio
su
questo presupposto, seppe trasformare
il
blues, abbandonando il climax lamentoso
del
Delta, espressione del disagio sociale
ed
esistenziale, per proporre una musica
vivace
e sfrontata, Lester fu un individuo
riservato,
rinunciatario, a volte apparentemente
estraneo
perfino alla sua vita ed al suo destino.
Sorprende, quindi, il venir a sapere
che
fu lui stesso a proporsi come tenor
sassofonista
a Count Basie, inviandogli nientemeno
che
un telegramma.
Dopo aver suonato con Bennie Moten,
e poi
in altre formazioni, Lester era tornato
a
Minneapolis, ma non era certo soddisfatto
di come andavano le cose laggiù.
Avendo ascoltato l'orchestra di Basie
alla
radio, mandò a dire che non gli era
piaciuto
- stop - il sassofono tenore - stop
- io
saprei fare di meglio! - stop.
Il buon William Basie fu colpito dalla
stranezza
del messaggio ma, conoscendo Lester
fin dai
tempi dell'orchestra di Moten, si fece
convincere
ad assumerlo.
"Quando Pres venne per la prima
volta
da me al Reno Club a Kansas City -
raccontava
- era diverso da tutto ciò che avessi
mai
ascoltato. Il suo rendimento era costante.
Durante tutti gli anni in cui è stato
nella
nostra orchestra non ha mai avuto una
cattiva
serata. Qualunque cosa gli accadesse
nella
vita privata, non si rifletteva sul
suo modo
di suonare." (From Satchmo di Miles, cit.)
Prima della clamorosa svolta del '36,
anche
la vita di Count Basie non era stata
facile.
Alla morte del bandleader Bennie Moten,
l'orchestra
era passata nelle mani del fratello,
Buster
Moten. Pochi giorni furono sufficienti
per
comprendere che "la musica era
cambiata".
Buster non era all'altezza della situazione.
Molti musicisti se ne andarono ed uno
dei
primi a squagliarsela fu proprio Count
Basie.
In breve ottenne un ingaggio al Reno
Club
e cominciò a radunare qui il nucleo
di quella
che diventerà una delle migliori big
band
della storia del jazz.
Come s'è detto nel titolo del precedente
capitolo, Basie ricevette da Bennie
Moten
una sorta di eredità spirituale: sviluppare
il feeling-blues di Kansas City e portarlo
alle luci della ribalta nazionale ed
internazionali.
Ci riuscì, perchè era l'uomo giusto
per questa
missione del tutto particolare: grandi doti umane,
leader in grado di gestire un gruppo con
tutti gli scazzi e le tensioni che sappiamo
sorgere tra musicisti, un formidabile istinto
musicale, oltre che un pianismo personale
essenziale e moderno.
Il treno partì: è il caso di dirlo.
Moltissimi dei pezzi del repertorio della
band sembravano la rappresentazione di una
potente locomotiva a carbone capace di trainare
un convoglio ad un ritmo infernale. Fu il
train sound per eccellenza.
Se la musica mai dovesse significare qualcosa,
con Basie non dovremmo avere dubbi: fu un
inno al progresso, allo sviluppo dei trasporti
coast to coast, ai rapidi mutamenti nello
scenario agricolo ed industriale. La crisi
del '29 stava passando, poco a poco. E questo
suonava come un invito alla sua gente, al
popolo nero, a lasciarsi alle spalle l'indolenza
e la rassegnazione del bad blues delle paludi
e delle piantagioni, per entrare in un futuro
già alle porte, onde guadagnare riscatto
e dignità.
Ma, al di là dell'ottimismo più roseo ed
ingenuo, la realtà della vita quotidiana
dei musicisti neri di Kansas City, per quanto
migliore di quella altri luoghi, era pur
sempre ai limiti della sussistenza, oltre
che razzialmente ancora discriminata. Non
c'erano, ad esempio, ancora orchestre miste
di bianchi e neri. Tutte le formazioni erano
o bianche o nere. E quelle nere erano peggio
pagate. Al Reno Club Basie prendeva 21 dollari
alla settimana ed i suoi orchestrali ne incassavano
18. Il resto veniva dal "kitty",
cioè il vassoio per le mance, vassoio sul
quale era scritto: Feed the kitty, date da mangiare al micio...
(continua)
Guido Marenco, 2 maggio 2003
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