Mystery Jazz: anni settanta  

Keith Jarrett - Expectations - Columbia 1972

di Guido Marenco

E' difficile sottrarsi, ad oltre trentanni di distanza, al fascino strano ed esotico che emana da queste tracce prese nel loro insieme e non un pezzo alla volta.
Lo stesso Jarrett nel 1999 scrisse una sorta di presentazione, pubblicata poi sul booklet della ristampa in cd. Lamentava che la Columbia avesse ristampato il doppio lp originale non rispettando l'originaria sequenza dei brani. E felicemente salutava il ritorno all'ordine come un atto di giustizia e di rispetto verso la sua musica: "This time I got involved early, and I appreciate its re-emergence in its correct form."
Perchè? Dice Jarrett: "questo album è un'opera unitaria, non un mucchio di tunes. C'è una linea di coerenza che va da Vision a There is A Road...L'ordine è il solo ordine che racconta la storia..."
Sicchè anche noi faremmo bene a non saltare da un brano all'altro, del resto l'ascolto non pone grandissimi problemi.
E' uno dei dischi jazz più belli e riusciti di sempre e devo ringraziare il cielo per il fatto che questo sia stato uno dei primi lp di tal genere ad entrare in casa mia.
Invano, per diverso tempo, cercai qualcosa di simile, non lo trovai neanche nelle successive opere di Jarrett. Il nostro non si ripeterà a questi livelli. Batterà altre strade e farà ottime cose, non c'è bisogno di sottolinearlo, sia con il quartetto europeo che con il trio degli standards.
Ma la magia di questa musica, il suo aroma inconfondibile, il suo non essere nulla di preciso eppure qualcosa di non evanescente e sfuggente, qualcosa che resta per sempre, non si ripeterà, con la stessa intensità.
La mia, ovviamente, è un'opinione strettamente personale sebbene supportata dalla constatazione che siamo in molti a pensarla così.
Carlos Santana, Pat Metheny, Chick Corea, Herbie Hancock, lo stesso Miles Davis avevano fatto, o faranno, qualcosa di simile. Ma nessuno toccherà i vertici di questa poesia. I paragoni sono antipatici, ma trattando di capolavori indiscussi, a me pare che il confronto si possa fare e sia poi da restringere a pochissime altre opere: Kind Of Blue e Miles Ahead di Davis, Abraxas di Santana, A Love Supreme di Coltrane, i grandi dischi di Ellington e di Mingus, Thelonious Monk, Ornette Coleman.
Quando, recentemente, ho espresso un parere leggermente negativo su American Dreams di Charlie Haden avevo, purtroppo inconsciamente, proprio il modello di Expectations come riferimento.
Haden era presente ed era formidabile, anche se a menare la danza, a portare avanti la musica era ovviamente Jarrett, eccezionalmente supportato dal drumming di Paul Motian e dalle percussioni di Airto Moreira. Bravissimo anche il chitarrista elettrico Sam Brown, una meteora...chissà che fine avrà fatto, visto che non s'è più sentito parlare di lui. Ma il sale iodato che conferiva prelibatezza, un sapore del tutto particolare, al piatto era rappresentato dai sax: Dewey Redman al tenore e lo stesso Jarrett che, talvolta interveniva al soprano.
Fantastici ed inarrivabili entrambi.

The track list:
cd 1
1.Common Mama -
2.The magican in you -
3.Roussillon -
4.Expectations -
5.Take me back -
6.The circular letter (for J.K.) -

cd 2
1.Nomads -
2.Sundance -
3.Bring back the time when (if) -
4.Here is a road ( god's river)


Guido Marenco - 19 agosto 2003

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