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Gary Burton & Makoto Ozone - Face To Face
GRP records - 1995
Al primo, ed anche al secondo impatto, questo cd non mi era parso granchè.
Non che fosse "brutto". Tutt'altro, risultava carino e piacevole come una tappezzeria nuova, con tenui colori e fioriture disseminate secondo le misteriose logiche dei frattali. Ma niente di più. Musica da sottofondo, più che musica da ascoltare battuta dopo battuta in dediziosa concentrazione.
Solo che dopo un paio di ascolti distratti, mi sono infine deciso: metto le cuffie, spengo la luce, con il bicchiere pieno di una frizzante bonarda dell'oltrepò pavese ed in bocca un cigarillo spento, lancio il lettore di cd.
L'effetto è rivoluzionario.
Kato's Revenge, la prima track, è una bella sorpresa. Avevo già ascoltato questo brano due volte, ma non ne avevo affatto colto la specificità, lo spessore, l'architettura. Avevo giudicato i due, il vibrafonista di grido ed il pianista giapponese semisconosciuto, come due mestieranti, in grado di dare solo generiche good vibrations rilassanti, squisite, nulla più.
Qui c'è dell'altro. Nulla di straordinario, certo, ma non mestieranti da piano bar. Ce ne fossero di piano-bar che ospitano musicisti del genere.
Purtroppo ne incontri di rado. Succedeva nei film americani degli anni '50 che vai al night e trovi Billy Holiday che canta, accompagnata da Lester Young.
Ecco perchè il cd in questione merita un ascolto di quelli che io chiamo attenti.
Nel campo del vibrafono Gary Burton fu un innovatore straordinario perchè inventò un nuovo sistema di suonare, percuotendo con quattro martelletti invece dei classici due. Ne venne che l'altrimenti detto xilofono poteva suonare quattro diverse note alla volta. Il che, rispetto a tutti gli altri strumenti, con l'eccezione del pianoforte, dell'organo e delle tastiere in genere, che di note ne possono suonare persino dieci simultaneamente, era proprio una decisa affermazione.
Questo spiega l'effetto cascata che si può ammirare anche in questo lavoro, tra l'altro ad altissima qualità di incisione. Una considerazione che viene spontanea, allora, è che Gary Burton sia una sorta di pianista mancato, che usa il vibrafono in modo pianistico.
In realtà, bisogna sempre andare cauti con definizioni di questo genere. Gary Burton è anche un discreto pianista ed esistono prove delle sue performance alle tastiere, ad esempio in Alone At Last, disco Atlantic del 1971, lavoro che viene spesso consigliato come il suo più rappresentativo. Ma risulta certamente più in sintonia con il suo strumento, dal quale ha mostrato di saper ricavare, finora, il massimo possibile.
Il problema rispetto a Gary Burton, mi sembra, piuttosto il seguente: bravissimo sul piano tecnico, non sembra essere riuscito ad emanciparsi dall'influenza di un grande come Bill Evans, rimanendo, quindi, almeno fin qui, nient'altro che un epigono ed un prosecutore dello stile e della poetica di Evans.
In tale contesto, se si conosce a fondo la produzione di Bill Evans, Burton può assumere una certo spazio nella nostra raccolta privata solo perchè ci piace, siamo attirati dalle magie del suo vibrafono e non riusciamo a distanziarci dallo stile inconfondibile di Bill Evans.
Makoto Ozone, dal canto suo, è un pianista dal tocco vellutato e sapiente, un partner ideale per Burton.
Nato a Kobe, in Giappone, il 25 marzo del 1961, approdò presto in America per studiare alla Berklee School composizione ed arrangiamento, e fu qui che ebbe l'occasione di incontrare Burton.
La sua prima incisione dovrebbe risalire ad un disco CBS del 1981, intitolato Makoto Ozone, ma il suo vero esordio nell'Olimpo musicale è da datarsi 1984, quando ebbe la possibilità di incidere in trio con Burton ed il bassista Eddie Gomez.
Apprezzatissimo anche in ambito ECM, cioè nella sfera del jazz più colto e più radicalmente proiettato alla ricerca di un connubio con la musica classica europea, il nostro non ha produzione discografica sterminata, ma non mi stupirei di vederlo presto incidere qualcosa di classico, considerata la maturità interpretativa.
Face To Face ha ottenuto 4 stelle e mezzo di valutazione da All American Music Guide, il che potrebbe dire molto ed anche poco, visto che gli americani, in genere, non hanno uno standard qualitativo di valutazione uguale a quello italiano ed europeo. Usando come scala le cinque stelle, 4½ equivale ad un 9.
Forse troppo davvero. Io sarei per un 8½., ma sono convinto che molti dei critici nostrani non andrebbero oltre il 7½ o l'8.
Certo, chi fosse particolarmente attratto dai tanghi di Astor Piazzolla, qui avrebbe grandissime soddisfazioni.
Laura's Dream dura la bellezza di 10'04" ed è resa in maniera a dir poco straordinaria. Il giapponese Ozone mostra una sensibiltà eccezionale nei confronti di questo tema ed è davvero una gioia per l'anima gustare la sua introduzione. Ma, anche Burton mi sembra dionisiacamente pervaso dal tempo del tango. Evoca immagini felliniane, scenari da balera riminese in autunno che fan venire i brividi.
Ok, il vero protagonista di questo brano è il giapponese, ma l'interplay è seducente, e Burton fa cose, a dir poco, formidabili, ascoltare per credere.
Opus Half, di Benny Goodman, è il classico brano swing che non lasceresti mai. Ozone suona stride con abilità, Burton disegna linee pregevoli. In questa versione del brano manca ovviamente la voce che in origine avrebbe dovuto dare al pezzo un rilievo del tutto diverso alle linee melodiche, cioè il clarinetto.
Per quanto possa incantare per bravura e virtuosismo, il duo mostra in generale questo limite preciso: non potrà mai surrogare altri strumenti ed il loro inconfondibile timbro particolare.
Il che non significa che tali operazioni non s'hanno da fare; ma solo di capire che si tratta di esercizi che rasentano il virtuosismo ed è solo in questa chiave che trovano ampia giustificazione.
Perchè c'è virtuosismo e virtuosismo. Quello dei due nostri amici non è esibizionistico, ma esplorativo. C'è in loro la gioia della scoperta sonora, della ricerca della nota nuova, dello sviluppo diverso, in sostanza, delle cose in più che l'improvvisazione può proporre rispetto all'esecuzione fedele di una partitura scritta.
Il virtuosismo esibizionistico, al contrario, spesso tende ad impoverire i contesti musicali, esasperando gli effetti spettacolari a danno della complessità melodica ed armonica.
In genere presto molta attenzione alle note che accompagnano il cd, specie se scritte di proprio pugno da qualcuno dei protagonisti.
In questo caso è lo stesso Gary Burton a presentare il lavoro, raccontando come la pratica del duo pianoforte vibrafono nacque, molto fortuitamente, al Festival di Monaco nel 1972, in compagnia di Chick Corea.
Secondo Burton la dimensione del duo è molto differente da quella del gruppo con basso, batteria ed altri strumenti perchè costringe al face to face, ad un delivering into a speech, che, per l'appunto, si manifestò grazie all'esperienza con Corea.
L'incontro con Makoto Ozone, del quale Burton sottolinea la perfetta sintonia con ogni genere di musica e partitura, portò decisamente in avanti l'esperimento. Anche quando si presentavano agli show con una formazione più ampia, i due eseguivano qualche pezzo nella formazione ridotta, riscuotendo applausi e soddisfazioni.
Ozone, secondo Burton, ed anche secondo me, è bravino come compositore. I tre brani firmati da lui, ovvero Kato's Revenge, Bento Box e Times Like This, sono intriganti e ben costruiti.
Quest'ultimo, anche se non presenta linee melodiche originalissime (mi sembra di aver già sentito qualcosa del genere in qualche compositore spagnolo), offre tuttavia al duo diverse opportunità di sviluppo.
Burton coglie molto bene l'occasione dando vita ad un assolo affatto scontato, mentre Ozone accompagna con brio e puntualità.
Più convincente Bento Box, tuttavia, per la più marcata intelaiatura jazzistica. O, forse, perchè Burton a sentirla e riprodurla con vigore, colore, energia. Il Face To Face è qui più evidente che altrove nel senso che i due hanno uguale spazio espositivo. Comunque sia, il motivo creato da Ozone ti entra in testa e lo fischietti durante la giornata successiva.
Vertice del lavoro, a mio avviso, sono le riletture di due pezzi famosi di Thelonious Monk, ovvero Monk's Dream e Blue Monk.
In questo secondo brano Burton dimostra di essere davvero in confidenza con il linguaggio del sublime.
Affrontato a tempo medio-lento, in assoluto relaxin', il blues secondo Monk si snocciola con rara maestria, realizzandosi per l'ennesima volta come classico del genere. Questo, signori, è il jazz, e questo è il blues, rifatto in chiave jazzistica.
Certo, può destare qualche perplessità la scomparsa di tutte le scorie e le impurità originali, presenti nel buon vecchio blues di campagna e nel blues riletto da Monk. E' come un vino travasato molte volte prima dell'imbottigliamento. Può diventare talmente puro che non lascia la camicia e non deposita sul fondo. Perde sostanza materiale, diventa trasparenza e luminosità. Perde qualcosa, ma guadagna qualcosaltro. E' una legge di natura, oltre che di musica.
C'è posto per entrambi, vivaddio!
Monk's Dream risulta ugualmente alleggerito, come uscito da una dieta dimagrante a base di Slim Fast (quello vero e non quello del nostro reverendo).
L'operazione è comunque apprezzabile da un punto di vista, per l'appunto, virtuosistico. La bellezza sonora è innegabile. Chi sente, tuttavia il jazz di Monk come questione di pelle, potrebbe risultare un po' deluso.
Dischi e Cd di Gary Burton consigliabili ad occhi chiusi:
Lofty Fake Anagram - RCA -1967
Gary Burton Quartet In Concert (Live) - RCA - 1968
Dreams So Real - ECM - 1975
Astor Piazzolla Reunion: A Tango Excursion - Concord Jazz - 1996
gm - 8 - 10 - 2002