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Aretha Franklin
Aretha Sings The Blues - Columbia - 1980 (ristampato in cd - contenente registrazioni senza indicazione di data)
Uno splendida antologia che documenta parzialmente il periodo meno felice di Aretha Franklin, quello trascorso alla Columbia fino al 1965. Di lì a poco sarebbe infatti passata alle cure di Jerry Wexler all'Atlantic, conquistando un vero e duraturo successo. Il brano più famoso di quella fase fu Today I Sing The Blues, di Lewis & Hamner. Tranquilli: lo troviamo anche qui, anche se, a mio avviso, troviamo anche di meglio. Il materiale è stato scelto secondo criteri misteriosi. Ci sono brani dal vivo, registrazioni in studio, probabilmente delle takes secondarie.
All music guide assegna solo due stelle su cinque a questo disco, uscito postumo nel 1980, e si chiede se Aretha sia una voce blues. Risposta mia: no. E' una voce universale, orientata soprattutto al soul che si faceva negli anni '60. Quindi non è una voce da blues caratteristica . Ma che vuol dire? Devi sempre aver la voce impastata di bourbon e sigarette per cantare il blues, od essere sul punto di schiantare per gli stravizi come Janis Joplin?
Comunque la pensiate, fate una prova: entrate in un negozio e chiedete la cortesia di poter ascoltare dal cd Trouble In Mind la track 5; Muddy Water, la track 6; oppure Nobody Knows The Way I Feel This Morning, la track 11, e poi fatemi sapere cos'è questa roba e cosa avete provato.
Non credo sia possibile rimanere indifferenti se si ha sangue, e non acqua di mozzarella, nelle vene.
Forse, dico forse perchè i brani eccellenti sono almeno sette, e gli altri valgono poco meno, è proprio Nobody Knows The Way I Feel This Mornig il pezzo che suonerà sul vostro lettore fino alla nausea. C'è un hammond assassino che vi tormenterà dall'inizio alla fine, un drumming incalzante, una micidiale miscela di deep soul e blues gridato. E non è che il brano successivo sia peggio: Evil Gal Blues, di L. Feather, introdotto da un giro di piano alla Doctor John, cioè alla Professor Longhair. E' una perfetta sintesi di arrangiamento per piccolo combo con chitarra elettrica ed armonica, ed un retrogusto da orchestra alla Count Basie, coi fiati spianati a mitraglia. Roba che a Montreux si spellerebbero le mani ancora adesso.
Il masterful, per l'estensore delle note di copertina, era Without The One You Love, pezzo composto proprio da Aretha, senza firme aggiunte. Sì, mi piace, ma c'è di meglio in questo cd.
Al tempo di queste incisioni, gli anni '60, la ragazza aveva una bella età (nata nel '42), un feeling da manicomio ed una voce impressionante per la sua limpidezza. Le note di copertina dicono che si accompagnò anche al pianoforte, ma non giurerei sul fatto che in tutti i brani sia proprio lei a suonare. Di solito la accompagnava Ray Bryant e spesso e volentieri si vedeva nei concerti anche Buddy Hackett.
Veniva dal gospel e dallo spiritual, era cresciuta in chiesa, cantando Giisus Giisus al seguito del padre, il reverendo C.L. Franklin.
Misurandosi con questo repertorio profano, da Drinkin Again di Mercer/Tauber a Only The Lonely di Cahn/Van Heusen ( la faceva Sinatra) e Maybe I'm Fool di Mc Farland, si ha comunque netta l'impressione che le giovanili esperienze non siano state vane. Delle churchy singers Aretha aveva mantenuto soprattutto la limpidezza di emissione ed il vigore spirituale.
In sintesi: disco magico ed irripetibile, corroborato da una scelta del repertorio pressochè perfetta.
Io sono dell'idea che Aretha avrebbe potuto cantare anche Fin che la barca va e trasformarla in un capolavoro.
Considerando che di lei si è detta la stessa cosa di Ray Charles, ovvero che cadeva su brani kitsch facilmente, non è ipotesi da escludersi. Però qui i pezzi sono quasi tutti davvero belli. Ecco perchè la miscela è esplosiva. Accompagnatori impeccabili, ultra professionali. Peccato che la Columbia non faccia neanche un nome nelle note di copertina, perchè aveva perso il foglietto con la data ed i nomi dei musicisti impegnati. La ricerca su internet è stata vana.
Dischi così non se ne fanno più, mi spiace dirlo, ma non è solo per la voce ed i mezzi espressivi. Forse, dico forse, Alicia Keys potrebbe arrivarci vicino. Però la scelta del repertorio ed il modo di eseguirlo, quell'arte sopraffina di suonare in souplesse, di sospendere le note e valorizzare i silenzi, le accellerazioni, i break, i cambi di ritmo, ecco .... mi sono spiegato: si stava meglio quando si andava peggio.
gm - 30 gennaio 2003