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The Allman Brothers Band - The Allman Brothers Band - Idlewild South

Beginnings - Capricorn/Polydor


D'accordo, il disco da cercare, da avere, da tenersi stretti fino alla tomba ed anche oltre, è il live al Fillmore East, sic et simpliciter.
Però a me piace remare contro corrente, e quindi dirò che questi primi due dischi in studio, opportunamente raccolti in un'unica antologia, sono, se non meglio, certamente alla pari. Purtroppo, la fama del live, che è diventato luogo comune definire come miglior disco dal vivo del secolo scorso, ha finito con l'oscurare il valore intrinseco di queste registrazioni, una chicca da avere sempre a portata di mano, a casa come in macchina.
Gli Allman furono una grande band. Inventarono un genere, il southern rock e, rispetto a tutte le formazioni che si mossero seguendo le loro tracce (dai Lynyrd Skynyrd agli Outlaws, dai Blackfoot aila stessa Marshall Tucker Band), continuarono a distinguersi per diversi motivi, e non solo fino alla tragica morte di Duane Allman.
Del resto, basta sintonizzarsi su Don't Want You No More, il pezzo di Spencer Davis e E.Hardin che apriva il primo disco, per capire subito a che livello siamo. La musica scorre, "ariosa" ed elegante come una gentildama del Sud con la pelle bianca ed il cuore nero. E' viva e vitale, con punti di incandescenza trattenuta. Se vuoi, lo stile di Gregg Allman all'organo riecheggia i tastieristi british style che dominavano la scena dei tardi '60, da Brian Auger allo stesso Steve Winwood dello Spencer Davis Group. La differenza è che il nostro suonava più blue perchè aveva l'America nelle vene, insieme a quel tanto di colesterolo che veniva dalle bistecche alte tre dita scottate sul barbecue.
Il sound Allman first edition aveva qualcosa di unico: la chitarra di Forrest Dick Betts, la slide di Duane, le percussioni e la voce di Gregg viaggiavano di un buon palmo sopra la media.
Dreams rappresentava il vertice di quell'ottimo primo disco, uscito nel '69 ed intitolato semplicemente The Allman Brothers Band. Durava la bellezza di 7' e 11" che erano un'eternità per un brano in studio. Un pizzico di psichedelia era l'unica concessione alla moda del tempo, un episodio destinato a rimanere del tutto isolato. In futuro le chitarre saranno sempre decisamente più orientate al pulsante vibrato del sud, del blues di Chicago e del soul insegnato nelle primary schools di Memphis e dintorni. Duane Allman aveva, del resto, fatto il session-man per Wilson Pickett, Clarence Carter e Aretha Franklin, per non parlare della assai poco conosciuta esperienza con Johnny Jenkins, assimilando con poca fatica le migliori lezioni possibili sulla piazza. Quanto a Dick Betts, si può solo dire che fu grande sia prima che dopo la scomparsa di Duane. Un brano come Revival gli rende merito anche come compositore e poche tracce dopo troviamo uno dei suoi top, l'immortale In Memory Of Elisabeth Reed.

Come disco Idlewild South aveva qualcosa in più rispetto alla prima uscita e qui è possibile gustarlo nella sua interezza. Era il biglietto da visita del gruppo sulla scena dei '70 e mostrava in modo eloquente che non era affatto necessario scassare i timpani con l'heavy metal per fare rock ed attirare l'attenzione del pubblico.
Il resto parla da sè.

gm - 30 gennaio 2003