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Teatro Giuseppe Verdi - piazza Matteo Luciani, 23
La delibera che avviava di fatto la costruzione del teatro municipale della città di Salerno, poi intitolato a Giuseppe Verdi (1901), si ebbe nel corso del Consiglio comunale del 15 dicembre 1863, essendo sindaco Matteo Luciani. I lavori furono avviati il 1º aprile 1864 dall'impresa dell'appaltatore Vincenzo Fiorillo, sotto la direzione dall'ingegnere capo del Genio civile Antonino d'Amora, progettista, e dell'architetto Giuseppe Menichini. Nel corso dell'opera, al Fiorillo si associarono gli altri appaltatori Bonaventura della Monica e Antonio Avallone. Un quinquennio dopo, il 1º ottobre 1869, i locali furono consegnati a Fortunato d'Agostino, che si era aggiudicato l'appalto per la parte decorativa, impresa nella quale coinvolse, oltre un nutrito gruppo di artisti e tecnici di scuola partenopea, fra cui Pasquale di Criscito, Domenico Morelli, Ignazio Perricci, i figli Gaetano e Matteo e il nipote Ermenegildo Caputo, che sarà padre del più noto Ulisse. Oltre al complesso decorativo del teatro, con soffitto e sipario, la squadra messa insieme da Fortunato eseguì anche le pitture murali e le tele che ornano le sale dell'annesso Casino dei Nobili, poi detto (1935) Real Casino Sociale e infine (1945), semplicemente Casino Sociale. Dopo circa due anni e mezzo anche questi lavori furono completati e il 15 aprile 1872 il teatro fu inaugurato con il Rigoletto di Giuseppe Verdi. L'edificio concepito dal d'Amora è costituito da un corpo di fabbrica lungo sessantacinque metri e largo trentasei che presenta agli estremi corti due appendici simmetriche, di diciotto metri per sei e mezzo, corrispondenti alla zona dell'ingresso e al retropalco. Nelle facciate secondarie, il gioco chiaro-scuro creato dei finestroni e da un loggiato a colonne disposto su due piani, riesce in parte ad attenuare l'eccessivo sviluppo longitudinale dell'edificio. Il prospetto frontale ripropone lo schema neoclassico della Scala di Milano. L'interno, cui si accede dal vestibolo principale, sopraelevato di circa tre metri sul livello stradale, è a struttura lignea tipica dei teatri dell'Ottocento, con quattro ordini di palchi e un loggione. Fra i parapetti dei palchi si notano particolarmente quelli della terza fila, in cui medaglioni riccamente ornati ospitano le effigie di poeti, artisti figurativi, musicisti; si riconoscono Vincenzo Bellini, Domenico Cimarosa, Giovan Battista Pergolesi, Carlo Goldoni, Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Vittorio Alfieri, Torquato Tasso, Dante Alighieri, Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio, Giotto, Leonardo da Vinci, Andrea Sabatini, Benvenuto Cellini, Salvator Rosa e Giuseppe Verdi. Il soffitto (autore Matteo Amendola) raffigura Rossini ad una balaustra con drappo rosso, al centro di una complessa metafora musicale, ove le muse gli fanno da corona procedendo dall'oscurità del fondo e, avanzando tenendosi per mano, si lanciano in un coreografico carosello nel blu di Prussia del cielo. Muse nude o in déshabillé, che scandalizzarono Francesco Saverio Malpica, fratello del più noto Cesare, che le ritenne indecenti e di cattivo gusto per un luogo pubblico. Il sipario (autore Domenico Morelli) raffigura l'epica vicenda della cacciata degli invasori Agareni da parte dei salernitani guidati dal principe Guaiferio (agosto 871), resa dall'autore con tutto l'impeto di un poema eroico, come scrisse Primo Levi. Tornando all'estero e guardando attentamente una delle facciate, si nota una singolare burletta messa in opera da un anonimo decoratore: si tratta della raffigurazione di un putto con il pene in erezione che insegue un suo allarmato confratello. È un particolare che dovette sfuggire al censore delle muse del soffitto. Dal 23 ottobre 2013 il Comunale Giuseppe Verdi è annoverato fra i teatri italiani di tradizione. |
Sopra, locandine. Le prime due relative a rappresentazioni rispettivamente del 13 e del 16 aprile 1931; la terza, del 19 maggio 2022. |