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a cura di Vincenzo de Simone

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Rassegna Storica Salernitana, 42, 2004, pp. 267-273

IL SIGNIFICATO DI ARCHIEPISCOPIO E ALTRE QUESTIONI

 

Il fascicolo 40 di questa «Rassegna» ha ospitato le lodi di un volume sul duomo di Salerno1 fra le quali sono state inserite contestazioni2 a quanto sostenuto dai curatori della seconda edizione di Salerno Sacra3 che molto ho esitato a controbattere, sia perché il loro senso, se non lo scopo, sfugge alla mia capacità di comprensione, sia per non tediare i lettori con nuove diatribe; ma essendo il primo responsabile di quanto si legge alle pagine incriminate4, poiché gli altri curatori si affidarono ai miei studi per le integrazioni delle parti dell’opera riguardanti la città di Salerno, a tutela della loro, prima che della mia, credibilità, mi sono deciso a questo scritto.   

 

1L. Torraca, Un nuovo importante volume sul Duomo di Salerno, in «Rassegna Storica Salernitana», 40, 2003, pp. 275-283.

2L. Torraca, Un nuovo importante volume cit., pp. 275-278.

3G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, 2001.

4G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, pp. 26-28.

L’autore del lavoro in oggetto enuncia due tesi intorno all’antica cattedrale: l’una “secondo cui essa sorgeva nell’area del duomo normanno”, l’altra “che la identifica con il palazzo arcivescovile”; a detrimento della seconda, denuncia l’errata interpretazione di un documento di Ruggero Borsa del 1100 che, scrive, “non significa che la cattedrale era anche la sede dell’arcivescovado, ossia della residenza dell’arcivescovo”.

Ciò che sfugge alla mia capacità di comprensione sono i meccanismi che lo conducono ad addebitare alla seconda edizione di Salerno Sacra l’enunciazione della seconda tesi. Come chiunque ha facoltà di leggere, alle pagine di quell’opera dedicate all’antica cattedrale questa non è identificata con l’archiepiscopio, ma ubicata di fronte ad esso, mentre il documento di cui sopra, che non contiene elementi utili alle problematiche urbanistiche, in nessun modo è interpretato, anzi, essendo del 1100 e quindi non potendosi riferire all’antica cattedrale, ma semmai al duomo normanno, non è citato nemmeno. Di contro è citato un documento del novembre 10645 che in qualunque modo lo si legga, nel proprio contesto o da esso estrapolato, indica sempre la stessa cosa: il luogo in cui fu rogato, ossia in sacro saler(nita)no archiep(iscop)io ante aula(m) s(an)c(t)e se(m)p(er)q(ue) virginis dei genetricis marie. La mia opinione, nella seconda edizione di Salerno Sacra come nel lontano 19916, è che ante si riferisca ad archiepiscopio in relazione alla chiesa, per la qual cosa, avendo certamente quest’ultima l’ingresso verso occidente, relativamente ad essa il palazzo arcivescovile era dallo stesso lato; ma anche ove ante si riferisse alla posizione dei convenuti al rogito in relazione alla chiesa a sua volta compresa nell’ambito dell’archiepiscopio, il risultato è sempre quello: l’antica cattedrale era su parte dell’area ancora oggi occupata dal palazzo arcivescovile, poiché questi almeno dal X secolo è dove lo vediamo7.

 

 

 

5Archivio della badia di Cava (AbC), arca XII 19.

6V. de Simone, L’ubicazione dell’antica cattedrale dei vescovi salernitani, in «Rassegna Storica Salernitana», 15, 1991, pp. 179-184.

 

 

 

 

 

7Per la documentazione che conduce all’ubicazione dell’archiepiscopio in epoca longobarda sulla stessa area ove oggi lo vediamo si veda V. de Simone, L’ubicazione cit.; G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, p. 27.

 

Volutamente, nel paragrafo precedente, i termini “palazzo arcivescovile” e “archiepiscopio” sono stati usati in modo intercambiabile. L’autore dello scritto in oggetto sostiene che i termini episcopium e archiepiscopium non significano soltanto l’edificio in cui dimora il vescovo o l’arcivescovo, ma assumono “prioritariamente e più frequentemente” i significati: dignità episcopale, episcopato; la diocesi soggetta al governo del vescovo; la chiesa cattedrale.

Lungi da me la pretesa di contestare l’autorità degli autori portati a sostegno di tanto, ma vorrei far notare, molto più modestamente, che il valore assunto dai termini in oggetto dipende dal tipo dei documenti che li contengono: è evidente che ove si tratti di diplomi pontifici o regali essi non possono che riferirsi all’ente episcopale o archiepiscopale; ove, invece, si tratti di atti notarili che descrivono situazioni urbanistiche ciò avviene soltanto incidentalmente, riferendosi i rogiti, e non potrebbe essere diversamente, all’immobile. Dato per scontato il senso dei diplomi, vorrei ripercorrere, oltre il già citato del novembre 1064, una serie di documenti salernitani fra X e XIII secolo. Ottobre 9468, è citata una casa posta lungo la strada q(ue) deducit ante episcopio salernitano; marzo 9909, si tratta di una terra vuota ad ortu(m)magnu(m) suptus archiepiscopatu(m) salernitano; febbraio 107110, l’arcivescovo Alfano concede l’esenzione dal potere arcivescovile alla chiesa di San Nicola de la Palma in cambio di cinque libre d’argento pro dirutis edificii ipsius archiepiscopii restaurandis; gennaio 110611, si tratta di terre con case in orto magno que coniuncte sunt a par(te) orien(tis) platee que ducit retro huius civita(tis) archiep(iscop)ii; febbraio 116012, si tratta di una terra con casa fabbricata posta in Orto Magno, confinante con la strada che andando verso settentrione ducit retro obsida(s) s(upra)s(crip)ti archiep(iscop)ii ad utilitate(m) al(ium) usu(m) paupertu(m); giugno 122813, Nicola Caposcrofa, chierico dell’archiepiscopio, vende, p(ro) par(tem) s(upra)s(crip)ti archiep(iscop)ii la parete orientale di una terra vuota con pareti dirute in orto magno subt(us) et p(ro)pe ip(siu)m archiep(iscop)iu(m) et p(ro)pe eccl(es)ia s(an)c(t)i mathei qui pizzolus d(icitu)r; aprile 125114, si fitta una terra con casa della badia di Cava intra ha(n)c s(upra)s(crip)tam civit(atem) [Salerno] p(ro)pe archiep(iscop)iu(m); gennaio 125315, si vende una terra con pareti dirute in orto magno a sup(er) e(t) p(ro)pe archiep(iscop)ium; ottobre 125416, si tratta di due terre, l'una con casa in muratura, l'altra con pareti dirute, la prima in ortomagno a sup(er) e(t) p(ro)pe archiep(iscop)ium, la seconda posta lungo la strada q(ue) ducit iux(ta) ip(siu)m archiep(iscop)iu(m); dicembre 126217, si tratta di una terra con casa sita in Orto Magno iuxta plateam que ducit retro absidas suprascripti archiepiscopii; marzo 127118, la badia di Cava concede a Matteo Iuncatella, presbitero e cardinale hui(us) sal(er)nitani archiep(iscop)ii una terra con casa in muratura confinante a meridione con la via que discernit ab ip(s)o archiep(iscop)io.

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8AbC, arca II 44.

9AbC, arca IV 46.

10AbC, arca magna B 2.

 

 

 

 

11AbC, arca XVIII 1; datazione ab incarnatione di tipo veneto, gennaio 1105. Per i metodi di datazione ab incarnatione si veda in G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, pp. XXXVIII-XXXIX. 

12AbC, arca XXX 33; datazione ab incarnatione di tipo veneto, febbraio 1159.

13Archivio Diocesano di Salerno (ADS), pergamena 129.

 

 

 

14AbC, arca LII 106.

15AbC, arca LII 112; datazione ab incarnatione di tipo veneto, gennaio 1252.

16AbC, arca LIII 25.

17ADS, pergamena non identificata; edita in Codice Diplomatico Salernitano (CDS) del sec. XIII, I-III, 1931-1946, a cura di C. Carucci, I, pp. 303-305. Questo documento manca dall’archivio diocesano, così come dai regesti di A. Balducci, L’Archivio della curia arcivescovile di Salerno, in «Rassegna Storica Salernitana», 1945, pp. 248-341; dovrebbe, quindi, essere andato perduto fra il 1931, anno di pubblicazione del I volume del CDS sec. XIII, e lo stesso 1945. I regesti di Balducci, relativamente alle pergamene, furono pubblicati anche come L’Archivio diocesano di Salerno, I, 1959. Naturalmente, mancando l’originale, quanto riportato è così come lo si legge nel CDS.

18AbC, arca LVI 46.

Due di questi documenti, quelli del giugno 1228 e del marzo 1271, nelle parti ove definiscono i ruoli di Nicola Caposcrofa e di Matteo Iuncatella, così come quando il primo recita p(ro) par(tem) s(upra)s(crip)ti archiep(iscop)ii, evidentemente si riferiscono all’ente archiepiscopio presieduto dall’ordinario diocesano; ma essi stessi in altre parti, così come tutti gli altri, non possono che riferirsi all’archiepiscopio edificio di residenza del prelato, a meno che non si voglia, in modo ben strano, pensare che gli elementi urbanistici citati fossero di fronte, al meridione, nelle vicinanze della dignità episcopale, che tale dignità avesse delle absidi e che fra essa e una certa terra con casa corresse una via. Ben correttamente, dunque, e non potrebbe essere diversamente, nella seconda edizione di Salerno Sacra l’antica cattedrale è ubicata davanti all’archiepiscopio edificio; allo stesso modo ben correttamente, come scrive lo stesso autore del lavoro in oggetto, il de Archiepiscopio aggiunto al titolo della chiesa di San Matteo è inteso come indicativo della sua pertinenza all’ente archiepiscopio, ossia della sedes archiepiscopalis. Allora, ancora una volta, sfugge alla mia capacità di comprensione la natura della contraddizione di cui si accusano i curatori dell’opera19.

  19L. Torraca, Un nuovo importante volume cit., p. 278, nota 11.

Oltre ad essere ben strano che la dignità episcopale avesse delle absidi, mi appare ben strano anche che l’archiepiscopio edificio avesse tali strutture architettoniche, per di più ridotte ad altro uso; così come ben strano mi appare il fatto che all’interno dello stesso edificio esistesse una “sagrestia antica della cattedrale”20. Resto dell’opinione che si trattava di residui dell’antica chiesa vescovile incorporata negli ampliamenti dell’edificio archiepiscopio successivi all’edificazione del duomo normanno e poiché essi appaiono in un arco di tempo che va dal 1160 al 1556 è evidente che l’immobile che li incorporava è sempre lo stesso, ossia quello che ancora osserviamo.

  20Archivio di Stato di Salerno (ASS), Protocolli notarili, 4856, 1555-1556, f. 584, 24 agosto 1556; G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, p. 27.

Che l’ubicazione dell’edificio archiepiscopio in epoca longobarda costituisca ancora uno “spinoso problema” è opinione che non solo cozza con quanto si rileva dalla documentazione da me utilizzata nel 1991, già per se stessa sufficiente a determinarne il sito, come ripeto, sulla stessa area ove lo vediamo tuttora, ma anche con quella acquisita in ricerche successive relative alla chiesa di San Matteo e San Tommaso, poi detta San Matteo Piccolo in Orto Magno o dei Capograsso21. Essa in cinque documenti distribuiti fra il marzo 1040 e l’ottobre 118122 è detta sita a meridione dell’archiepiscopio; al febbraio 105823 è detta sita a settentrione della chiesa di San Gregorio; al giugno 1228, come abbiamo visto, risulta posta vicino ad un terreno a sua volta posto a meridione dell’archiepiscopio; al marzo 127824 confina con le case del giudice Giovanni Capograsso, il padre del quale, Sergio, ne acquisisce la parte di patronato spettante alla badia di Cava; fra il 1515 e il 162625, quando è citata per l’ultima volta essendo stata sconsacrata nel 1616, è detta di patronato dei Capograsso e incorporata alle loro case. Tali case al 2 settembre 158126 risultano confinanti con la chiesa di San Gregorio;  all’11 luglio 158927, quando sono in possesso di Paolo Emilio, sono dette iux(ta) palatiu(m) majioris ecc(lesi)e Sal(ernita)ne; al 175428, essendo in possesso sempre della stessa famiglia nella persona dell’abate Matteo, confinano a levante con il palazzo dei Carrara, a mezzogiorno con la chiesa parrocchiale di San Gregorio Magno e con il canonico Orazio Cavaselice, a ponente con detto canonico e vicolo, a tramontana con la Corte Arcivesco(vi)le di Salerno. Abbiamo, dunque, fra il 1040 e il 1754 una concatenazione di immobili a partire dalla via attualmente dei Mercanti verso settentrione: la chiesa di San Gregorio, attuale museo didattico della Scuola medica; il complesso chiesa di San Matteo case dei Capograsso; l’archiepiscopio, o palazzo della chiesa maggiore, o beni della corte arcivescovile che dir si voglia.

   

 

 

 

 

 

 

 

 

21Di questa chiesa, sotto il titolo di San Matteo Piccolo dei Capograsso, si tratta in G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, pp. 58-61. Naturalmente, essa è da non confondersi con la parrocchiale di San Matteo Piccolo ai Canali, trattata nella stessa opera e volume alle pp. 82-85.

22AbC, arca VIII 84; arca XXVII 57; arca XXXV 9; arca XXXVII 117; arca XXXVIII 1.

23AbC, arca XI 21, inserto del febbraio 1058.

24AbC, arca LVII 53.

25ADS, Visite pastorali. Alla stesura di questo scritto, presso l’archivio diocesano è in corso un riordino dei fondi documentari, per cui non è possibile indicare le collocazioni delle singole buste.

26ADS, Visite pastorali.

27ASS, Protocolli notarili, 4885, 1588-1589, f. 735t.

28Archivio di Stato di Napoli, Catasti onciari, 3946, f. 472, particella 6.

L’antica cattedrale, nelle pochissime citazioni che la riguardano, non è indicata con altro titolo che quello di Santa Maria; a San Matteo de Archiepiscopio29, nei ventotto documenti che la citano, dei quali ventisei relativamente alla colonna delle misure posta nel suo atrio, mai è attribuito un qualsiasi appellativo che possa, anche lontanamente, farla ritenere sede della cattedra vescovile. In questo stato di fatto, l’identificazione di San Matteo de Archiepiscopio con l’antica cattedrale è operazione del tutto arbitraria; altrettanto arbitraria è l’identificazione di San Matteo de Archiepiscopio con la parrocchiale di San Matteo Piccolo ai Canali, poiché quest’ultima, come la quasi totalità dei luoghi di culto cittadini in epoca medievale, non era una proprietà immobiliare dell’ente archiepiscopio (appunto per questo si precisava che l’altra era de Archiepiscopio), anzi non era nemmeno una dipendenza ecclesiastica dello stesso ente, essendo una pertinenza, sia dall’uno che dall’altro punto di vista, della badia di San Pietro a Corte30.

 

29Di questa chiesa si tratta in G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, pp. 28-29.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

30Per le problematiche relative ai conflitti fra gli arcivescovi e gli abati di San Pietro a Corte si veda in G. Crisci, Salerno Sacra cit., I, pp. 88-96.

San Matteo de Archiepiscopio fu, dunque, l’unico luogo di culto fra quelli dedicati all’apostolo ed evangelista ad essere proprietà immobiliare e dipendenza ecclesiastica dell’arcivescovo. Ritengo perché in esso, edificandolo appositamente o reintitolando una precedente chiesa, erano state deposte le spoglie del santo; e ritengo anche che edificandosi il duomo normanno lo si volle innalzare sullo stesso luogo ove era “il sacro deposito”; e ritengo inoltre che demolendo a tale scopo San Matteo de Archiepiscopio si procedette alla ricognizione delle reliquie di cui l’arcivescovo Alfano rese consapevole Gregorio VII che rispose con una lettera del 18 settembre 1080. Significativo mi pare che l’ultima citazione diretta della colonna delle misure posta nell’atrio della chiesa è dell’aprile 1073, mentre nel febbraio 1085, riferendosi al giugno 1033, quando era stata effettuata la misurazione di un  terreno, si precisa che s(upra)s(crip)tis men(su)ris men(surate) fueran(t) ad pas(sum) q(ui) signa(tus) erat in columna marmorea eccl(esi)e s(an)c(t)i Mathei d(e) archiep(iscop)io saler(nita)no31.

 

31AbC, arca XIV 13.

 

Fin qui quanto le mie conoscenze del latino medievale mi permettono di comprendere. Forse più attenti approfondimenti ermeneutici ed esegetici degli stessi testi potranno rivelare a più esperti conoscitori della materia verità che mi sfuggono; mi auguro che intanto si pratichi una corretta lettura dell’italiano corrente nel quale la seconda edizione di Salerno Sacra è stata scritta.

Vincenzo de Simone