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a cura di Vincenzo de Simone

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Rassegna Storica Salernitana, 43, 2005, pp. 259-263

IL LUOGO DETTO «SCOLA SALERNITANA»

 

L’amico Giuseppe Rescigno, nel corso delle ricerche intraprese per la realizzazione del suo più recente lavoro1, si è imbattuto in un luogo sito extra portam San Nicola, ubi vulgariter dicitur la Scola salernitana. Il documento che riporta la citazione, riferita ad una proprietà immobiliare di Giuseppe d’Alessandro, è lo Stato d’anime del 1753 della parrocchia di Santa Maria de Alimundo allegato agli atti per la formazione del catasto onciario cittadino2.

 

1G. Rescigno, Salerno nel Settecento: famiglie e territorio, 2005.

 

 

 

 

2Archivio di Stato di Napoli (ASN), Catasti onciari, 3944.

In realtà, qualche accenno a questo luogo lo si ritrova anche precedentemente, in particolare in una nota del notaio Giovanni Antonio Ferro che narrando di un evento alluvionale, verificatosi il 4 dicembre 1626 nell’area delle chiese di Santa Trofimena e della Santissima Annunziata, lo definisce un delluvio d’acque [che] scesero dalle montagne sopra scola Salerni3; ma trattandosi di accenni  privi di elementi utili alla realizzazione di una ubicazione accettabile, in quanto permettono soltanto di indirizzarsi, troppo genericamente, fuori dalle mura occidentali e lungo il corso del Fusandola, non furono particolarmente considerati. Al contrario, la citazione rinvenuta da Giuseppe Rescigno, essendo inserita nella documentazione preparatoria del catasto onciario, permette di rapportarla all'Apprezzo4 dello stesso catasto

 

3Archivio di Stato di Salerno, Protocolli notarili, 4941, 1626-1627, f. non numerato inserito a inizio protocollo. Delle note su avvenimenti catastrofici lasciateci da questo notaio si tratta, con la trascrizione integrale di due di esse, in V. de Simone, L’eruzione del Vesuvio del 1631 e il terremoto del 1627 nelle note del notaio Giovanni Antonio Ferro, in «Rassegna Storica Salernitana», 42, 2004, pp. 317-321.

4ASN, Catasti onciari, 3946.

Come ebbi già modo di illustrare su queste pagine5, si tratta di un grosso tomo, formato cm. 38x51 circa, costituito da cinquecentoquarantatre fogli, su ciascuno dei quali sono riportate un numero variabile di particelle catastali, numerate nell’ambito di ciascun foglio, rilevate fra il 28 maggio 1753 e il 16 ottobre 1754 sull’allora territorio della città e riportate in modo concatenativo. Le particelle ricadenti nell’area compresa fra il confine con il territorio della città di Cava e le mura occidentali di Salerno, nelle quali si apriva la porta San Nicola, sotto il monastero omonimo oggi ex orfanotrofio Umberto I, sono annotate da parte del foglio 428 a parte del 436.

  5V. de Simone, Lo scrivere senza il leggere, in «Rassegna Storica Salernitana», 38, 2002, p. 235.

La particella 2 del foglio 432 è costituita dalla proprietà di Giuseppe d’Alessandro di nostro  interesse, posta nel luogo detto Cannalone, consistente in un oliveto di dodici moggia, con una costruzione in due bassi e due camere, confinante a levante e tramontana con la via pubblica, a ponente con la vedova donna Anna d’Alessio, a mezzogiorno con beni che sono detti di Gaetano Amendola, in realtà, come vedremo, dei suoi eredi. Il primo esame che feci di questa particella alcuni anni or sono mi indusse a relegarla nell’anonimato, poiché l’Apprezzo la pone alla località ancor oggi denominata Canalone, ove la via uscita dalla porta San Nicola imboccava la Fossa Lupara, senza alcun riferimento al luogo detto la Scola salernitana; ma come altre esperienze insegnano6 preziosi lumi possono venire dalla ricerca storica, in particolare a quella topografica-urbanistica di questa città, dalla moltitudine di documenti mai letti giacenti negli archivi.  

   

 

 

 

 

 

6V. de Simone, Nuove acquisizioni sulla chiesa medievale di Santa Maria de Domno in Salerno, in «Rassegna Storica Salernitana», 28, 1997, pp. 7-21.

La particella 3 dello stesso foglio descrive la proprietà di Serafino Amendola, posta nel luogo detto Santo Leo, consistente in case per sei bassi e sei camere con territorio adiacente di un moggio, confinante a tramontana con la via pubblica, a mezzogiorno con il vallone, a ponente con Giuseppe d’Alessandro, a levante con gli eredi di Gaetano Amendola. La particella 4 rappresenta la proprietà del signor Giovanni Battista del Giudice, patrizio amalfitano, posta nel luogo detto il Giardino della cera, fuori la porta di San Nicola, consistente in case per quattro bassi e cinque camere, con due giardini, uno dei quali “per uso di lavorar cera”, confinante a levante e tramontana con la via pubblica, a mezzogiorno con gli eredi di Gaetano Amendola, a ponente con Serafino Amendola. La particella 5 è costituita dai beni degli eredi di Gaetano Amendola, posti nel luogo detto Bussanola, consistenti in un territorio di cinque moggia e mezzo, con case in sette stanze, confinante a levante con Nicola Longo, a mezzogiorno con la via pubblica, a ponente con Giuseppe d’Alessandro, a tramontana con il signor Giovanni Battista del Giudice. La particella 6, ultima del foglio, è quella del dottor Nicola Longo, consistente in un giardino di un moggio con un basso e una camera, confinante a levante e tramontana con la via pubblica, a ponente con il signor Giovanni Battista del Giudice, a mezzogiorno con gli eredi di Gaetano Amendola.

Fra le particelle fin qui esaminate, quella degli eredi di Gaetano Amendola era la sola a non raggiungere verso settentrione la via oggi Giuseppe Paesano; essa, chiudendo a meridione i giardini del Giudice e Longo, prospettava lungo il lato settentrionale della via Spinosa. Al suo occidente, nel luogo detto, appunto, la Spinosa, si estendeva una seconda proprietà di Giuseppe d’Alessandro di dieci moggia, descritta alla particella 2 del foglio 433, che a sua volta aveva ad occidente una seconda proprietà degli eredi di Gaetano Amendola, descritta alla particella 3 dello stesso foglio, sita nel luogo detto Santo Spirito, quella stessa che abbiamo visto raggiungere verso settentrione la prima proprietà di Giuseppe d’Alessandro, quella posta nel luogo detto la Scola salernitana.

Completa le informazioni sui beni immobiliari dell’area la particella 1 del foglio 433. Essa descrive beni del rev.mo signor Fortunato de Vicariis, patrizio salernitano e arcidiacono della cattedrale, posti nel luogo detto Santo Leo, consistenti in case con trappeto, dieci stanze, giardino e oliveto, confinanti a mezzogiorno e ponente con la via pubblica, a levante con la cortina della città, a tramontana con il castello. Siamo, dunque, al settentrione dell’attuale piazzale San Leo, fra la muraglia della città che vediamo calare dal castello e il tratto volgente a nord della strada, oltre il luogo ove oggi è sovrastata dal viadotto autostradale.

Ritornando lungo il lato meridionale della strada, di rilievo è il fatto che essa costituisse i confini orientali e settentrionali di tre delle particelle che vi prospettavano, fra le quali quella di nostro interesse. Ciò evidenzia che essa, uscendo dalla porta, procedeva in modo sinuoso verso nord-ovest; si tratta di una caratteristica che conserva la via Giuseppe Paesano, erede di quell’asse viario, dallo spigolo sud-occidentale dell’ex orfanotrofio Umberto I al suo ingresso nella località Canalone. Dalla porta, in corrispondenza della prima voluta, possiamo riconoscere la particella Longo; nel gomito della via sull’attuale piazzale San Leo, tenendo conto dell’inesistenza di questi al 1753 in quanto creato dal recente innesto della via Risorgimento, al suo sbocco dalla galleria, con il viadotto Alfonso Gatto, è possibile riconoscere la particella del Giudice; in corrispondenza del rimanente lato meridionale del piazzale e dell’innesto del viadotto si ravvisa l’unica particella prospettante soltanto a settentrione sulla strada e confinante a meridione con il vallone, ossia il corso del Fusandola, quella di Serafino Amendola, posta nel luogo detto Santo Leo; infine, a meridione del primo tratto della strada nella Fossa lupara e ad occidente del secondo tratto, oltre il detto gomito oggi sovrastato dal viadotto autostradale, possiamo individuare la particella di nostro interesse, quella di Giuseppe d’Alessandro posta nel luogo detto la Scola salernitana.

Allo stato delle informazioni in nostro possesso è difficile determinare l’origine del toponimo. Certamente, in un’epoca e per uno spazio temporale non precisabili, nel sito dovette trovarsi un immobile pertinente alla scuola medica; forse semplicemente una proprietà redditizia dell’ente, o forse, ma è bene affermarlo con molta cautela, una delle diverse sedi che molto probabilmente ebbe nel corso della sua storia. 

Vincenzo de Simone