Controcampo
Salerno, 1 luglio 2008
Le chiese
omonime - 5
Le due San Martino
(Vincenzo de Simone)
All’interno di Salerno, fra Medioevo
e metà Ottocento, il Coriariis costituì una vasta area ritagliata nel
Plano Montis, fra le attuali vie Salvatore de Renzi e Torquato Tasso, ad
occidente del largo Scuola Medica Salernitana e di Santa Maria delle
Grazie. Qui insistettero le attività artigiane della concia e della
successiva lavorazione delle pelli e qui sorsero tre luoghi di culto:
San Bartolomeo, San Salvatore e San Martino, che, accanto alla
denominazione generica de Plaio Montis, assunsero quella specifica de
Coriariis.
L’ultima di esse in ordine di citazione, San Martino, compare nella
documentazione giunta fino a noi nel settembre 1060. Già rinvenuta
“diruta, aperta e posta in luogo desolato” nel 1570, il 30 maggio 1575
se ne ordina la sconsacrazione.
Il 3 marzo 1580, ad istanza della Curia arcivescovile, un perito visita
il sito dove era la chiesa “nominata Santo Martino” e dove si vedono
“certe mura dirute”, sotto il giardino del signor Felice Galliciano;
questa indicazione ci permette di ubicare il sito della chiesa nell’area
al culmine dell’attuale via Ferrante Sanseverino, poiché i giardini
della famiglia Galliciano, il Galiziano e il Galizianiello, erano a
monte del giardino della Minerva. Nel 1613 si osservano ancora immagini
di santi sulle pareti, ancorché corrose. L’ultima citazione del “luogo
sotto il titolo di San Martino de correariis” è del 31 marzo 1618.
Intanto, al lato opposto dell’allora città, in Orto Magno, adiacente al
giardino della badia di San Benedetto, il 22 settembre 1531 compare
nelle fonti giunte fino a noi la chiesa di Santa Maria della
Misericordia. Vi si accede nel corso della visita pastorale del 1618 e
si racconta che fu oratorio dei nobili della città, poi la confraternita
fu disciolta e attualmente è unita alla parrocchiale di San Giovanni de
Cannabariis.
Nel 1635 la cappella è trovata “noviter riedificata”, con assenso della
Curia arcivescovile, a cura e spese della confraternita dei bottegai,
dei fruttivendoli e dei venditori di vino sotto il titolo
“dell’Assunzione della Beatissima Vergine Maria”. Nel 1643 si visita
l’altare maggiore con l’icona dell’Ascensione della Vergine; si visita
un secondo altare sotto il titolo di San Martino; se ne osserva un terzo
al momento senza titolo. Nel 1659 lo si troverà dedicato a Sant’Apollonia
vergine e martire. Nel 1663 si rileva che ogni anno si solennizzano le
festività di Santa Maria Assunta, San Martino, Santa Apollonia. Nel 1699
si nota la cupola affrescata con molte immagini sacre. Nel 1727 è detta
“Chiesa di S. Martino colla Confraternita annessa de Bottegari e
venditori di vino”. Nel corso dell’Ottocento sarà detta Sant’Apollonia.
Attualmente è utilizzata per manifestazioni culturali.
Nel 1994, nella pubblicazione Passeggiate Salernitane – La città a porte
aperte, sotto il titolo Chiesa di S. Apollonia, si leggeva: “La chiesa
di San Martino Vescovo, comunemente detta di S. Apollonia, è citata in
un documento del 1060 e ricordata nel 1338 col titolo de coriariis,
ossia dei conciatori”. Successivamente, la pubblicazione di quella
erede, l’attuale Salerno Porte Aperte, continuerà a sostenere che Sant’Apollonia
fu “sede della corporazione dei conciatori”. Soltanto nell’ultimo
quinquennio si limita a riportare che è dell’XI secolo, ma rimane
evidente il perseverare nell’errata identificazione con San Martino de
Coriariis. |