il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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Sant'Anna in San Lorenzo

 

La chiesa che vediamo attualmente è il risultato del restauro effettuato alla metà del Novecento, sotto molti aspetti con mano non felice, della chiesa edificata fra il 1659 e il 1670 nell’ambito della ricostruzione del monastero di San Lorenzo, realizzata dai frati minori riformati che l’avevano acquisito nel 1616. Esso, fondazione di Gisulfo I (principe di Salerno fra il 946 e il 977), compare nelle fonti giunte fino a noi nel 976, essendone abate Nicodemo.

Nel 1059 Gisulfo II lo rende dipendente dalla badia di Montecassino; nel 1242, non vi troviamo più l’abate, ma solo un priore, il monaco cassinese fra Gioele, a dimostrazione di una lenta decadenza che si concluderà con la sua sottrazione ai benedettini ufficializzata con bolla del 9 agosto 1295 di papa Bonifacio VIII che, accogliendo l’istanza di Giovanni da Procida, vi istituisce una comunità di clarisse avente quale badessa la figlia di questi, Giovanna, che, seguita da alcune consorelle, lascia il monastero di Santo Spirito fuori le mura. Poco meno di tre secoli dopo, nel 1589, per effetto della riforma di Sisto V, le clarisse lasciano il San Lorenzo e sono accolte nel Santo Spirito nuovo, per unirsi, poi, alla nuova comunità istituita nell’attiguo e ricostruito San Michele Arcangelo.

L’11 ottobre 1616, nel convento della Croce in Napoli, i frati minori riformati deliberano la fondazione di una casa con infermeria nella città di Salerno; la scelta della sede cade sul monastero di San Lorenzo. Il 16 dicembre viene emesso il decreto favorevole della Santa Sede e il 22 successivo giunge il consenso dell’arcivescovo; lo stesso giorno il vicario generale immette i frati nel possesso dei locali. Il complesso è ricostruito dalle fondamenta su ispirazione dell’instancabile padre Nicolò da Spinazzola, che, tuttavia, non vedrà ultimata l’opera, poiché essa giungerà a compimento soltanto nel 1707 con il completamento dei locali della biblioteca. Alla fine, le celle abitabili saranno settantacinque, con il quarto piano adibito ad infermeria per i religiosi vecchi e sofferenti della provincia. Nel 1779 la comunità conta quarantuno religiosi professi, di cui ventidue sacerdoti.

In seguito alle leggi napoleoniche, il convento è soppresso il 31 maggio 1811. Il 22 dicembre 1813 il Re di Napoli, aderendo alle suppliche dell’arcivescovo Pinto, dispone che la chiesa sia conservata alla pubblica devozione; vi rimangono addetti alcuni religiosi che aumenteranno di numero con la restaurazione borbonica, per cui, anche se giuridicamente soppresso, il convento continuerà ad esistere fino alla legge del 7 luglio 1866. A seguito della nuova e definitiva soppressione il fabbricato è unito al vicino orfanotrofio provinciale maschile Umberto I, istituito nei locali dell’ex monastero di San Nicola de la Palma, e la chiesa adibita all’assistenza religiosa degli allievi.

Il 13 giugno 1954 i frati minori vi fanno ritorno. Un padre della nuova comunità è incaricato della vicaria curata autonoma istituita nella chiesa conventuale con effetto dal successivo giorno 25. Il 9 febbraio 1970 la vicaria curata è elevata a parrocchia.

 

La chiesa è ad unica navata con volta a botte. Sui lati si aprono sei cappelle riquadrate da lesene. Alla fine della navata, lo spazio sormontato dalla cupola è concluso dal coro in cui si innalza il grande altare in marmi commessi, realizzato nel 1780 da maestri campani. Su di esso è collocata l’ottocentesca statua di sant’Anna con la Vergine bambina, particolarmente venerata dai salernitani, posta su una ricca base di legno intagliato a motivi vegetali e volute. Sulle pareti, tra i pilastri che reggono la cupola, contornate da cornici a stucco, sono collocate due grandi tele: sul lato destro, La Sacra Famiglia con sant’Anna e san Gioacchino, attribuito a Francesco di Maria; a sinistra, la seicentesca Madonna col Bambino in gloria tra san Lorenzo e san Francesco di ignoto. Sugli altari della seconda e della terza cappella di sinistra sono collocate le tele settecentesche raffiguranti San Lorenzo e La Visione di sant’Antonio da Padova. Nella seconda cappella di destra si trova L’Immacolata e nella terza San Francesco che riceve l’indulgenza per i fedeli che visiteranno la Porziuncola, senz’altro l’opera più interessante fra quelle presenti nella chiesa, di Angelo Solimena, la cui sigla appare in basso al centro; la tela è databile fra il 1671 e il 1675. Le arcate della seconda cappella sia di destra che di sinistra sono ornate con esagoni dalle pregevoli cornici a stucco in cui sono affrescate scene della vita di san Francesco: L'incontro fra san Francesco e san Domenico e San Francesco che prega, attribuite ad Angelo Solimena.

 

Per saperne di più. G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione postuma a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, edizioni Gutenberg 2001. Sul monastero: III, pp. 26-34. Sulla parrocchia: I, pp. 137-141.