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a cura di Vincenzo de Simone

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            Controcampo Salerno, 1 maggio 2008

Le chiese omonime - 2

Le cinque San Michele o Sant'Angelo (Vincenzo de Simone)

I longobardi ebbero una venerazione particolare per San Michele, l’Angelo per antonomasia, che espressero con la dedica di un numero considerevole di luoghi di culto, sotto i titoli fra di loro intercambiabili di San Michele e Sant’Angelo. Nell’allora città di Salerno, il centro storico attuale, tali siti furono cinque, ma gli storiografi cittadini, ricopiandosi a vicenda come di abitudine, li ridussero a due, accorpandone quattro a due a due e ignorando il quinto.
Nel 1924 Michele de Angelis, sfogliando i volumi del Codex Diplomaticus Cavensis allora pubblicati, notò una chiesa di Sant’Angelo, edificata dai coniugi Guido e Aloara prima del 991, al settentrione della quale correva la via che conduceva alla porta di Elino. Egli, ritenendo addirittura che in città non vi fosse stato che un solo luogo di culto dedicato all’Angelo, identificò il sito con la chiesa di San Michele che ancora vediamo lungo la via omonima, residuo del monastero sotto il titolo di San Michele e Santo Stefano, per cui concluse che la strada che sperava di individuare corrispondesse alla direttrice dell’attuale via San Benedetto; contestualmente liquidò come un errore il fatto che il documento recita che la strada correva a settentrione, non a meridione, come corre la direttrice della via San Benedetto, della chiesa.
In realtà, la Sant’Angelo di Guido e Aloara era sita a meridione dell’area oggi del Santissimo Crocifisso e, quindi, dell’attuale via dei Mercanti, che allora conduceva alla porta di Elino posta al suo sbocco sulla piazza oggi Sedile di Portanova. L’equivoco sarà chiarito soltanto nel 1992, ma ancora qualche storiografo, che scrive senza aver prima letto, non lo sa e continua a credere che il monastero di San Michele e Santo Stefano fu edificato dai coniugi Guido e Aloara.
Nell’aprile 930, in un atto di compravendita, compare Ermetanco, che agisce nell’interesse della chiesa di Sant’Angelo che la sua ava Adelaita aveva edificato nella nuova città salernitana. Nel giugno 940 compare nella documentazione giunta fino a noi la chiesa di San Michele, sita nel vico di Santa Trofimena, che nel 1503 sarà detta de Marronibus. Nel 1964, nella prima edizione di Salerno Sacra, Crisci e Campagna credettero di poter identificare fra di loro i due siti.
In realtà, la Sant’Angelo di Adelaita, poi detta de Plaio Montis, era lungo il lato settentrionale della via oggi Trotula de Ruggiero, poco prima del suo sbocco nello slargo ove vediamo la chiesa di Santa Maria delle Grazie; sarà sconsacrata fra il 1573 e il 1575, quindi scomparirà essendo inglobata in una proprietà privata. Sant’Angelo de Marronibus sarà sede parrocchiale, almeno nominalmente risultante diruta già nel 1834, fino al 1845; oggi sul suo sito, a occidente del vicolo dell’Angelo, alle Fornelle, insistono civili abitazioni.
Della quinta Sant’Angelo, detta de Mare, non è giunta fino a noi alcuna documentazione e la intravediamo soltanto perché il 16 aprile 1309 il terreno sul quale era stata edificata, allo stato vuoto, è ceduto dal Capitolo della cattedrale ai frati agostiniani affinché, utilizzandolo insieme ad altri limitrofi che già possedevano, possano avviare l’edificazione del loro convento, che sorgerà sul sito che poi sarà del palazzo sede della provincia.