il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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San Domenico e oratorio del Santissimo Rosario

 

La chiesa che vediamo attualmente è una ristrutturazione settecentesca del luogo di culto annesso al convento di Santa Maria della Porta; questi sorse fuori dalle mura della città, su terreni adiacenti alla chiesa di San Paolo de Palearea che nel 1272 l’arcivescovo Matteo della Porta concesse ai padri domenicani appartenenti alla Provincia romana affinché costruissero un loro convento. La chiesa fu edificata, come si legge sull’architrave dell’ingresso, nel 1275 per la munificenza della signora Regale della Porta, cugina dell’arcivescovo Matteo, accanto a San Paolo de Palearea, che non fu distrutta per far luogo alla nuova costruzione, tant’è che risulta ancora esistente e posseduta dai domenicani nel 1296.

Nel 1363 la regina Giovanna ordina che il convento sia incluso fra le mura cittadine senza minimamente demolirne alcuna parte, ma facendo in modo che le nuove fortificazioni in costruzione lo cingano senza turbarne la pace.

Quando, il 25 novembre 1807, per effetto delle leggi napoleoniche, il convento viene soppresso e i locali destinati ad ospitare truppe di passaggio, la chiesa è consegnata al parroco dei Santi Eufebio e Massimo. Il 4 dicembre dello stesso anno l’arcivescovo Pinto, con lettera diretta all’intendente, si adopera perché venga sospesa la soppressione per le grandi benemerenze che hanno acquisito i domenicani in città. Il giorno successivo l’intendente scrive al ministro per il culto facendo presente le istanze dell’arcivescovo, del sindaco e della popolazione avverse alla soppressione; in via subordinata si chiede che la chiesa sia conservata al culto con un alloggio per cinque religiosi. Il 30 gennaio 1808 il ministro del culto scrive all’intendente accogliendo la richiesta circa la riapertura della chiesa e l’alloggio; in realtà ciò non avrà seguito. Il 28 luglio l’arcivescovo nomina il parroco dei Santi Eufebio e Massimo curatore di San Domenico. Infine, il 9 agosto, l’intendente autorizza il capitano Mariano del Pezzo a consegnare al detto parroco le chiavi della chiesa e gli arredi depositati presso di lui.

Nel 1818, dopo il concordato fra la Santa Sede e il Regno di Napoli, l’arcivescovo tenta di ottenere il ripristino almeno di alcuni dei monasteri soppressi, primo fra tutti quello di San Domenico; l’esito è negativo. Il 3 maggio 1827 nella chiesa viene trasferita la sede parrocchiale dei Santi Eufebio e Massimo, con giurisdizione sui territori delle antiche parrocchie di San Massimo, Sant’Eufebio e San Grammazio.

 

La chiesa, a navata unica coperta a botte, è scandita in tre spazi in successione: la navata, con quattro cappelle per lato sormontate dagli stemmi delle famiglie che vi ebbero il diritto di sepoltura; il coro, sormontato dalla cupola; il presbiterio, anch’esso coperto a botte, sopraelevato di quattro gradini. L’altare maggiore è in marmi policromi con un ricco paliotto ed è sovrastato da una tela di anonimo raffigurante la Madonna del Rosario con san Domenico, angeli e anime purganti. Pregevoli dipinti adornano gli altri altari, fra questi di rilevante interesse è quello della terza cappella di sinistra, la grande tela cinquecentesca con la Madonna del Rosario tra santa Caterina e san Domenico.

Sul lato sinistro del coro si apre la cappella che nel 1754 i governanti della città vollero far costruire in onore di san Tommaso che, secondo la tradizione, aveva insegnato a Salerno e dimorato nel convento domenicano. Per l’occasione fu commissionata al pittore Francesco de Mura la tela in cui è raffigurato Il dubbio di San Tommaso. Nella sagrestia, sulla destra del presbiterio, in un’ogiva, vi è un piccolo affresco del XIV secolo, di gusto gotico, raffigurante San Domenico che riceve l’aureola dalla Vergine.

 

Esternamente alla chiesa, sul ballatoio, si apre l’accesso all’oratorio del Santissimo Rosario, realizzato in una parte dell’antico refettorio del convento concesso nel 1631 dai domenicani alla confraternita omonima. L’ambiente è diviso in due, chiesa e sagrestia; al muro divisorio è addossato l’altare in marmi commessi del 1842, sovrastato dal quadro della Madonna del Rosario. Sul soffitto, in ventinove dipinti ripartiti in cinque ordini, sono raccontati episodi della vita di Gesù e raffigurati santi e sante. Lungo le pareti, arricchite da affreschi e da una nutrita quadreria, corrono gli stalli in noce destinati alle assemblee dei confratelli. Sulla controfacciata si osserva la cantoria con l’organo.

 

Per saperne di più. G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione postuma a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, edizioni Gutenberg 2001. Sul convento: III, pp. 98-103. Su San Paolo de Palearea: III, p. 98, testo annesso alla nota 1. In generale sulla parrocchia di Santa Maria della Porta e San Domenico: I, pp. 141-157, con paragrafi sulle parrocchie assorbite. Sull’oratorio del Santissimo Rosario: I, p. 157.

 

Oratorio del Santissimo Rosario.

A lato: ingresso. In basso: soffitto e altare.

 

 

 

Chiostro del convento. Almeno fino agli anni trenta-quaranta dell'Ottocento era circondato da porticati costituiti da archi intrecciati oggi non più esistenti, forse distrutti o forse tompagnati. A destra: disegno da Heinrich Schulz, che visitò l'Italia fra il 1831 e il 1842.