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a cura di Vincenzo de Simone

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San Benedetto

 

La chiesa attuale è ricostruzione romanica dell’originaria longobarda annessa al monastero benedettino di cui la prima notizia giunta fino a noi è del settembre 868, quando si cita in Orto Magno una strada che passava a settentrione di San Benedetto.

Il Chronicon Salernitanum riferisce che nell’884 fu distrutto durante una scorreria dei saraceni e che fu ricostruito due anni dopo dall’abate Angelario divenendo in poco tempo un punto di riferimento per la vita religiosa dell’Italia meridionale, tanto da ritrovarsi, nel 938, a capo di tutti i monasteri, chiese e celle benedettine del Principato e delle Calabrie. Nel 1057 ne fu eletto abate Alfano, medico e poeta illustre; egli, divenuto nel marzo dell’anno successivo arcivescovo di Salerno, chiamerà a reggere il monastero Desiderio, gia abate di Capua, poi di Montecassino, che il 24 maggio 1086 sarà eletto papa con il nome di Vittore III.

Da documentazione angioina del 1301, risulta che papa Alessandro IV, regnante fra il 1254 e il 1261, aveva donato ai monaci di San Benedetto, in virtù di diritti non specificati, il suolo sul quale era stato edificato castel Terracena; su quel suolo, quei religiosi edificheranno il loro Castelnuovo (attuale Museo provinciale) ove, il 14 aprile 1412, sarà rogato un atto di donazione di Margherita di Durazzo a favore della cappella di San Giovanni del duomo.

Nel XV secolo inizia il periodo degli abati commendatari, personaggi che, non abitando nei monasteri e spesso non appartenendo nemmeno ad ordini monastici, in genere, salvo qualche rara eccezione, segnano una decadenza della vita religiosa; il primo per San Benedetto è Giovanni d’Aragona che, oltre a detenere altre badie e diocesi, sarà amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Salerno.

Nel dicembre 1581 San Benedetto passa dalla congregazione benedettina dei cassinesi a quella degli olivetani.

In seguito alle leggi napoleoniche, il monastero è soppresso il 13 febbraio 1807 e l’immobile passa all’amministrazione militare. La chiesa è concessa nel 1811 al comune di Salerno per essere adibita a pubblico teatro, prima con il nome di Real Teatro San Gioacchino, in onore di Gioacchino Murat, poi, al ritorno dei Borboni, di Real Teatro San Matteo. Nel 1845 ritorna all’Autorità ecclesiastica e il 27 aprile 1857 è elevata a sede parrocchiale con il titolo del Santissimo Crocifisso, dalla miracolosa croce che vi veniva solennemente ricollocata, con giurisdizione sui territori delle antiche parrocchie di San Giovanni de Cannabariis, che aveva già inglobato Santa Maria de Orto Magno e parte di Santa Maria della Neve, di San Pietro a Grisonte e su parte di quello di Santa Maria de Domno.

Il 7 ottobre 1868 la sede parrocchiale è sfrattata dal comune, che conservava la disponibilità della chiesa, e questa è consegnata all’amministrazione militare e profondamente trasformata per essere adibita a deposito del distretto. Dal 1963 è tornata in possesso della Curia, ha subito un intervento di restauro con un buon recupero delle strutture originarie ed è stata riconsacrata al culto.

 

L’interno della chiesa fu realizzato su modelli romani a pianta basilicale ed è diviso in tre navate da due file di colonne di spoglio e pilastri raccordati da archi a tutto sesto. Al di sopra corre una serie di monofore con cornice in tufo. Fra i due ordini si scorgono, su entrambi i lati, le tracce di alcune arcate della stessa pietra e laterizio e di un arcone che taglia alcune monofore, testimonianza, forse, del tentativo di una trasformazione non completata dell’edificio in chiesa a croce latina. La navata centrale, il doppio delle altre, termina in un’ampia abside semicircolare. All’estremità settentrionale della navata sinistra si scopre una cappella barocca settecentesca coperta a cupola con lanternino.

La facciata presenta un pronao a tre archi a tutto sesto su quattro colonne di spoglio con capitelli corinzi e, a sinistra, i resti dell’antico campanile. L’ingresso era preceduto da un quadriportico contestuale all’edificazione del Castelnuovo distrutto quando fu creata la via san Benedetto, ma di cui si scorge ancora parte del lato meridionale all’interno del museo provinciale e di quello orientale innanzi all’ingresso.

 

Per saperne di più. G. Crisci, Salerno Sacra, 2a edizione postuma a cura di V. de Simone, G. Rescigno, F. Manzione, D. De Mattia, edizioni Gutenberg 2001. Su San Benedetto: III, pp. 7-19. Su Giovanni d’Aragona: I, pp. 254-255. In generale sulla parrocchia del Santissimo Crocifisso: I, pp. 157-170, con paragrafi sulle parrocchie assorbite.

Inoltre. M. Fiore, Le Chiese di Salerno: L’Abbazia e la Chiesa di S. Benedetto, in «Rassegna Storica Salernitana», 1944, pp. 241-248. V. de Simone, Il sito del castello di Terracena, in «Rassegna Storica Salernitana», 32, 1999, pp. 9-21.

 

A lato: la facciata durante il restauro della seconda metà del Novecento.