il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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Nel 268 a.C. i romani deportarono i ribelli picenti, più comunemente detti piceni, nell'ager che da essi sarà denominato picentino, sulle propaggini sinistre della valle dell'Irno. Forse contestualmente, o forse qualche tempo dopo, l'irrequietezza di quella popolazione consigliò la istituzione di un castrum, un campo militare, allo scopo di impedire incursione lungo i passaggi fra le colline, fra i quali quello della Fossa lupara, l'odierno vallone di Canalone, verso l'agro di Nuceria Alfaterna, oggi Nocera Inferiore. Il castrum fu costruito alla sommità della scarpata che attualmente vediamo incombere sui rioni delle Fornelle e delle Galesse, e che all'epoca incombeva anche sull'area dei Canali, a cavallo del tratto iniziale, oggi via Trotula de Ruggiero, del sentiero verso la Fossa Lupara, molto probabilmente dall'attuale largo Abate Conforti verso occidente.

La città nasce nel 194 a.C., in applicazione della legge Atinia di tre anni prima, con la deduzione di una colonia di cittadini romani, in oram maritimam, ad castrum Salerni, ossia sul mare, nei pressi del campo militare che abbiamo visto, già denominato di Salerno, forse dal nome della località risalente addirittura ad un'epoca antecedente la conquista romana del territorio. Rispetto al castrum, la città si colloca verso il mare, fino al meridione dell'attuale via dei Mercanti, e si espande verso occidente, fino al corso del torrente Fusandola, e verso oriente, fino allo sbocco della stessa via dei Mercanti sull'odierno largo Sedile di Portanova. Forse al largo Abate Conforti è istituito il foro, certamente nell'area oggi di San Pietro a Corte sono costruite le terme e oltre le mura orientali è posta la necropoli. Sul tracciato di uno dei passaggi fra le colline si svolgerà la via Popilia che, correndo in medio Salerno, raggiungerà Reggio di Calabria; essa, nel tratto a Nuceriam Salernum usque, sarà riattata prima dal cesare Marco Antonio Gordiano (238), poi da Giuliano l’Apostata (361-363), come testimoniato dalle iscrizioni incise su una colonnina miliare rinvenuta nel 1841 al largo Abate Conforti. La presenza di questa colonnina miliare, il fatto che nel 1879 fu rinvenuto un tratto di una strada giudicata romana fra l’innesto della via dei Canali e i gradoni Madonna della Lama, a circa un metro di profondità rispetto all’attuale selciato della via Torquato Tasso, il fatto che al febbraio 934 compare nella documentazione giunta fino a noi la porta Nucerina aperta all’estremità occidentale della stessa strada, ci dicono che essa fu l’erede di uno di quei sentieri al controllo dei quali era stato posto il castrum e la parte in medio Salerno della via Popilia.

Alla caduta dell'Impero romano d'Occidente con la morte di Romolo Augustolo (476), dopo l'intervallo del regno gotico, la città fu sottoposta al dominio bizantino prima al tempo di Belisario (536-539), poi dalla sconfitta di Totila (552) al 646, quando fu annessa da Arechi I al ducato longobardo di Benevento. Per una valutazione di questo periodo storico importanza rilevante assumono due sepolture rinvenute nelle fondamenta della cappella palatina di San Pietro a Corte, risalenti ad un'epoca intermedia fra la dismissione delle terme e l'edificazione della stessa cappella palatina, quando il sito fu impegnato da un edificio di culto paleocristiano e da un sepolcreto. La prima sepoltura è quella di Socrate, morto il 23 dicembre 497, che testimonia presenze greche in città un quarantennio prima del dominio di Belisario; la seconda è quella della piccola Teodenanda, morta il 27 settembre 566, che testimonia presenze longobarde in piena dominazione bizantina, poco meno di un secolo prima dell'annessione di Arechi I.

Con Arechi II, prima duca, poi principe di Benevento dal 750 al 787, Salerno esce dall'anonimato poiché egli vi trasferisce la capitale dei propri domini e da l'avvio ad una sostanziale revisione, presumibilmente completata dai suoi immediati successori, il figlio Grimoaldo I e Grimoaldo II, dell'assetto urbanistico e delle opere di difesa. La nuova dinastia, iniziata da Sicone, principe di Benevento dall'817 all'832, non ebbe la capacità di tenere unito lo stato: alla sua morte la disputa per il potere fra i figli Sicardo e Siconolfo vide il prevalere del primo con l'esilio del secondo a Taranto. Alla morte di Sicardo (839), mentre a Benevento assumeva il principato il tesoriere Radelchi, a Salerno si insediava il fratello Siconolfo reduce dall'esilio; nell’847 la divisione fra gli ormai due stati fu sancita dall’imperatore Ludovico II. Resasi autonoma, la città, fra alterne vicende, spesso sotto il potere di personaggi effimeri, si avviava verso il periodo di massimo splendore che coincise con il governo della sesta dinastia, iniziata nel 983 dal conte spoletino Giovanni di Lamberto, poi principe Giovanni II, nonno di quel Guaimario IV che, principe fra il 1027 e il 1052, riunì, sebbene per breve tempo, sotto il proprio governo i principati di Salerno e Capua e i ducati di Amalfi, Sorrento, Puglia e Calabria. Con il figlio Gisulfo II, detronizzato dal cognato Roberto il Guiscardo nel 1077, avrà termine il principato longobardo, ma non la funzione di capitale per la città che soltanto dopo il 1127, quando si estingue la linea di discendenza diretta dal Guiscardo, passa a dipendenza di Palermo, divenuta nel frattempo il vero centro della monarchia normanna.

Nel corso del principato di Guaimario IV, accanto all'espansione territoriale e alla conseguente accresciuta influenza politica dello stato salernitano, si ebbe un esplodere della fama della sua Scuola medica, che raggiungerà la massima fioritura fra XII e XIII secolo, ma di cui si hanno notizie a partire dal IX, essendo stata fondata, secondo la leggenda, da quattro medici: un greco, un latino, un ebreo e un arabo, che avrebbero dato l'avvio ad un insegnamento di impostazione laica. Fra i maggiori esponenti dello studio ricordiamo Garioponto, Alfano, Costantino l'africano, Ruggero di Frugardo, Matteo Plateario; fra le medichesse Trotula de Ruggiero, Abella Castellomata, Costanzella Calenda; fra le opere l'Antidotarium, compendio di tutte le ricette della Scuola, e il Regimen sanitatis salernitanum, strumento indispensabile per la conoscenza della medicina medievale. Nel 1224 Federico II fonda a Napoli la prima università di Stato con grave contraccolpo per la Scuola salernitana, ancorché egli stesso la riconoscesse con le costituzioni di Melfi del 1231. L'istituzione, ormai ultramillenaria, sarà soppressa nel 1812 per decreto murattiano; attualmente ne sopravvive il ricordo nella scritta Hippocratica Civitas che sovrasta il logo del comune.

Dall'11 febbraio al 14 luglio 1944 Salerno ritorna al ruolo di capitale ospitando il governo del Sud, prima presieduto da Badoglio, poi da Bonomi, con i sei partiti antifascisti. L'ultimo atto politicamente rilevante che vi si svolge è la svolta detta, appunto, di Salerno con la quale il leader comunista Togliatti si esprime a favore di quel primo governo post-regime rimandando alla conclusione del conflitto la questione istituzionale.