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Palazzo Santa Maria delle Grazie - via Giovanni Ruggi, 26
L'accesso all'immobile si apre sulla via Giovanni Ruggi d'Aragona, ma il prospetto, curvilineo, è sulla piazza Sedile di Portanova, costituendone un elemento caratterizzante. Si tratta delle case che al 1616 troviamo in possesso di Fabrizio Parisio e dal figlio di questi, il canonico Giovanni Francesco, vendute il 7 febbraio 1634 a Donato de Natella, che le dona al figlio chierico Matteo Francesco il 30 maggio successivo. Tornate in possesso del Parisio per una retrocessione della vendita del 16 marzo 1638, gli saranno requisite e, vendute all'asta, perverranno a Sveva de Martino che, morendo nel 1640, le lascia al convento di Santa Maria delle Grazie. All'epoca l'immobile consta di due magazzini, tre botteghe e due piani superiori con loggia coperta; il suo prospetto orientale non si allinea a quello della costruzione adiacente verso meridione, ma risulta arretrato di circa otto palmi; davanti ad esso vi è una tettoia di tegole sostenuta da colonne di legno che, verso mezzogiorno, è chiusa da un muro, che in parte la sostiene, sul quale vi è l’immagine dipinta colla effigie della Beatissima Vergine delle grazie in prospetto di tramontana, con cornice di fabbrica intorno, e detto quadro è alto palmi cinque, largo palmi quattro, con piccolo poggio sotto. Immediatamente a settentrione del dipinto si aprono, sotto la tettoia, due magazzini che al 1754 troviamo in possesso di Simone Franco, il quale possiede anche le case di cui il muro su cui è dipinta l’immagine della Vergine costituisce il prospetto settentrionale. Nel 1769 il convento pretende di costruire un muro che racchiuda il suolo coperto dalla tettoia allo scopo di ampliare le case e le botteghe sottostanti. A tale progetto si oppongono i vicini e il governo cittadino sostenendo che se la tettoia è di proprietà del convento, che la utilizza per la fiera di settembre, il suolo che essa copre è pubblico. La questione viene demandata al tavolario Sessa che, recatosi sul luogo il 4 febbraio, suggerisce che le colonne di legno siano sostituite con pilastri di piperno su cui voltare degli archi sostenenti una loggia che, ampliando di fatto le case del convento, salvaguardi i diritti della città lasciando pubblico il suolo sottostante. Tale loggia, però, non dovrà raggiungere, verso meridione, il muro sul quale è dipinta l’immagine della Vergine, ma dovrà concludersi ad una distanza atta a non creare soggezione reciproca con le case già di Simone Franco, intanto passate al nipote Gennaro, che su quel muro hanno finestre. In realtà, nel corso del tempo, il suolo conteso sarà comunque inglobato nella proprietà con la chiusura degli archi voltati sui pilastri ideati dal tavolario Sessa, mentre una costruzione successiva, davanti ai magazzini già concessi a Simone Franco e sulla verticale corrispondente, verrà a creare la cappella di Santa Maria delle Grazie. |
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