Serluca |
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Palazzo Galise - via dei Mercanti, 59
Si
tratta di un immobile dalla storia proprietaria estremamente lineare. Al 1533,
presumibilmente in una configurazione architettonica frammentaria,
sull’area insisteva Casa Serluca, confinante a occidente con Casa Maza, che
l’anno successivo sarà acquistata da Ludovico Pinto entrando a far parte delle
proprietà Pinto, che saranno poi trasformate nel palazzo che oggi osserviamo. Nel 1564 Casa Serluca è descritta
come costituita da più vani terranei, mezzani e superiori, con pozzo e giardino;
nel 1592, nell'inventario dei beni lasciati da Paolo Serluca, come una casa
grande, con cortile, orto e diversi membri; nel
1615, come una casa grande, con due appartamenti, uno inferiore con giardino
e uno superiore; nel 1657, nell’inventario dell’eredità lasciata dei coniugi Matteo Serluca
e Giulia Santomango, patrizi salernitani, fatto ad istanza del curatore
delle figlie Isabella e Vittoria,
l’immobile è descritto come una casa grande, con cortile, due
appartamenti, giardino, due pozzi, stalla, cellaro e altri vani.
L'8 maggio 1671 Francesco Galise prende possesso di Casa Serluca, da lui
acquistata all’asta. L’anno successivo interviene una convenzione fra lo stesso Francesco
e Giovanni Angelo de Vicariis, che possiede la casa palaziata verso oriente,
la
quale ha bisogno di essere rafforzata con vottanti di fabbrica verso
ponente, a copertura della strettola
pubblica che la separa dall’ex Casa Serluca, andando ad addossarsi a
quest’ultima. L'esecuzione di tali lavori porterà alla realizzazione del vicolo coperto
che osserviamo. In realtà, la copertura del vicolo sarà acquisita dal Galise
che l'ingloberà nella sua proprietà. L'11 giugno 1702, Francesco Galise dona l'immobile al
venerabile oratorio del terz'ordine di san Francesco, eretto nella chiesa
del monastero di San Lorenzo dei padri riformati, e al conservatorio di
Monte Vergine.
Nell'Apprezzo del Catasto onciario (foglio 467, particella 4),
il 30 gennaio 1754, il palazzo risulta
in possesso di Ottavio Ferraro (evidentemente per concessione enfiteutica
degli enti religiosi di cui sopra) ed
è descritto come sito in parrocchia di San Gregorio, consistente in un cellaro, cortile, giardino, due
appartamenti per 20 stanze e due bassi, confinante da levante con vicolo, da
tramontana con la via Regia, da mezzogiorno con altro vicolo, da ponente con
beni di Matteo Pinto.
L'Ottocento vedrà
l'immobile in possesso della famiglia Pizzuti.
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