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a cura di Vincenzo de Simone

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della Calce

 

d'Avossa

 

Palazzo d'Avossa - via delle Botteghelle, 11

 

La vasta area di spazio urbano su cui insiste Palazzo d'Avossa compare nella documentazione giunta fino a noi nel primo quarto del Cinquecento, quando vi possedevano case le famiglie de Iorno, Correale, de Riso, de Ruggiero, de Villano. Nell'area insisteva anche la cappella di San Nicola degli Aversano, antico patronato di quella famiglia patrizia. Nel corso di quel secolo, altre famiglie appaiono aventi immobili nell'area, senza, però, che sia possibile determinarne le epoche di inizio dei possessi; si tratta dei de Ogeda, baroni di Sant'Arsenio, dei Coduto, dei Pinto e altri.

Il 23 aprile 1591, il signor Orazio de Ogeda cede a Bernardino Genovese di Castiglione una casa in diversi membri e cortile, magazzini, lavatoio e  pozzo, in parrocchia di Santa Maria di Capo Piazza, confinante con beni dei Pinto, con beni dei Coduto, con la chiesa (San Nicola degli Aversano) che sta sotto l'astrico di dette case e con due vie pubbliche, incontro le case del signor Giovanni Antonio della Calce. A questo primo nucleo di case i della Calce aggiungeranno la stessa proprietà Ogeda-Genovese (descritta nel 1641 come una casa grande palaziata in più membri, con supportico grande, pozzo, magazzino grande, cellaro piccolo, stabulo e altro, a Capo Piazza, in parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, confinante da levante con strada pubblica, da mezzogiorno similmente, da ponente con i beni Coduto, da settentrione con beni di Michele della Calce e la strada pubblica) acquistandola all'asta, il 9 ottobre 1688, in danno del conservatorio di Santa Caterina da Siena, al quale era pervenuta in due soluzioni: l'appartamento inferiore per legato del fu Francesco Sabbatino del 6 luglio 1656, al quale l'aveva venduto la fu Laura Durante, vedova di Teodoro Genovese e tutrice dei suoi figli, l'8 agosto 1634; l'appartamento superiore per donazione del 26 marzo 1684 del rev. d. Matteo Gagliano, che l'aveva acquistato il 31 dicembre 1643.

Negli anni a seguire, i della Calce acquisiranno le altre proprietà dell'area, tant'é che nell'Apprezzo del Catasto onciario, il 18 febbraio 1754 (foglio 496, particella 2), i loro beni, siti in parrocchia di Santa Maria dei Barbuti, in possesso di d. Prospero, patrizio salernitano, sono descritti come una casa palaziata nella quale si entra per quattro portoni: per il primo in un cortile con cinque bassi e undici stanze superiori; per il secondo in un cortile con un basso e otto stanze superiori e altre sei laterali alle dette; per il terzo in un cortile con sei stanze sopra; per il quarto nell'abitazione nobile consistente in tre rimesse, una stalla, una cantinella e sopra due appartamenti per dieci e per trentaquattro stanze e quattro botteghe nella strada pubblica: Confinante da levante, tramontana e mezzogiorno con strade, da ponente con strada e altri confini.

A Palazzo della Calce, nel gennaio 1748, si riposarono Carlo VII e Maria Amalia di Sassonia durante il loro ritorno a Napoli dalla riserva di caccia di Persano.

Il 14 marzo 1786, risulta che vedova di d. Prospero della Calce era stata Beatrice Pagano che morendo aveva istituito eredi sulla casa palaziata di Capo Piazza per metà Violante ed Enrico Lembo, suoi figli di primo letto, e per l'altra metà Antonio e Alberto Pagano, suoi fratelli. In seguito, donna Violante rilevò le quote degli altri eredi; quindi, il 6 ottobre 1785, vendette tale palazzo ai fratelli rev. d. Diego, rev. d. Gennaro, Domenico e Michele Avossa, originari di Capriglia, allora casale della città di Salerno, figli di Saverio e di Letizia Pergamo.

Sul finire dell'Ottocento ospiterà la sede della Banca fra Commercianti e Industriali e l'Archivio Provinciale. 

 

 

 

 

 

 

 

Il Manoscritto Pinto (Biblioteca Provinciale di Salerno, manoscritto 19) dello stemma della Calce, osservato al palazzo di via delle Botteghelle, allora salita di Capo Piazza, non riporta lo scudo, ma solo l'aquila bicipite cui esso era accollato. Il disegno in figura 1 ha fatto ritenere che il ramo specifico dei della Calce patrizi di Salerno dal 1627 innalzasse quell'insegna e che essa fosse stata lasciata sull'immobile, figura 2, dagli acquirenti Avossa. In realtà, come ci scrive il dottor Giovanni Maria d'Avossa di Bergara, così non è, poiché quello che si vede sul palazzo è lo stemma della sua casata descritto come d'azzurro a due leoni d'oro affrontati e tenenti tra le zampe posteriori due ossa d'argento in croce di S. Andrea, sostenuti da tre monti all'italiana di verde e sormontati da tre stelle d'oro poste 2 e 1, mentre lo stemma dei della Calce è di azzurro alla Sirena al naturale con la coda bifida sul mare dello stesso e capo d'oro con aquila imperiale.       1 2