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a cura di Vincenzo de Simone

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Palazzo Copeta - via Trotula de Ruggiero, 27

 

Secondo una delle tante leggende metropolitane che affliggono la storia salernitana, Palazzo Copeta sarebbe stato edificato sull'area dell'antico cimitero del monastero di Santa Maria delle Grazie. Naturalmente, così non è, intanto perché i monasteri non avevano cimiteri esterni, ma i frati venivano sepolti sotto le chiese, poi perché fin dalla fondazione dell'ente monastico, qui vi erano sue case facenti parte delle due donazioni, del 18 marzo e del 25 settembre 1506, del reverendo d. Filippo Marotta. Egli, mentre con la prima donava case da demolirsi per la costruzione della chiesa e del monastero, con la seconda donava la sua casa di abitazione, allo scopo di costituire una dotazione redditizia del monastero stesso, con patto di continuare ad abitarvi fino alla morte e con il diritto riconosciuto di essere sepolto nella chiesa da costruirsi, cosa che avverrà nel 1518.

Il 7 maggio 1752, la casa di Santa Maria delle Grazie esistente sull'area che sarà di Palazzo Copeta è descritta in due appartamenti con giardino, sita vicino lo stesso monastero, confinante da settentrione con la strada pubblica, con il vicolo pubblico che la divide dal monastero da ponente, con il palazzo del signor d. Ramiro de Ruggiero da mezzogiorno (quello che oggi chiamiamo Palazzo Conforti), con il largo di sopra la chiesa parrocchiale di Santa Maria dell'Olmo detto il Montone da levante.

Nell'Apprezzo del Catasto onciario, l'8 marzo 1754 (foglio 520, particella 5), la casa, sita in parrocchia di Santa Maria de Alimundo, è descritta in due bassi con otto stanze sopra e giardino; questo perché uno dei due appartamenti, esattamente quello a confine con il palazzo de Ruggiero intanto passato in proprietà degli Alfano Pallante, era stato venduto a d. Gerardo Copeta.  

Il 18 novembre 1759, il monastero vende allo stesso d. Gerardo la parte restante della casa, compreso una casalina diruta con cortile sulla quale gravava un censo enfiteutico a favore della chiesa parrocchiale dei santi Eufemio e Massimo. Il 15 marzo 1762, d. Gerardo compra la casalina e il cortile affrancandosi dal censo. Il 1° maggio successivo, il palazzo che vediamo risulta in costruzione.

L'ultima traccia della presenza dei Copeta nell'immobile è del 10 ottobre 1842, quando vi muore. cinquantottenne, donna Rosa, nubile, gentildonna, figlia dei furono d. Gerardo e donna Carmela Torelli. 

 

 

 

varianti dello stemma Copeta

 

 

 

 

 

 

 

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Negli anni cinquanta del Settecento, allestendosi gli interni della chiesa della Santissima Annunziata Minore, che sarà aperta al culto il 29 maggio 1758, la famiglia Copeta ottenne il patronato della terza cappella di sinistra ponendovi il proprio stemma [figura 1 a lato]: si tratta di uno scudo accollato ad un'aquila bicipite  timbrata dalla corona di patrizio, il che smentisce quanto da più parti si legge, secondo cui i Copeta non avrebbero avuto origini nobili. Lo stesso stemma [figura 2 a lato], con la variante di avere nella parte bassa tre bande rosse in luogo delle tre sbarre che si osservano nella cappella gentilizia, si vede sul soffitto dell'androne del palazzo, questa volta timbrato da un galero nero che in molti, nell'arte di copiarsi a vicenda, scambiano per un contrassegno vescovile. Si tratta invece di un galero da vicario capitolare e certamente non si riferisce, come anche qualcuno scrive, a Biagio Antonio Copeta, vescovo della diocesi di Motula dal 1719 al 1727, che non si capisce come potesse lasciare il proprio stemma su un palazzo iniziato a costruirsi nel 1762.