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Palazzo Arcivescovile - via Roberto il Guiscardo, 2
La diocesi di Salerno entra nella Storia nella seconda metà del V secolo con il primo vescovo, san Bonosio. Il suo ventitreesimo successore, Bernaldo (843-855) sarà protagonista di un curioso episodio: regnando i principi Sicone e Pietro (849-855) si ritenne offeso dall’ospitalità da questi accordata ad un capo musulmano proprio nella casa ove egli era solito dimorare. A seguito di ciò lascia la città e raggiunge Roma, ove si trattiene per un periodo non precisabile. Pregato dagli stessi principi, dal clero e dal popolo, ritorna a condizione che venga costruita una nuova sede vescovile. Questa, forse, l'origine del palazzo che vediamo e che dal 983, essendo presule Amato I (982-993), sarà sede degli arcivescovi salernitani, essendo stata la diocesi elevata al rango di arcidiocesi. In ogni caso, una corposa documentazione distribuita fra il 971 e il 1185, descrivendo il tessuto urbano a settentrione della chiesa di San Gregorio, ci dice che all'epoca l'archiepiscopio era dove lo vediamo tuttora. Nel dettaglio, i documenti ci dicono che all'occidente della chiesa di San Gregorio correva una via verso settentrione, percorrendo la quale, al suo oriente si incontravano in successione un terreno sul quale era edificata la chiesa di San Matteo e San Tommaso, le case intorno al cortile del conte Alfano, un'altra chiesa sotto il titolo di Sant'Andrea detta de Orto Magno; mentre all'occidente si osservava un terreno che nel 990 è detto posto a meridione del palazzo arcivescovile. Con l'edificazione del duomo normanno (1080-1084), l'archiepiscopio si espande inglobando l'antica cattedrale posta al suo oriente, ove, nel 1160 e nel 1262, percorrendo l'attuale via Antonio Genovesi, si osservavano quelle che sono definite le absidi dell'archiepiscopio ridotte ad altro uso, che altro non potevano essere se non le abside dell'antica cattedrale, documentata al 1064 ad oriente del palazzo arcivescovile, posta sul suo stesso asse est-ovest; a conferma dell'operazione, nel 1556 si cita una sagrestia antica della cattedrale sita all'interno dell'archiepiscopio. Come è ovvio, il palazzo ha subito numerose trasformazioni, adattamenti e restauri, spesso invasivi, nel corso dei secoli. Già nel 1071, prima ancora della fagocitazione dell'antica cattedrale, l'arcivescovo Alfano I destinava cinque libbre d’argento ai restauri. Inagibile lo trovò Girolamo Seripando (1554-1563), tanto da essere costretto ad abitare per un biennio a Palazzo Guarna. A inizio Settecento vi pose mano Ferdinando Sanfelice. L'aspetto attuale del fronte verso lo slargo su via Duomo è degli anni Cinquanta del Novecento, essendo arcivescovo Demetrio Moscato. |
Palazzo Arcivescovile, Cappella di Nona. |
Dal prospetto verso lo slargo su via Duomo si accede ad un ambiente caratterizzato dalla presenza di sei colonne uguali fra di loro, sormontate da capitelli con esse coerenti, anch'essi fra di loro uguali. Si dibatte se si tratti di residuo di un tempio romano preesistente all'archiepiscopio, forse dedicato alla dea Pomona, o di colonne di spoglio provenienti dal tempio della Pace di Paestum. La considerazione da farsi è che i materiali di spoglio furono riutilizzati in città in modo molto raffazzonato, senza tener conto di coerenza fra basi, fusti e capitelli, senza cercare elementi uguali fra di loro in ciascuna realizzazione, ma utilizzandoli così come capitavano sottomano. Esempi di tale modo di procedere, soltanto per citarne due, sono il duomo normanno e il porticato su via Roberto il Guiscardo dello stesso palazzo arcivescovile. Almeno singolare appare, dunque, che per la realizzazione di questo ambiente, che pare non fosse altro che la scuderia dell'archiepiscopio, ci si sia preoccupati di utilizzare sei colonne uguali, con i propri capitelli, andandole a prendere a Paestum, nell'antica sede episcopale di un'altra diocesi, forse quando Paestum non si sapeva nemmeno ove fosse in mezzo alle paludi. Le colonne pestane e quelle salernitane sono certamente coeve (II-I secolo a.C.) e simili per materiale e lavorazione, forse attribuibili a maestranze che operarono in tempi successivi nelle due città. |
In alto: Louis Jean Desprez, anni ottanta del Settecento. In basso: Pierre Louis de la Rive, circa 1805. |
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