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a cura di Vincenzo de Simone

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Nicola Abbagnano (15 luglio 1901 – 9 settembre 1990), filosofo

Figlio di Ulisse e di Amelia Bernabò, nel novembre 1922 si laureò in Filosofia a Napoli con una tesi che fu fondamento del suo primo libro, Le sorgenti irrazionali del pensiero (1923). Negli anni successivi insegnò filosofia e storia al Liceo Umberto I di Napoli e dal 1927 al 1936 tenne l'incarico di pedagogia e di filosofia presso l'Istituto di magistero Suor Orsola Benincasa; nello stesso periodo collaborò attivamente alla rivista Logos. Dal 1936 al 1976 fu professore ordinario di storia della filosofia nell'Università di Torino, prima nella facoltà di magistero, poi, dal 1939, in quella di lettere e filosofia. Nell'immediato dopoguerra fu tra i fondatori del Centro di Studi metodologici di Torino. Nel 1950 fondò, insieme a Franco Ferrarotti, i Quaderni di sociologia; e dal 1952 fu condirettore, con Norberto Bobbio, della Rivista di filosofia. Tra il 1952 e il 1960 fu l'ispiratore del gruppo neoilluministico italiano, promotore di una serie di convegni cui parteciparono studiosi impegnati nella costruzione di una filosofia laica. Nel 1964 iniziò la collaborazione a La Stampa. Nel 1972 si trasferì a Milano, dove cominciò a collaborare al Giornale di Montanelli, e dove ricoprì la carica di consigliere comunale, eletto nelle liste del Partito Liberale, e di assessore alla Cultura.

Abbagnano fu fra i primi a diffondere in Italia, negli anni trenta e quaranta, la conoscenza delle correnti esistenzialistiche francesi e tedesche, in particolare Heidegger, Jaspers, Sartre. Fondamentale nell'espressione del suo pensiero è La struttura dell'esistenza, opera pubblicata nel 1939. Definì la propria visione filosofica come esistenzialismo positivo; esso, pur non esplicitamente formulato sistematicamente, individua la centralità dell'esistenza come momento fondativo, considerando la razionalità dell'uomo come il primo strumento in grado di garantire a questo fondamento un valore positivo contro ogni possibile nichilismo.

Oltre a porre la ragione come unico mezzo per creare un legame tra l'uomo e il mondo che lo circonda, il suo pensiero insistette molto su un chiarimento dell'orizzonte categoriale della possibilità, in contrasto con quello della necessità, tipico proprio dell'idealismo romantico e dell'esistenzialismo tedesco e francese, fatto che spiega la sua forte critica a queste due scuole filosofiche. Anche il positivismo ottocentesco fu oggetto di critica tramite la contrapposizione con le filosofie di Kant e di Kierkegaard.