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a cura di Vincenzo de Simone

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Rassegna Storica Salernitana, 42, 2004, pp. 317-321

L’ERUZIONE DEL VESUVIO DEL 1631 E IL TERREMOTO DEL 1627 NELLE NOTE

DEL NOTAIO GIOVANNI ANTONIO FERRO

 

L’eruzione del 1631 interruppe un lungo periodo di quiescenza del Vesuvio, seguito all’attività protrattasi fra il 79 e il 1139, nel corso del quale il vulcano rimase in uno stato di attività a condotto ostruito. Le conseguenze morfologiche dell’evento furono un abbassamento del monte, stimato in oltre quattrocentocinquanta metri, e la formazione di una piccola caldera che, con l'attività successiva, formerà il Gran Cono che si vede attualmente.

L’eruzione cominciò all’alba del 16 dicembre, quando una nube densissima si levò da una frattura ad ovest del cono antico, in un punto ubicato tra questi ed il monte Somma. Nel corso dell’attività si sviluppò una colonna eruttiva, spinta fino ad un’altezza di circa venti chilometri, che diede luogo alla caduta di ceneri, pomici e lapilli. La fase più distruttiva avvenne la mattina del giorno 17, con la formazione di nubi ardenti e flussi piroclastici che si riversarono sui fianchi del vulcano raggiungendo il mare e distruggendo i paesi posti alle falde meridionali del monte. Questa fase esplosiva così intensa è interpretata con un’interazione di magma con acqua di falda, a causa della progressiva fratturazione dell’apparato vulcanico. Le intense piogge che accompagnarono e seguirono l’eruzione dilavarono le ceneri depositate causando colate di fango sia sui fianchi del vulcano che sui rilievi che bordano la piana Campana. I materiali riversati ed il continuo sussultare del suolo produssero anche vistose oscillazioni del livello del mare, che più volte avanzò e si ritrasse. Le vittime dell’evento sono stimate in circa quattromila1.

  1Notizie tratte dai siti web dell’Osservatorio Vesuviano e del Parco Nazionale del Vesuvio.

Da Salerno, l’eruzione ebbe un cronista ed opinionista, come oggi si direbbe, nel notaio Giovanni Antonio Ferro, un napoletano che qui viveva e svolgeva la propria attività istituzionale. L’Archivio di Stato di questa città conserva cinque buste di suoi protocolli distribuiti fra il 1614 e il 16492; in apertura di quello relativo al 16313, egli inserì un foglio non numerato, di seguito trascritto come documento 1, che in due fitte facciate riporta i fatti ai quali, seppure indirettamente, assistette e considerazioni intorno al loro significato.

 

 

2Archivio di Stato di Salerno (ASS), Protocolli notarili, dalla busta 4941 alla 4945.

3ASS, Protocolli notarili, 4942, 1631.

Precedentemente, altri eventi “di molto spavento” anche avevano avuto per testimone il nostro notaio: un alluvione che il 4 dicembre 1626 riempì di acqua e fango le chiese di Santa Trofimena e della Santissima Annunziata; una eccezionale grandinata che un mese dopo, il 4 gennaio 1627, investì particolarmente la chiesa di Sant’Antonio di Padova; il terremoto del 30 luglio successivo, che lo interessò in modo molto coinvolgente. Anche di questi eventi egli volle lasciare annotazioni su un foglio non numerato inserito in apertura del protocollo di quel biennio4; da esso, trascrivendola come documento 2, è stata estrapolata la nota più ampia ed interessante, quella relativa al terremoto.   

   

 

 

 

4ASS, Protocolli notarili, 4941, 1626-1627.

Vincenzo de Simone    

 

Documento 1

 

Nota come à 16 di X(m)bre 1631. ad hore 13: piovi in salerno cenere, ven(en)de dal monte vesuvio al(ia)s la montagna di somma, durò per otto giorni continui, andò per quasi tutto il Regno conforme il vento che li portava, fù di grandiss(im)o terrore; Poiche furno terremoti terribilis(si)mi p(er) tutto il regno, et in nap(oli) furno di tal modo che p(er) alcune notte di detti otto giorni il Vicere Conte di monterei, et quasi tutto napoli dormirno fore di casa: dala boragine uscirno fiamme crudeliss(im)e e cenere et pietre di molta grosseza, per le quale è disfatta la torre del greco, la torre della nu(n)tiata, vosco, resino et altri lochi habitati dala parte de mezo giorno de d(ett)a montagna, dala parte di tramontana sono disfatte somma, ottaiano; parte di Sarno, et altri lochi convicini a d(ett)o monte, si à disfatto anco tutti arbori, à torno tre et quattro miglia poiche la cenere, et pietre, et un bitume che sono usciti dala boragene hando sotterrato, patasfato, et abrugiato il tutto con grandiss(im)a maraviglia; l’impito con lo q(ua)le usciva d(ett)a materia era tale che se senti p(er) tre giorno e tre notte insino a Salerno parendo che fusse sparare di cento bo(m)barde insieme; intro de q(ue)sti otto giorni il mare usci dal letto insino la porta dela gabella dela farina, et tutto ad un tempo seccò di modo tale che li vascelli che stavano al molo di nap(oli) restorno sopra l’arena appogiati, ma fù per pochiss(im)o spatio; fù tale il bitume focoso che usciva dala boragine che arrivò dentro mare, et ammazò infinità de pesci, de quali furno pigliati à cantara in diverse parte, et in par(ticola)re à castell’amare di stabia; In questa n(ost)ra Città di salerno se fece continua orat(ion)e notte et giorno essendosi esposto il S(antissi)mo Sacr(amen)to p(er) tutte le chiese co(n) precess(ion)i esemplare; e dove fugirno alcune gente de casali p(er) timore tutti inceneriti, et timidi, dimandando la miseri(cordi)a di N(ostro) S(ignore). Quello si è fatto di devotione in napoli non si può esprimere concludo solo che veram(en)te è stata santimonie in tutte lle spetie de persone: in d(ett)e città sono fugite circa dodicim(il)a persone, si prosoppone che ne siano morte più di duemilia, con essendo morti tutti l’animali stavano a torno, è restato in piede il convento de P(ad)ri Camaldi che stà sopra un montetto al incontro, et prossimo la voragine, cosa miracolosa. Se considera che le cenere nelli lochi lontani neli quali è cascata in non molta quantita siano d’utile alli vittuagli; dicono che se siano perse più de quara(n)tamilia botte de vino à torno detto monte; se conclude che questa permess(ion)e di N(ostro) S(ignore) sia p(er) li peccati nostri, Il che non è da dubitare, sopra ciò si nota ch(e) il petaffio che stava ala strada regale incontro d(ett)o monte, q(ua)le era de pietra, et perpetua manifattura, fù disfatto di modo tale che non se conosce dove hà stato, et ch(e) essendo ivi al incontro una forca p(er) li malefattori sia remasta intatta: ogne matina se vede dala parte di ponente una cometa in stella co(n) alcune code fiammegiante molte longhe: l’acque che andavano ale moline dela torre della Nu(n)tiata stando soffocate dale cenere et pietre, di modo tale che stanno allagati tutti li piani dala parte di tramontana, et oriente: si sospettano per l’avenire afflitt(io)ni granne p(er) li peccati nostri et già se stà inatta co(n) le guerre de francesi quasi sulle porte d’italia, Idio bened(ett)o ce agiuti, et perdoni, e dia forza al n(ost)ro Rè Ph(ilipp)o quarto Catt(oli)co e santo che possa sostentare l’impito del inimico, e defendere la fede Xri(sti)ana come ha fatto p(er) il passato, et lli N(ost)ri Rè antecessori di tanta santa vita, Am(en).

No(tar)e Io(anni) Ant(onio) Ferro
Si è valutata ala grossa che il danno ha fatto d(ett)o monte la perdense d(ucat)i quattro centi d’oro

 

Documento 2

 

A 30. di luglio hore 16. 1627. fù il terremoto nel Regno di nap(oli), quale fù di molto spavento, poiche le muraglie, et altre materie di case e palazi si vedevano movere, che se fussero fronde d’arbori agitate dal vento, et io stando in una camera superiore dele case di m(ast)ro Ier(onim)o di Roma con uno gagliardo accidente, pigliai tal spavento che al innuda fugivi da letto fora l’astraco imaginandome che la casa cascava, durò un avemaria, q(ua)le cessato p(er) gra(zia) di N(ostro) S(ignore) non fece altr(iment)e danno à d(ett)a Città, ne ali convicini, ma in Puglia s’intende p(er) certo che habia ruinato à fatto cinque terre, ch’essendosi fatto il calcolo dele persone morte dicono che arrivano à 7000. ch(e) p(er) la puza deli morti, ci è una peste à torno.

 

Giovan Battista Passaro, Vero Disegno Dell’incendio nella Montagna di Somma altrimente detto Mons Vesuvii distante da Napoli sei miglia, a 16 di Decemb. nel 1631.