il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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il civico 13 del largo Abate Conforti

 

Lo spazio sul quale insiste il largo Abate Conforti una volta era ingombro dalla chiesa parrocchiale di San Grammazio, documentata al novembre 1026, e da un suo caseggiato, che appare il 12 ottobre 1067; sarà area pubblica soltanto nel 1670, quando tali immobili saranno demoliti per permettere ai gesuiti, con la complicità dell’arcivescovo Gregorio Carafa e del sindaco Matteo del Pezzo, la creazione di uno spazio aperto che permettesse di ammirare la facciata della loro chiesa.

Il luogo di culto demolito era stato dedicato al vescovo salernitano Grammazio, tradizionalmente ritenuto santo, le cui reliquie erano custodite sotto il suo altare. Una lapide rinvenuta con esse il 29 marzo 1670, all’atto della demolizione, ne farebbe risalire la morte al 25 gennaio 490, all’età di quarantuno anni. Papa Alessandro II, il 12 ottobre 1067, nella bolla di conferma ad Alfano dei beni e privilegi della Chiesa salernitana, cita la chiesa ricordando che essa, con le sue pertinenze e le case addossate, era stata donata all’episcopio salernitano da Maldefrid e Adelfer. Gli atti del Sinodo Colonna nel 1579 la elencano fra le parrocchie della città col titolo Ecclesia S. Gramatii Episcopi Salernitani.

Il 29 marzo 1670, come accennato, l’arcivescovo Carafa, sollecitato dal sindaco Matteo del Pezzo, in corso di visita pastorale, giustificando l’atto con l’inadeguatezza dell’immobile ai fini del culto, ne decreta la demolizione, per cui, recuperate le reliquie del santo, che saranno traslate in Cattedrale, la chiesa è apprezzata da due regi tavolari per sessanta ducati e per tale somma è venduto ai gesuiti, che ne prendono possesso e, proprio iure, la demoliscono, con l’obbligo di erigere a proprie spese un altare in onore di san Grammazio nella parrocchiale di Santa Maria dei Barbuti, ove è trasferita la cura delle anime.

Il 24 giugno 1670 alcuni cittadini ricorrono alla Santa Sede sostenendo che la demolizione della chiesa era avvenuta non perché l’immobile fosse fatiscente e irrecuperabile, ma perché i gesuiti avevano fatto pressione per creare uno spiazzo davanti alla loro chiesa del Gesù; si sostiene anche che il luogo di culto demolito era antichissimo, quindi non privo di valore storico. Il 15 luglio 1671 l’arcivescovo risponde alla richiesta di chiarimenti della Santa Sede sostenendo che la chiesa demolita non era quella antichissima, ma un’altra ricostruita sulle rovine della prima; che la parrocchia soppressa era talmente misera da non poter mantenere nemmeno la lampada accanto alle reliquie del santo; che, per tale indigenza, la chiesa non ha mai custodito il Santissimo Sacramento; che il decreto di demolizione non fu emesso per pressione o per favorire i gesuiti, ma per le rimostranze delle autorità e di cittadini benpensanti, che non tolleravano tale indecenza per un luogo sacro; che il provvedimento della traslazione delle reliquie in Cattedrale si è preso presente il vescovo di Nusco, per consiglio dei convisitatori e con l’assistenza del sindaco e del capo degli eletti. L’arcivescovo sostiene, inoltre, che i duecentodue figliani dell’ex parrocchia non soffrono alcun disagio per partecipare al culto divino, essendo vicinissime al sito della chiesa demolita quelle dei gesuiti e di San Marco, mentre la parrocchiale di Santa Maria dei Barbuti è a poca distanza, con il comodo di due messe nei giorni festivi.

Se vi fu censura da parte della Santa Sede all’operato dell’arcivescovo non sappiamo. Certo è che il 21 ottobre 1692 si sottopone a visita pastorale la nuova parrocchiale di San Grammazio, traslata dalla chiesa antica che era di fronte […] e quindi fabricata nel luogo ove si trova. Ma vediamo come lo Stato delle chiese compilato in quello stesso anno riporta la vicenda: Parochiale Chiesa di Santo Gramatio, la quale sta situata vicino il Collegio de P.P. Giesuiti, et è Chiesa Parochiale antica, et anticamente stava in un’altro luogo convicino, la quale perchè impediva la piazza et il fronte spitio della supradetta Chiesa de P.P. Giesuiti, fu per ordine di Monsignore Illustrissimo Carafa fatta demolire et stransportata poi nel luogo dove al presente sta situata per la di cui construttura [fu] necessario ad esso d. Salvatore [Pastore] Odierno Parocho spendere de proprii da docati docenti trenta in circa [altra versione: docati docento cinquanta tre in circa], mentre la prima Chiesa demolita e profanata fu valutata da docati 60; che pagorno li sudetti P.P. Giesuiti. La sudetta Chiesa sta situata verso settentrione e mezzo giorno, e non vi è sé non un solo Aldare. In detta Chiesa Antica già demolita se ritrovò in tempo di detta demolizione sotto l’Aldare di Santo Gramatio uno Cascettino de Reliquie di detto Santo, le quali furno transportate nella Chiesa di Santo Matteo. Chi havesse fundata detta Chiesa, per essere antichissima, sé ne e dispersa la memoria; Però per quello che vi é di tradizione e memoria registrata nel Sinodo di Marsilio Colonna che il sudetto Santo Gramatio fù Arcivescovo di questa Città.

La parrocchia sarà definitivamente soppressa il 28 marzo 1844 e il suo territorio annesso a quella di San Domenico.

Oggi il locale della ricostruita chiesa di San Grammazio è riconoscibile nel civico 13 del largo Abate Conforti.