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a cura di Vincenzo de Simone

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araldica, Ruggi - pagina collegata

 

14/07/2011. Da Roberto Ruggi d'Aragona.

Gent. Dr. Vincenzo de Simone, sono il march. Roberto Ruggi d'Aragona, penultimo discendente della Famiglia ( l'ultimo è mio figlio Ettore ), amico carissimo dello storico Pasquale Natella che ben conosce.
Fatta la presentazione, veniamo a noi. Mi permetto di rettificare la rappresentazione grafica dello stemma dei Ruggi d'Aragona, riportato sul Suo sito di storia salernitana "Salernostoria", sia sulla scorta di antichi documenti di famiglia che serbo gelosamente e che ne descrivono dettagliatamente la composizione ma anche dalla raffigurazione reperita su vari stemmari (ad es. Bibl. Naz. Napoli o Arch. di Stato Napoli): quindi su basi certe!
Lo stemma effigiato sulla tomba del mio antenato è opera di colui o coloro (?) che nel lontano 1870, data della morte del march. Giovanni, eressero detto sarcofago effigiandolo con Stemma (preso probabilmente da quello che si vede sull'albero genealogico in questi giorni esposto nel Museo Diocesano di Salerno, da me concesso a corredo della mostra sui dipinti che il marchese lasciò alla Cattedrale) e relativa Epigrafe. In modo particolare poi, quest'ultima reca da ben 140 anni un grosso e grave errore storico-genealogico oltre che dello Stato Civile, definendo il nobile estinto come "l'ultimo di sua stirpe".

Il chè poi non è nè vero nè legittimo, tanto che ho chiesto ed ottenuto dalla Direzione Cimiteriale la possibilità di mutare il termine "ultimo" con quello di "onore", sicuramente aderente a quella che è la verità vera.
In ultima analisi si leggerebbe non più "ultimo di sua stirpe" ma "onore di sua stirpe" In allegato troverà dunque lo stemma dei Ruggi d'Aragona come quando il 3 luglio 1500 venne a comporsi in virtù di un Editto Reale (da me posseduto in copia) che Re Federico d'Aragona concesse all'antenato Gabriele Ruggi.
Si perchè sino a quella data i miei portavano solo il cognome Ruggi e lo Stemma era quello noto con il leone d'oro o con il pardo nero. Da quel 3 luglio mutarono in Ruggi d'Aragona perchè Re Federico concesse loro di inquartare lo Scudo con i pali "rossi e oro" della casa regnante, oltre poi ad altre e più importanti cariche ed onorificenze.
Ma di tutto ciò ne potremo parlare, sempre che Le interessi approfondire l'argomento, in altro luogo e altra data anche con la presenza del caro e comune amico, lo storico Pasquale Natella, magari sorseggiando una bella crema di caffè.
Nell'attesa eventuale di una Sua risposta o commento a questa mia mail, gradisca i più cordiali saluti
Roberto Ruggi d'Aragona

 

16/07/2011. A Roberto Ruggi d'Aragona

Signor Ruggi d'Aragona, come può notare alla pagina araldica del mio sito, i primi due stemmi sono stati elaborati da quelli che si vedono nel Manoscritto Pinto, confermati dall’Enciclopedia Storico Nobiliare italiana dello Spreti, che essendo stata pubblicata sulla base dell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922, a sua volta pubblicato su decreto di Vittorio Emanuele III, ha carattere, appunto, di ufficialità per riconoscimenti di titoli e raffigurazione araldica degli stemmi; aggiungo che essi sono coerenti con quelli che si osservano nell’atrio del duomo, sul vecchio ospedale e anche sul nuovo. Tuttavia, per completezza di informazione, aggiunsi una elaborazione dello stemma che si vede sulla sepoltura del marchese Giovanni, anche se mi parve anomalo nella raffigurazione grafica della parte Aragona.
Noterà anche che il cognome è limitato a Ruggi, poiché tale lo riporta il Manoscritto Pinto che è stato la mia guida primaria nell’elaborazione della pagina; inoltre, nei documenti fra Cinquecento e metà Settecento da me esaminati (Protocolli Notarili, Stati delle Anime) mai compare il predicato d’Aragona, essendo il cognome sempre limitato al solo Ruggi. Invece, riportando lo stemma della sepoltura del marchese Giovanni, ho aggiunto d’Aragona, poiché tale predicato appare sulla sepoltura stessa.
Chiarita la mia linea di comportamento, aggiungo che lo stemma che lei mi invia fu anche da me reperito in Internet, ma non lo inserii non avendone riscontrato la fonte. Poiché ella me lo sottopone certificandone l’autenticità, ho provveduto ad inserirne una elaborazione in aggiunta agli altri.

Saluti, Vincenzo de Simone

 

29/07/2011. Aggiornamento.

L'albero genealogico citato da Roberto Ruggi d'Aragona nella nota sopra riportata è un elaborato artistico che presenta un albero sui cui rami, in medaglioni, sono disposti i principali membri della casata. I medaglioni del primo e dell'ultimo personaggio presentano rispettivamente la data del 1386 e del 1832, quindi è da ritenersi che l'elaborato sia stato realizzato dopo quest'ultimo anno.

I dati genealogici riportati sono sostanzialmente coerenti con quelli che si ricavano dalla documentazione coeva ai personaggi vissuti fra Cinquecento e Ottocento, in particolare Protocolli notarili, Status animarum della parrocchia di Santa Maria de Lama, Catasto onciario, con qualche incongruenza, la maggiore delle quali è quella che assegna a tutti i personaggi il cognome Ruggi con il predicato d'Aragona che, mentre per quelli vissuti prima del 1500 è semplicemente un anacronismo, nella documentazione citata compare solo nel Catasto onciario (1754) con il marchese Matteo.

Ai piedi dell'albero si osserva uno stemma, sostenuto da un cavaliere, di cui qui a lato si inserisce una elaborazione liberata dalle licenze araldiche rappresentate da una bordura d'oro e da ombreggiature rosse dei pali d'argento. Si tratta, con tutta evidenza, dello stesso stemma che in bassorilievo, quindi senza colori, sarà posto sulla sepoltura del marchese Giovanni nel 1870.

Naturalmente è da ritenersi che il committente dell'elaborato dovette fornire l'artista esecutore di un modello dello stemma che riconosceva come proprio, quindi è da concludersi che all'epoca almeno uno dei rami della casata illustrati dal nostro albero genealogico innalzasse tale stemma.

Da sottolineare che quelli che furono ritenuti pali d'Aragona, ancorché anomali per la presenza di plinti, dalla raffigurazione in bassorilievo (immaginandoli di rosso in campo d'oro) evidentemente nulla hanno a che fare con il prestigioso predicato.     

 

30/09/2016. Aggiornamento.

Sulla Rassegna Storica Salernitana 46, dicembre 2015, si legge il saggio di Giuseppe Cirillo La "fabbrica" delle genealogie. I Ruggi d'Aragona tra mercati degli onori e generi nobiliari del Regno di Napoli. In esso si ricostruisce la vicenda che fra il 1899 e il 1912 portò una famiglia napoletana di origine francese ad essere riconosciuta come un ramo dei Ruggi d'Aragona di Salerno. Riassumo i fatti.

Sul finire dell'Ottocento, la famiglia Rouge di Napoli, che aveva italianizzato il proprio cognome in Ruggi, pretese di essere un ramo dei Ruggi di Salerno, per cui ambiva al riconoscimento del predicato d'Aragona. Allo scopo assoldò Paolo Emilio Bilotti, direttore dell'Archivio di Stato di Salerno, affidandogli la ricostruzione del proprio albero genealogico. È Agostino a prendere l'iniziativa il 27 agosto 1899. Egli è pronipote di Claudio Giuseppe Rouge che sostiene essere stato uno dei figli del marchese Giuseppe Maria, il quale, essendo cavaliere gerosolimitano con l'obbligo del celibato, per sposarsi, nel 1766, avrebbe utilizzato i documenti di un certo Rouge. In realtà, questo Claudio Giuseppe non risulta in nessuna genealogia dei Ruggi di Salerno e la storiella è tanto inverosimile da non incantare nessuno, anche perché si scopre che Claudio Giuseppe era nato a Cluses, in Savoia, nel 1729, da Nicola Rouge e Maria Pelux. Il Bilotti si industria a trovare un Nicola Ruggi nato a Salerno che potrebbe essere emigrato in Francia ed essere stato il capostipite dei Rouge. La scelta cade su Nicola, figlio di Antonio Ruggi e di Girolama dell'Alberi, che scomparirebbe da Salerno lasciando interrotto il filo genealogico. La tesi è presentata alla Consulta Araldica delle Province Napoletane, che il 4 maggio 1900 la rigetta per due ordini di motivi: primo, la Consulta si dichiara incompetente, essendo il riconoscimento del cognome materia di competenza dei tribunali Civili; secondo, in ogni caso, non è stata presentata documentazione atta a dimostrare quanto preteso. La stessa tesi, corredata da albero genealogico, è presentata al tribunale Civile di Santa Maria Capua Vetere, che, invece, l'accoglie il 23 febbraio 1912, autorizzando gli ex Rouge a chiamarsi Ruggi d'Aragona.

In realtà, l'albero genealogico elaborato dal Bilotti era un falso, poiché Nicola Ruggi, figlio di Antonio e di Girolama dell'Alberi, non fu emigrante e non sposò Maria Pelux, ma Vittoria Miola e fu padre di un altro Antonio, a sua volta padre di Vincenzo, che sposò una dama della famiglia Capano, di un altro Nicola, che fu sacerdote e di Vito, che fu religioso cassinese. Da notarsi, inoltre, che fra la data di nascita di Antonio (17 gennaio 1639) e quella del presunto nipote Claudio Giuseppe (1729) passano novanta anni, troppi per la nascita di due sole generazioni. Ma al di là di tanto, anche se la genealogia dei Rouge fosse stata corretta, ad essi non sarebbe spettato il predicato d'Aragona, poiché, come i possessori del palazzo di via Tasso, non discendevano da Gabriele, beneficiato da Federico d'Aragona, ma dal fratello Benedetto, attraverso Matteo Angelo (che nel 1535 ospitò Carlo V), Gabriele (che sposò Brigida Coppola) e Vincenzo (che sposò Giulia Girardo e Isabella Siscara). Attualmente, alcuni Ruggi d'Aragona si pretendono marchesi, ma non lo sono, poiché come il predicato d'Aragona si estinse già nel Cinquecento per mancanza di discendenti da Gabriele, il titolo di marchese si estinse con la morte di Giovanni Maria per mancanza di suoi discendenti.