O giglio
‘O giglio mio diceva: I’ nun me posso spurcar’, a si no, te facess’ vedè io. Nun erano ato ca parole. In verità isso ‘o diceva sulamente pecchè era nu puritano. Ma puritano oggi, puritano dimane, pure tu cagnarraie. ‘Sti pparole ricuordatelle pe’ tutt’ ‘a vita. So’
pparole meje ... ‘e nisciun’ ato! |
O giglio mio, diceva: sporcarmi non posso, perché, se no te facevo vedè io. Non erano altro che parole. In verità, Lo diceva solo perché era puritano. Ma, puritano oggi, puritano domani, anche tu cambierai. Queste parole, ricordatele per tutta la vita. Parole mie sono, di nessun altro.
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Gaeta, 6
aprile 1974
In
versione napoletana sembra che acquisti maggiore bellezza.
L’amaro
sfogo rivolto al giglio che tanto sarà questione di tempo, ma che anche lui si
adeguerà, ha il sapore dell’ineluttabilità ma, caro poeta, permettimi di non
essere d’accordo, perché chi nasce bene sta come torre che non crolla giammai la cima per soffiar
di vento.
Lo
affermò il divino Poeta ed è così.
Si
può errare, ma immediatamente si ritorna e con più tenacia, ad essere quello
che si era.
Il
fenomeno del cambiamento può certamente investire quasi tutta l’umanità ma
chi è di roccia pura roccia rimane.
Sembra
risuonare all’orecchio il detto della benemerita Arma:
Devi obbedir tacendo e tacendo morir!
Non
ammette tentennamenti, non ammette inversioni di rotta!