VITA:
Giovanni
Giolitti (1842 - 17 luglio 1928), illustre politico italiano, nasce a Mondovì
(Cuneo) da famiglia borghese. Altre
informazioni:
Laureato in legge, quindi impiegato della pubblica amministrazione, si dedica
alla politica, entrando in Parlamento nel 1882.
Entra nel governo di Crispi nel 1889, come Ministro del Tesoro e diviene Primo
Ministro nel 1892. Costretto a dimettersi a causa di uno scandalo, tornerà
al governo come Ministro degli interni, dopo l'assassinio di Umberto I, sotto
Zanardelli.
La sua impronta fu profonda sulla politica italiana tanto che questo periodo
politico viene indicato come "età giolittiana". Fu il periodo
delle concentrazioni industriali, delle formazioni delle masse popolari socialiste
e cattoliche, dell'attività coloniale italiana (Eritrea, Libia e Dodecaneso),
delle rivolte per il pane e della nascita del Partito Fascista.
Il suo programma politico era essenzialmente basato sullo stimolo e la protezione
dell'industria, l'eliminazione di monopoli privati, la protezione e la difesa
del Bilancio del Regno, contrastare le forze finanziare estere o legate a metodi
produttivi arretrati.
Patrocinò l'avventura coloniale in Libia nel 1912, ma non condivise l'ingresso
dell'Italia nella prima Guerra Mondiale, rassegnando le sue dimissioni il 20
marzo 1914. Nel frattempo (1912), introdusse il suffragio universale maschile,
che fece arrivare il numero di elettori a quota 8 milioni, estendendo il voto
agli elettori analfabeti di età superiore ai 30 anni.
Diede un giudizio drasticamente negativo sulla formula elettorale che permise,
a parer suo, la salita al potere del fascismo in Italia. Giolitti non riuscì
ad opporsi ai fatti, anche perché venne tenuto all'oscuro di molti avvenimenti
da Luigi Facta, che lo isolò nel paesino di Cavour, quando invece sarebbe
dovuto essere a Roma per contrastare Benito Mussolini.
Tentò fino all'ultimo di venire a patti con Mussolini nel 1921, proponendogli
un governo di conciliazione, ma senza successo (la soluzione non avrebbe comunque
impedito a Mussolini di sbarazzarsi di lui a tempo debito). Altra accusa mossa
a Facta, fu la pavidità e l'inerzia nei momenti della "Marcia su
Roma".
Fu uno dei pochi a rimanere in Parlamento, insieme ad altri sette "giolittiani"
ed ai comunisti, per contrastare il governo fascista.
Muore a Cavour, dove tutt'ora è
sepolto.