A Silvia

(1828)
Metro: Canzone libera. È la prima in ordine
cronologico ed è composta da sei strofe, diverse
tra loro per numero di versi e schema.


Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare 5
di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta 10
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri 15
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d'in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce, 20
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. 25
Lingua mortal non dice
quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia 30
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura. 35
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, 40
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome, 45
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d'amore.

Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei 50
anche negaro i fati
la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrimata speme! 55
Questo è quel mondo? questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero 60
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.


In questo Idillio, Silvia lavora e canta, perché simboleggia anche la Speranza sua (e del poeta) in un dolce futuro. Alla fine Silvia muore prima di giungere al fiore dei sui anni, così come -muore– la Speranza del poeta, prima che egli possa vivere la piena giovinezza. L’essenza dolorosa del canto (potremmo dire materialistica nella constatazione della cruda realtà), è però superata dal Mito, dall’Incanto, "dolce e ameno inganno" della Giovinezza e quel senso di gioiosa attesa, presente negli occhi "ridenti e fuggitivi" di Silvia. Anche ne "Il Sabato del villaggio" il poeta ricorda con dolcezza il sabato del suo villaggio, le ragazze e i ragazzi in festa nell’attesa dell’Amore… Il Leopardi non ha la fede religiosa del Manzoni e perciò, quando osserva il rapporto tra le finalità della natura, sempre in un perpetuo circolo di vita e di morte, e le finalità dell’uomo, che cerca disperatamente la felicità, non credendo nell’immortalità dell’anima, supera la materia e trova l’infinità dello spirito, come supremo ideale. Più che superamento o risoluzione del materialismo, il suo atteggiamento si può meglio definire come idealismo naturalistico: egli crea, come poeta e non come filosofo, le infinite Illusioni della sua anima, i miti della Giovinezza, della Felicità, della Gloria.