La
mobilità La materia in questione é regolata dalla legge. Le normative che riassumiamo si applicano ai lavoratori metalmeccanici dell'industria
Le
diverse disposizioni in materia di mobilità (leggi 223/91, 236/93),
sono state aggiornate attraverso l’emanazione del decreto legge 40/94
La procedura in materia di mobilità si attua in due ipotesi ben disciplinate. La prima circostanza riguarda l’impresa che, ammessa al trattamento di cassa integrazione straordinaria, nel corso di attuazione del programma d’intervento, ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere alle misure alternative previste dalla legge (art. 4 legge 223/91). La seconda, invece, si realizza quando l’impresa, con più di quindici* dipendenti, intende effettuare, in conseguenza di una riduzione o di trasformazione di attività o di lavoro, almeno cinque licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia. La stessa disposizione trova applicazione anche nei confronti di quelle imprese che cessano l’attività (art. 24 Legge 223/91). (*) Il limite numerico è riferito alla media dei dipendenti occupati nel semestre precedente la richiesta di intervento. L’iter burocratico L’azienda che intende procedere alla collocazione in mobilità del proprio personale dipendente (operai, impiegati, quadri) deve darne comunicazione scritta ai rappresentanti sindacali aziendali ed alle organizzazioni sindacali provinciali di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione a queste organizzazioni può essere effettuata per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce. Tale comunicazione deve necessariamente contenere (art. 4 comma 3 L. 223/91): - motivi che determinano la situazione di eccedenza; - motivi tecnici, organizzativi, produttivi ai quali l’azienda ritiene di non dover ricorrere, per evitare in tutto o in parte la dichiarazione di eccedenza di personale; - numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale eccedente; - tempi di attuazione del programma di mobilità (o dei licenziamenti); - misure individuate per far fronte sul piano sociale alle conseguenze derivanti dal licenziamento (o dalla messa in mobilità). Alla comunicazione, sia alle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie aziendali), sia alle organizzazioni sindacali, va allegata fotocopia della ricevuta del versamento all’Inps di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori eccedenti. Naturalmente il versamento va effettuato solo per i lavoratori che hanno diritto all’indennità di mobilità. L’indennità é riservata esclusivamente a quei lavoratori che dipendono da imprese che rientrano nel campo di applicazione della cassa integrazione straordinaria. Tuttavia l’articolo 8, ultimo comma, della legge 236/93 precisa che il mancato inoltro della copia della ricevuta di versamento all’Inps non comporta la sospensione della procedura. Durata della procedura (art. 4 comma 6 L. 223/91) I termini per la richiesta di incontro da parte del sindacato e delle rappresentanze aziendali sono fissati in sette giorni dal ricevimento della comunicazione. Nell’incontro si dovranno approfondire le cause che hanno determinato l’eccedenza di personale e verificare, in via preliminare, la possibilità di utilizzare diversamente il personale eccedente anche mediante il ricorso a contratti di solidarietà e lavoro a tempo parziale. L’intera procedura dovrà esaurirsi entro quarantacinque giorni dalla data di ricevimento della comunicazione dell’impresa. Il ricorso all’Ufficio provinciale del Lavoro (art. 4 comma 7 L. 223/91) In caso di mancato accordo sindacale l’impresa dovrà darne comunicazione all’Ufficio provinciale del Lavoro (all’Ufficio regionale del Lavoro se la procedura interessa più province di una stessa regione, al Ministero del Lavoro se interessa più regioni), il quale convocherà le parti per un ulteriore esame della materia, formulando a riguardo proposte per l’attuazione di un accordo. Tale riesame deve comunque esaurirsi entro il termine di trenta giorni. Riduzione della durata della procedura (art. 4 comma 8 L. 223/91) Nel caso in cui i licenziamenti o la collocazione in mobilità riguardino un numero di lavoratori inferiori a dieci, la durata dell’intera procedura (45 giorni più 30) è ridotta della metà (23 più 15). Fine della procedura e licenziamento (art. 4 comma 9 L. 223/91) Raggiunto l’accordo sindacale, oppure esaurita l’intera procedura, l’azienda può procedere al licenziamento (Nota bene: la messa in mobilità è licenziamento!). La comunicazione della cessazione del rapporto deve essere effettuata in forma scritta ad ogni singolo lavoratore. Il licenziamento effettuato non in forma scritta è inefficace; in altre parole non avrà alcun valore, con tutte le conseguenze retributive e normative, finché non sarà di nuovo comunicato il licenziamento alla persona, questa volta per iscritto. I lavoratori licenziati entrano a far parte delle liste di mobilità costituite presso l’Ufficio regionale del Lavoro, il quale assumerà le opportune iniziative per la ricollocazione nel mercato del lavoro. Criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità oppure da licenziare (art. 5 L. 223/91) La legge affida ad accordi sindacali la possibilità di individuare i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Tali criteri tuttavia non potranno violare le norme inderogabili di legge. In assenza di accordi i lavoratori verranno scelti in base ai seguenti criteri, in concorso tra di loro: a) carichi familiari b) anzianità c) esigenze tecniche, produttive e organizzative. I lavoratori invalidi o comunque quelli per cui esiste l’obbligo di legge all’assunzione (L. 68/99) non potranno essere licenziati in misura superiore, rispetto alla totalità dei lavoratori licenziati, alla percentuale di invalidi presenti in azienda. Nel caso di licenziamenti collettivi devono essere garantiti i principi di non discriminazione diretta o indiretta a favore delle donne. Tutto ciò in osservanza della legge 125/91. Una volta esperita la procedura prevista, le aziende hanno la facoltà di collocare in mobilità i lavoratori, entro 120 giorni, salvo che accordi sindacali non stabiliscano diversamente. Per ciascun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare all’Inps una somma pari: - a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore, qualora sia una mobilità successiva ad una cigs; - a nove volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore, qualora si tratti di licenziamento collettivo. In caso di accordo sindacale le mensilità da versare saranno ridotte a tre per ogni lavoratore posto in mobilità. L’indennità di mobilità L’indennità di mobilità é una prestazione previdenziale, che fra l’altro sostituisce l’indennità di disoccupazione speciale, introdotta dalla legge 223/91, a favore dei lavoratori licenziati da imprese rientranti nell’ambito di applicazione della cassa integrazione straordinaria (Cigs), a seguito di una procedura di mobilità avvita ai sensi degli articoli 4 e 24 della sopraccitata legge. Comunque l’indennità potrà essere liquidata soltanto ai lavoratori operai, impiegati, quadri (esclusi quindi apprendisti, contratti di formazione lavoro, contratti a tempo determinato, dirigenti) in possesso dei seguenti requisiti: a) inserimento dell’interessato nelle liste dei lavoratori collocati in mobilità presso l’Ufficio regionale del Lavoro (Url); b) possesso di un’anzianità aziendale di almeno dodici mesi, derivante da un rapporto di lavoro a carattere continuativo, comunque non a termine, di cui almeno sei mesi di lavoro effettivamente prestato anche se in modo non continuativo. Inoltre i lavoratori per poter beneficiare dell’indennità non devono essere titolari di pensione di anzianità o anticipata e non dovranno aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia. I titolari di pensione o assegno di invalidità (a norma del D.L. 40/94) dovranno invece optare, all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità, tra tali trattamenti e l’indennità di mobilità. In caso di opzione a favore di quest’ultima, l’erogazione dell’assegno o della pensione di invalidità resterà sospesa per il periodo di fruizione del predetto trattamento. La domanda: Il diritto all’indennità di mobilità è subordinato alla presentazione da parte degli interessati di apposita domanda, da redigere sul modello DS21. La domanda deve essere presentata secondo le istruzioni vigenti, tramite le sezioni circoscrizionali per l’impiego, e pena decadenza, entro il termine di 67 giorni dalla data di licenziamento. Alla domanda di indennità di mobilità va allegato il modello DS22, contenente tutte le dichiarazioni del datore di lavoro necessarie per la conseguente istruttoria e quindi la liquidazione, da parte dell’Inps, dell’indennità richiesta. E’ opportuno presentare anche la domanda di disoccupazione ordinaria, per precauzione, nel caso in cui l’indennità di mobilità venga negata.
Decorrenza
e preavviso Il
limite fissato per il 2003, è pari a: Per
quanto tempo spetta
Generalmente
l’indennità non può essere corrisposta per un periodo superiore
all’anzianità aziendale del lavoratore. Assegno
per il nucleo familiare |