CAUSE
RIUNITE RGL nn. 3079 e 3128/2003
PROCEDURA
EX ART. 28 L.N. 300/1970
IL
GIUDICE DEL TRIBUNALE ORDINARIO Di
TORINO
-
SEZIONE LAVORO -
-
Sciogliendo
la riserva assunta
all’udienza dei 13
maggio 2003;
-
visto
l'art. 134 cpc, che
prevede per le ordinanze
e i decreti una
motivazione succinta;
-
visto
l'art. ART.
28 L.N. 300/1970,
-
formula
le seguenti
osservazioni.
La
questione si impernia sulla controversa
interpretazione dell'art. 4 comma 5 lati
a) dell'Accordo Interconfederale 20
dicembre 1993 (correlato all'art. 1 dei
Contratto Collettivo disciplina generale
Sez. Il dei Contratto Collettivo
dell'Industria Metalmeccanica Privata,
anche con riferimento all'art. 20 della
Legge n. 30011970), nella parte in cui
prevede che siano: “.... fatti salvi
in favore delle organizzazioni aderenti
alle associazioni sindacali stipulanti
in CCNL applicato nell'unità
produttiva. i seguenti diritti: a)
diritto ad indire, singolarmente o
congiuntamente, l'assemblea dei
lavoratori durante l'orario di lavoro,
per 3 delle 10 ore annue retribuite,
spettanti a ciascun lavoratore ex art.
20 Legge 300/1970‑'.
Pacifico
essendo che delle complessive 10 ore,
l'accordo ne attribuisce 7 alle RSU, si
tratta di valutare se le “residue” 3
ore di assemblea su base annua debbano
essere riconosciute a ciascuna O.S., o
non piuttosto costituiscano un monte
complessivo (pari appunto e 3) che le
OO.SS. aventi diritto devono dividersi
fra di loro o utilizzare singolarmente e
liberamente, senza alcun coordinamento
con altri sindacati, ma comunque solo
fino ad esaurimento delle tre ore
complessive.
Le
aziende convenute sono state accusate di
attività antisindacale per non aver
riconosciuto al sindacato ricorrente il
diritto dì tenere un'assemblea, avendo
già esaurito la CISL, con sue
precedenti richieste, il tetto previsto,
e cioè le tre ore complessive; e poiché
il sindacato ricorrente non ha ancora
tenuto assemblee. ritiene di aver
diritto ad indirle fine ad un massimo
annuo di 3 ore, considerando quindi
antisindacale il rifiuto posto dal
datore di lavoro.
La
questione, di indubbia rilevanza,
sicuramente prospettabile anche prima
della costituzione delle RSU, ed anzi
riconducibile ad una maldestra
formulazione dell'art. 20 della Legge
300/1970, sembra emergere solo negli
ultimi tempi, essendo rimasta quiescente
fino a quando l'indizione di assemblee
veniva effettuata in un contesto
unitario dei sindacati, almeno di quelli
più rappresentativi. Col venir meno di
tale 'concordia cordium" si pone
quindi il problema di valutare a quante
ore di assemblea abbia diritto ciascun
sindacato tra quelli stipulanti il CCNL,
o comunque tra quelli individuati dal
legislatore con la
Legge n. 300/70.
Tale
ultima normativa, come già
sottolineato, è formulata in maniera
inadeguata, poiché quantifica le ore di
assemblea nell'ottica dei singolo
lavoratore, ignorando quella del
sindacato che la indice; ed infatti, in
un primo momento, il sindacato
ricorrente ha addirittura ipotizzato il
diritto ad un illimitato numero di ore
di assemblea sul posto di lavoro, sino
ad esaurimento delle 10 ore a cui
avrebbe diritto
ciascun lavoratore, con la
conseguenza che sul posto di lavoro
potrebbe teoricamente essere indetta una
“assemblea continua", alla quale
partecipassero piccoli gruppi di
lavoratori, ciascuno fino all'ammontare
delle 10 ore individuali, in tal modo
potendosi agevolmente paralizzare
qualunque attività produttiva; del
paradosso e del suo contrasto con l'art.
41 Cost, si è reso conto, durante
l’iter processuale, lo stesso
sindacato ricorrente, che ha infatti più
realisticamente limitato la sua pretesa
alla possibilità di indire assemblee
per le 3 ore previste dell'Accordo
Interconfederale, senza che tale
“entità oraria" possa risultare
"consumato" da precedenti
richieste di altri sindacati, ormai
'avversari".
Per
quanto la legge ‑ improvvidamente,
non ci si stancherà di sottolinearlo
‑ non regoli la gestione dei monte
ore di assemblea pari a 10 (che, come già
osservato, stando alla lettera della
norma, sembrerebbe attribuito al
"solo" lavoratore), è
comunque certo che una interpretazione
coordinata e ragionevole della normativa
pattizia e legale sopra individuata non
può che portare all'accoglimento delle
tesi del sindacato ricorrente, cosi come
precisate all'ultima udienza tenuta
nell'ambito del presente procedimento.
1
Il fatto che nello stesso art. 4 si
faccia riferimento alla possibilità che
l'assemblea, al di fuori dell'attività
delle RSU, possa essere indetto
singolarmente o congiuntamente da parte
dei sindacati stipulanti l'Accordo,
implica senza possibilità di dubbia che
le parti volevano riconoscere a ciascun
sindacato contraente la possibilità
di indire le assemblee per I suoi
iscritti e per chi avesse voluto
parteciparvi, senza veder pregiudicato
tale loro diritto da una preventiva
analoga indizione di assemblea da parte
di un altro sindacato; del resto anche
il diritto legislativamente riconosciuto
al lavoratore dì poter partecipare alle
assemblee implica a maggior ragione il
diritto che tale lavoratore possa
partecipare alle assemblee del sindacato
a cui è iscritto: e la tesi datoriale
determinerebbe il venir meno della
possibilità di indire qualunque
assemblea, da parte di qualunque
sindacato, solo perché un altro
sindacato, più sollecito dei
"concorrenti«, abbia già indetto
assemblee per un totale di 3 ore. Né è
certo sostenibile che il datore di
lavoro debba consentire l'assemblea a
ciascun sindacato solo nella quota a
quest'ultimo spettante, sulla base di
una frazione che vede al numeratore le 3
ore di cui trattesi e al denominatore il
numero dei sindacati stipulanti il
contratto collettivo nazionale, infatti
questa limitazione oraria, decisamente
drastica, non h riscontrabile in alcuna
statuizione pattizia e legale. E nemmeno
contrasta con tale interpretazione il
secondo comma dell'art. 20, che prevede
che le riunioni siano indette,
singolarmente o congiuntamente, "
... secondo l'ordine di precedenza delle
convocazioni, comunicate al datore di
lavoro". Tale disposizione,
infatti, lungi dal creare una poziorità
dei sindacato più sollecito sotto il
profilo dell'utilIzzo dei monte ore, si
riferisce al fatto che, potendo
l'assemblea essere tenuta nell'ambito
dell'unità produttiva, il datore dì
lavoro, a fronte di due richieste di
assemblee separate ma contemporanee
indette da due distinti sindacati, deve
dare la precedenza, nel mettere a
disposizione i locali, al sindacato che
abbia formulato per primo la richiesta.
Sulla
base delle considerazioni di cui sopra,
ritiene dunque il Giudice di dover
dichiarare che il sindacato ricorrente
ha diritto di svolgere assemblee secondo
le modalità di cui all'art. 2,0 della
Legge n. 30011970, per un ammontare
annuo di complessive 3 ore. Poiché tale
capienza nella fattispecie sussiste
tutt'ora, deve essere dichiarato
antisindacale il rifiuto datoriale
impugnato con la presente procedura ex
art. 28 L. n. 300170.
Tenuto
conto dei caratteri peculiari della
questione proposta e delle indubbie
difficoltà ermeneutiche
che essa pone, ritiene opportuno il
Giudice compensare integralmente
fra le parti le spese di lite.
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