Sciopero compatto e con fortissima
partecipazione. Contro i tagli selvaggi, bloccata la produzione in
tutte le fabbriche, da Torino a Grottaminarda
Sindacalisti, giornalisti, fotografi, curiosi.
C'è il pubblico delle grandi occasioni alla porta due di
Mirafiori, ad aspettare l'uscita dei carrozzieri Fiat. Non si vede
il sindaco Sergio Chiamparino, ma forse ci siamo distratti. Non si
vedono i politici della sinistra, eccezion fatta per Rocco
Papandrea, segretario di Rifondazione ma soprattutto operaio alle
meccaniche. In compenso, certo non a sostituire gli assenti, c'è
un cavallo bianco - un po' soprappeso per definirlo un destriero -
e c'è un puledro marroncino. E saranno proprio questi due
simpatici quadrupedi a guidare il corteo dei lavoratori più a
rischio d'Italia. La ragazza che li accompagna spiega che sono lì
per solidarizzare con gli operai di Mirafiori: «Siamo di Vinovo,
il terzo ippodromo d'Italia che tra pochi giorni chiuderà i
battenti trasformando cento lavoratori in disoccupati. Ha comprato
tutto la Juventus per farci un centro commerciale e qualche
campetto da pallone. Vedi, dunque, che il padrone è lo stesso,
sotto sotto c'è sempre lo zampino della Fiat». La mano della
Fiat, più che della famiglia Agnelli. Di cortei in uscita dal
tunnel che dalle carrozzerie conduce fuori dalla porta due, su
corso Tazzoli, ne abbiamo visti uscire tanti negli ultimi
trent'anni, ma questo è il primo in cui non si sente un solo
slogan contro Agnelli. Due giorni fa, il segretario della Fiom di
Pomigliano aveva rilasciato una dichiarazione condivisa da tutti
gli operai che ora sfilano davanti a noi: «Lunga vita al padrone
Gianni Agnelli», l'ultima frontiera prima della vendita della
FIATt Auto alla GM. Sempre che i soci americani siano davvero
intenzionati a comprarsi l'intera baracca. Alle 9 e un quarto il
primo corteo operaio a bloccare il grande corso torinese che segna
uno dei quattro lati di Mirafiori è quello che esce dalla porta
zero, all'angolo con corso Orbassano. E' il corteo dei lastratori.
Le tute sono quelle variopinte di Fiat auto e quelle grige e
arancione di TNT. «Mirafiori/ è scesa in lotta/ il posto di
lavoro/ non si tocca». Il corteo si ferma di fronte alla porta
due per aspettare i carrozzieri, che tardano: «Stanno
rastrellando tutti, reparto per reparto», mi sussurra
all'orecchio l'amico sindacalista. Eccoli, finalmente. Fa sempre
impressione vederli avanzare, il colore delle tute è cambiato,
ora sono celeste e blu ma l'effetto degli slogan che rimbombano
sotto il tunnel è lo stesso: «Mirafiori/ è scesa in lotta...».
«Abbiamo fermato tutte le linee!», dicono i più giovani in
testa al corteo con le bandiere di Fiom, Fim, Uilm, Fismic. Non si
vedono invece le bandiere dell'Ugl e della Cisal, quelle le vede
solo il ministro Maroni. Tutte ferme, le linee, gli operai hanno
scioperato in massa, il 90% per i sindacati, il 30% per l'azienda.
«Forse al Lingotto si sono dimenticati di sottrarre dal conto dei
dipendenti in forza il 50% di noi, quelli lasciati a casa in cassa
integrazione», sfotte una delegata in divisa verde-militare.
Tutte ferme, le linee di montaggio. Quelle che restano, s'intende.
Erano sette, ora sono cinque, domani quattro. E' la Fiat a dirlo.
Dopodomani, chissà, «è il mercato a decidere». Parte il corteo
di carrozzieri e lastratori, cavallo e pony compresi. C'è anche
uno striscione rosso con scritta bianca: «Rsu Politecnico di
Torino».
«Si era capito dalle assemblee di questi
giorni che lo sciopero sarebbe riuscito. Gli operai - dice Claudio
Stacchini, segretario Fiom della 5°
lega - sono d'accordo con noi, ci chiedono di non mollare: se si
accetta la mobilità senza prima ottenere un piano industriale per
rilanciare la produzione e difendere l'occupazione, per Mirafiori
è la fine». Per ora, gli operai che si avvicinano ai
sindacalisti non chiedono informazione sui requisiti per andare in
prepensionamento, anche se la rabbia e l'amarezza nei confronti di
chi ha portato allo sfascio la più grande multinazionale italiana
potrebbe spingere e prima o poi spingerà tanti a cercare una via
di fuga. Di consenso tra i lavoratori, anche quelli che scioperano
poco alla palazzina degli impiegati, la Fiat non ne ha più.
L'erosione del consenso è direttamente proporzionale all'erosione
costante di quote di mercato in Italia e in Europa. Le tute
multicolori chiedono di resistere ai sindacalisti. E quando da
corso Tazzoli il corteo si riversa su corso Agnelli, sapete cosa
cantano questi operai? «Una mattina/ mi son svegliato...».
Porta due, porta tre, porta quattro e finalmente il corteo avviva
alla porta numero 5, il cuore malato di Mirafiori, la palazzina
centrale dove scioperano gli operai degli enti centrali ma non gli
impiegati. Gli impiegati mugugnano, si sentono traditi, scrivono
proteste e parolacce sul sito Intranet aperto dalla direzione
proprio per raccogliere «opinioni e suggerimenti». Ma
scioperare, signora mia... Questi piuttosto piangono, scioperano
solo quando il padrone irriconoscente di tanto zelo li sbatte
fuori.
Dalle presse arriva un altro corteo che ospita anche gli operai
del Comau servizi, tute diverse stessa incazzatura. C'è l'operaia
con troppi anni di anzianità dunque prescelta dalla Fiat per la
mobilità, è infuriata anche per i suoi due figli, «anche loro
lavorano nell'auto, ci rivedremo tutti a casa». Il quarto corteo
è dei meccanici, pardon Powertrain e cioè joint-venture Fiat-Gm;
non riesce ad arrivare fino alla porta cinque da via Settembrini,
l'altro lato di Mirafiori e dopo aver bloccato la strada se ne
torna sui suoi passi. Dopo due ore lo sciopero finisce e si deve
riprendere il lavoro. Finché ce ne sarà. Su 1.300 meccanici,
alla Powertrain glie ne avanzano 500. Restano i grandi spazi di
Mirafiori, che in epoca fordista è arrivata a dar lavoro a quasi
60 mila persone. Adesso ce ne sono decisamente meno di 15 mila, in
realtà la metà perché il 50% è in cassa. Spazi addirittura
eccessivi per costruire qualcosa come 160 mila automobili nel
breve periodo, la metà di oggi. 110 mila metri quadrati di
Mirafiori sono stati recintati, ha detto due giorni fa la Fiat,
destinati ad altro uso. C'è chi dice e scrive che al posto delle
catene di montaggio ci sarà un bel magazzino per i giochi
olimpici del 2006, il mitico volano economico della Nuova Torino
senz'auto che sognano in tanti, sindaco in testa. Solo per
intenderci, oggi nell'area metropolitana torinese lavorano in
15.000 alla Fiat auto più 10.000 delle aziende terze, Comau,
Magneti Marelli, Tnt, Gesco, ognuno con la sua casacca. Altri
73.000 lavorano nell'indotto auto. Se chiude Mirafiori, te li do
io sci e bob. C'è chi dice, mentre sfila in corteo, che in quei
110.000 metri quadri «si potrebbe mettere un inceneritore e
buttarci dentro gli esuberi».
I comizi alla porta cinque ripetono quel che i sindacati dicono
dal primo giorno, ma i sordi sono sordi: nessuna trattativa sugli
esuberi se la Fiat non ci presenta un piano industriale vero per
uscire dalla crisi. Modelli competitivi per il presente,
investimenti per una nuova generazione di auto per il futuro. Per
far questo, mi dicono Stacchini e Airaudo
della Fiom, bisogna intanto sospendere le procedure di
mobilità e mettersi intorno a un tavolo per discutere con la
Fiat, seriamente, non per discutere piani inclinati su cui far
scivolare via i lavoratori. La Fiom proporrà a Fim, Uilm e Fismic
uno sciopero provinciale di tutti i metalmeccanici, perché i
tavoli di trattativa nessuno te li regala, «dobbiamo
conquistarceli». C'è qualcuno che ha in testa «una cosa che di
questi tempi suona strana: la Fiat ha distrutto l'azienda, e
allora irizziamola». A Rocco che sussurra questa strada verrebbe
da rispondere: per far questo ci vorrebbe almeno un forte partito
socialdemocratico al governo. Invece non ce n'è neppure uno
all'opposizione...
Lo sciopero è riuscito alla grande, eppure non c'è gioia negli
occhi di questi operai multicolori che in corteo si avviano verso
le catene di montaggio che montano macchine che non si vendono.
Cantano Bella ciao, ma si sentono troppo soli. I loro amici di un
tempo sono andati a sciare, per arrivare preparati
all'inaugurazione delle Olimpiadi del 2006. Tanto, 12 mila
licenziati a Torino come dice la Fiom, o 10 mila come dice il
presidente Paolo Fresco, sono forse un problema? Prima di arrivare
a farli fuori tutti e 100 mila, i lavoratori dell'auto, un po' di
tempo passerà. E chissà che il volano olimpico non faccia
miracoli.
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