24 maggio 2002    FIAT:   SCIOPERO DI 2 ORE 

Sciopero compatto e con fortissima partecipazione. Contro i tagli selvaggi, bloccata la produzione in tutte le fabbriche, da Torino a Grottaminarda


Sindacalisti, giornalisti, fotografi, curiosi. C'è il pubblico delle grandi occasioni alla porta due di Mirafiori, ad aspettare l'uscita dei carrozzieri Fiat. Non si vede il sindaco Sergio Chiamparino, ma forse ci siamo distratti. Non si vedono i politici della sinistra, eccezion fatta per Rocco Papandrea, segretario di Rifondazione ma soprattutto operaio alle meccaniche. In compenso, certo non a sostituire gli assenti, c'è un cavallo bianco - un po' soprappeso per definirlo un destriero - e c'è un puledro marroncino. E saranno proprio questi due simpatici quadrupedi a guidare il corteo dei lavoratori più a rischio d'Italia. La ragazza che li accompagna spiega che sono lì per solidarizzare con gli operai di Mirafiori: «Siamo di Vinovo, il terzo ippodromo d'Italia che tra pochi giorni chiuderà i battenti trasformando cento lavoratori in disoccupati. Ha comprato tutto la Juventus per farci un centro commerciale e qualche campetto da pallone. Vedi, dunque, che il padrone è lo stesso, sotto sotto c'è sempre lo zampino della Fiat». La mano della Fiat, più che della famiglia Agnelli. Di cortei in uscita dal tunnel che dalle carrozzerie conduce fuori dalla porta due, su corso Tazzoli, ne abbiamo visti uscire tanti negli ultimi trent'anni, ma questo è il primo in cui non si sente un solo slogan contro Agnelli. Due giorni fa, il segretario della Fiom di Pomigliano aveva rilasciato una dichiarazione condivisa da tutti gli operai che ora sfilano davanti a noi: «Lunga vita al padrone Gianni Agnelli», l'ultima frontiera prima della vendita della FIATt Auto alla GM. Sempre che i soci americani siano davvero intenzionati a comprarsi l'intera baracca. Alle 9 e un quarto il primo corteo operaio a bloccare il grande corso torinese che segna uno dei quattro lati di Mirafiori è quello che esce dalla porta zero, all'angolo con corso Orbassano. E' il corteo dei lastratori. Le tute sono quelle variopinte di Fiat auto e quelle grige e arancione di TNT. «Mirafiori/ è scesa in lotta/ il posto di lavoro/ non si tocca». Il corteo si ferma di fronte alla porta due per aspettare i carrozzieri, che tardano: «Stanno rastrellando tutti, reparto per reparto», mi sussurra all'orecchio l'amico sindacalista. Eccoli, finalmente. Fa sempre impressione vederli avanzare, il colore delle tute è cambiato, ora sono celeste e blu ma l'effetto degli slogan che rimbombano sotto il tunnel è lo stesso: «Mirafiori/ è scesa in lotta...». «Abbiamo fermato tutte le linee!», dicono i più giovani in testa al corteo con le bandiere di Fiom, Fim, Uilm, Fismic. Non si vedono invece le bandiere dell'Ugl e della Cisal, quelle le vede solo il ministro Maroni. Tutte ferme, le linee, gli operai hanno scioperato in massa, il 90% per i sindacati, il 30% per l'azienda. «Forse al Lingotto si sono dimenticati di sottrarre dal conto dei dipendenti in forza il 50% di noi, quelli lasciati a casa in cassa integrazione», sfotte una delegata in divisa verde-militare. Tutte ferme, le linee di montaggio. Quelle che restano, s'intende. Erano sette, ora sono cinque, domani quattro. E' la Fiat a dirlo. Dopodomani, chissà, «è il mercato a decidere». Parte il corteo di carrozzieri e lastratori, cavallo e pony compresi. C'è anche uno striscione rosso con scritta bianca: «Rsu Politecnico di Torino».

«Si era capito dalle assemblee di questi giorni che lo sciopero sarebbe riuscito. Gli operai - dice Claudio Stacchini, segretario Fiom della 5° lega - sono d'accordo con noi, ci chiedono di non mollare: se si accetta la mobilità senza prima ottenere un piano industriale per rilanciare la produzione e difendere l'occupazione, per Mirafiori è la fine». Per ora, gli operai che si avvicinano ai sindacalisti non chiedono informazione sui requisiti per andare in prepensionamento, anche se la rabbia e l'amarezza nei confronti di chi ha portato allo sfascio la più grande multinazionale italiana potrebbe spingere e prima o poi spingerà tanti a cercare una via di fuga. Di consenso tra i lavoratori, anche quelli che scioperano poco alla palazzina degli impiegati, la Fiat non ne ha più. L'erosione del consenso è direttamente proporzionale all'erosione costante di quote di mercato in Italia e in Europa. Le tute multicolori chiedono di resistere ai sindacalisti. E quando da corso Tazzoli il corteo si riversa su corso Agnelli, sapete cosa cantano questi operai? «Una mattina/ mi son svegliato...».

Porta due, porta tre, porta quattro e finalmente il corteo avviva alla porta numero 5, il cuore malato di Mirafiori, la palazzina centrale dove scioperano gli operai degli enti centrali ma non gli impiegati. Gli impiegati mugugnano, si sentono traditi, scrivono proteste e parolacce sul sito Intranet aperto dalla direzione proprio per raccogliere «opinioni e suggerimenti». Ma scioperare, signora mia... Questi piuttosto piangono, scioperano solo quando il padrone irriconoscente di tanto zelo li sbatte fuori.

Dalle presse arriva un altro corteo che ospita anche gli operai del Comau servizi, tute diverse stessa incazzatura. C'è l'operaia con troppi anni di anzianità dunque prescelta dalla Fiat per la mobilità, è infuriata anche per i suoi due figli, «anche loro lavorano nell'auto, ci rivedremo tutti a casa». Il quarto corteo è dei meccanici, pardon Powertrain e cioè joint-venture Fiat-Gm; non riesce ad arrivare fino alla porta cinque da via Settembrini, l'altro lato di Mirafiori e dopo aver bloccato la strada se ne torna sui suoi passi. Dopo due ore lo sciopero finisce e si deve riprendere il lavoro. Finché ce ne sarà. Su 1.300 meccanici, alla Powertrain glie ne avanzano 500. Restano i grandi spazi di Mirafiori, che in epoca fordista è arrivata a dar lavoro a quasi 60 mila persone. Adesso ce ne sono decisamente meno di 15 mila, in realtà la metà perché il 50% è in cassa. Spazi addirittura eccessivi per costruire qualcosa come 160 mila automobili nel breve periodo, la metà di oggi. 110 mila metri quadrati di Mirafiori sono stati recintati, ha detto due giorni fa la Fiat, destinati ad altro uso. C'è chi dice e scrive che al posto delle catene di montaggio ci sarà un bel magazzino per i giochi olimpici del 2006, il mitico volano economico della Nuova Torino senz'auto che sognano in tanti, sindaco in testa. Solo per intenderci, oggi nell'area metropolitana torinese lavorano in 15.000 alla Fiat auto più 10.000 delle aziende terze, Comau, Magneti Marelli, Tnt, Gesco, ognuno con la sua casacca. Altri 73.000 lavorano nell'indotto auto. Se chiude Mirafiori, te li do io sci e bob. C'è chi dice, mentre sfila in corteo, che in quei 110.000 metri quadri «si potrebbe mettere un inceneritore e buttarci dentro gli esuberi».

I comizi alla porta cinque ripetono quel che i sindacati dicono dal primo giorno, ma i sordi sono sordi: nessuna trattativa sugli esuberi se la Fiat non ci presenta un piano industriale vero per uscire dalla crisi. Modelli competitivi per il presente, investimenti per una nuova generazione di auto per il futuro. Per far questo, mi dicono Stacchini e Airaudo della Fiom, bisogna intanto sospendere le procedure di mobilità e mettersi intorno a un tavolo per discutere con la Fiat, seriamente, non per discutere piani inclinati su cui far scivolare via i lavoratori. La Fiom proporrà a Fim, Uilm e Fismic uno sciopero provinciale di tutti i metalmeccanici, perché i tavoli di trattativa nessuno te li regala, «dobbiamo conquistarceli». C'è qualcuno che ha in testa «una cosa che di questi tempi suona strana: la Fiat ha distrutto l'azienda, e allora irizziamola». A Rocco che sussurra questa strada verrebbe da rispondere: per far questo ci vorrebbe almeno un forte partito socialdemocratico al governo. Invece non ce n'è neppure uno all'opposizione...

Lo sciopero è riuscito alla grande, eppure non c'è gioia negli occhi di questi operai multicolori che in corteo si avviano verso le catene di montaggio che montano macchine che non si vendono. Cantano Bella ciao, ma si sentono troppo soli. I loro amici di un tempo sono andati a sciare, per arrivare preparati all'inaugurazione delle Olimpiadi del 2006. Tanto, 12 mila licenziati a Torino come dice la Fiom, o 10 mila come dice il presidente Paolo Fresco, sono forse un problema? Prima di arrivare a farli fuori tutti e 100 mila, i lavoratori dell'auto, un po' di tempo passerà. E chissà che il volano olimpico non faccia miracoli.