Hanno
scambiato diritti e tutele con vaghe e modeste promesse
Il
5 luglio, senza la firma della CGIL, è stato siglato quello che
impropriamente viene definito il PATTO PER L’ITALIA
Governo
e Padronato incassano consensi sulla loro linea, proprio quella
enunciata da Confindustria nell’assemblea di Parma, proprio
quella che i lavoratori e le lavoratrici hanno contrastato con
gli scioperi di questi mesi. Loro possono essere
contenti perché incassano numerosi e importanti risultati, in
particolare:
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incassano
un’estesa modifica all’art.18 che varrà per tutte le
imprese che assumendo superano i 15 dipendenti e per
quelle di nuova costituzione;
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ottengono
l’assenso su tutti i criteri contenuti nella delega sul
lavoro quella che toglie diritti a tutti;
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incassano
l’assenso sul DPEF dove viene previsto un PIL del 2,9
– 3%.Tutti sanno che è un tasso di crescita
irrealistico (oggi siamo all’1%);
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stabiliscono
nel DPEF un’inflazione programmata pari all’1,4%. E’
una cifra bassissima, non realistica, perché in contrasto
non solo con l’inflazione tendenziale (2,3%) ma anche
con quella indicata tendenzialmente dall’U.E. (1,8%).
E’ un grosso sconto per le imprese per il rinnovo dei
prossimi CCNL. E’ una diminuzione del salario delle
lavoratrici e dei lavoratori.
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Naturalmente
alle lavoratrici e ai lavoratori, ai pensionati/e, alle persone
che cercano lavoro dicono altre cose, dicono
che:
ART.
18
E’
un ottimo accordo perché non modifica l’art. 18 e non toglie
i diritti ai lavoratori. E’
una bugia.
Sarebbe importante che chi sottoscrive un’intesa non se ne
vergognasse e dicesse la verità. Infatti,
è certo che nelle imprese che assumeranno a tempo
indeterminato, a part-time o CFL, superando la soglia dei 15
dipendenti, le lavoratrici ed i lavoratori non potranno più
godere della protezione dell’art. 18 in caso di
licenziamento senza giusta causa. Per loro ci sarebbe stato, ma
non ci sarà più, il reintegro nel posto di lavoro; al posto
del reintegro una manciata di soldi (2 – 6 mensilità).
Come
se non bastasse, tutte le
aziende di nuova costituzione, qualunque sarà
il loro organico (10-100-200-1000 persone), potranno
non applicare l’art. 18, varrà anche per le
imprese che emergono dal lavoro nero. Come fanno a dire di non
aver tolto i diritti? Di quali lavoratrici e lavoratori parlano?
Dicono
che è una norma sperimentale e transitoria della durata di 3
anni. Se è così perché non è stato
scritto il ritorno alla totale applicazione dello Statuto
dei Lavoratori alla scadenza? Siamo certi che non
torneranno indietro, Governo e Confindustria utilizzeranno
la sperimentazione per togliere l’art. 18 per tutti.
Dicono
di aver portato grandi risultati sugli AMMORTIZZATORI
ma:
Non
hanno esteso la Cassa Integrazione, né quella
ordinaria né quella straordinaria, ad alcuno. Chi oggi non ha
tutele per il sostegno al reddito durante le interruzioni
momentanee di lavoro continuerà a non averle. Anzi sanciscono
che il Governo non metterà una lira per loro e che se vorranno
avere ammortizzatori dovranno farseli contrattualmente, cioè
togliendo salario dagli aumenti contrattuali per spostarli in
fondi bilaterali gestiti dalle parti (si salvi chi può!).
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Dicono
di aver portato un grande risultato sulla disoccupazione
ordinaria che avrà una durata continuativa di 12 mesi ed
una misura pari al 60% della retribuzione per i primi 6
mesi e il 40 e il 30% nei 2 trimestri successivi. Non
dicono però che per la prima volta viene messo un tetto
alla durata massima della disoccupazione che sarà di 24
mesi nell’arco di 5 anni.
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Non
dicono che non hanno cambiato i requisiti di accesso.
Questo vuol dire che non è stata estesa la tutela per la
disoccupazione: chi ha lavori precari, saltuari,
stagionali, non raggiunge quei requisiti. Ma
non si dovevano tutelare proprio i più deboli e quelli
costretti ad accettare i lavori precari?
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Non
dicono che la contribuzione figurativa resta quella di
prima, cioè 6 mesi. Tutti coloro che hanno il
sistema contributivo per il calcolo della pensione
continueranno a non avere una reale copertura
previdenziale per i periodi di intervallo tra un lavoro e
l’altro. Il Patto a loro non risponde. A
chi sono state estese le tutele?
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Non
dicono che la disoccupazione a requisiti ridotti non è
stata aumentata (sempre
al 30%per max 180 gg) anzi viene prevista una riduzione
della durata e l’inserimento di un tetto massimo. E’
una logica punitiva nei confronti delle lavoratrici e dei
lavoratori che, evidentemente per loro incuria e colpa,
hanno solo la possibilità di lavori saltuari.
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NUOVI
LAVORI -
Collaborazioni coordinate e continuative
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Ma
per le
tipologie di lavoro più deboli - i
collaboratori coordinati e continuativi - ci
sono nuovi diritti o nuove tutele? Per
loro niente; viene confermata l’ipotesi già
contenuta nella delega del lavoro che prevede di chiamarli
lavoratori/ci a progetto. Di certo saranno inquadrati come
“lavoro autonomo” e quindi non avranno diritto alla
Disoccupazione ordinaria.
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Dicono
poi che per le numerosissime false CO.CO.CO, (sono sovente
lavoro dipendente mascherato), attueranno una forte
iniziativa ispettiva. Di certo, avendo scelto di non dare
una vera regolamentazione a questa tipologia di lavoro, le
lavoratrici oggi occupate come collaboratrici che lavorano
nei call-center, non potranno avere risposta alle
richieste di sicurezza e di tutela per le quali hanno
lottato.
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FISCO
Particolarmente
incomprensibile risulta La retromarcia di CISL e UIL sul fisco:
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hanno
dato il via libera alla delega fiscale che
prevede la riduzione da 5 a 2 aliquote IRPEF (23% e 33%) e
la graduale abolizione dell’IRAP, mettendo in
discussione la progressività del prelievo fiscale e
facendo un enorme regalo ai redditi alti e altissimi.
Questo produrrà un gettito inferiore che potrà mettere
in crisi lo stato sociale. Alcuni firmatari hanno
dichiarato che questo pericolo non si correrà perché
nell’intesa viene sancito che la spesa sociale
complessiva nel 2003 non diminuirà. D’Amato ha subito
dopo spiegato che questo impegno non impedisce di spostare
le risorse da pensioni e sanità al fisco.
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hanno
accettato di discutere soltanto le briciole. La
manovra preannunciata si configura come una semplice
rimodulazione di sgravi, già previsti dalla legislazione
vigente contenuta nella Finanziaria Amato e cancellata dal
governo Berlusconi.
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I
pensionati fino a 516 euro (un milione) al mese erano già
quasi tutti esenti.
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Per
i redditi bassi, (sotto i 20 milioni di vecchie lire) il
Governo dice in più punti di voler compensare con
riduzione delle tasse coloro che emergono dal nero e che,
per il provvedimento sull’emersione potrebbero veder
tagliati i loro salari per 3 anni fino al 30%.
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I
redditi tra i 20 e 30 milioni di vecchie lire avranno una
riduzione dell’IRPEF puramente illusoria, in quanto le
aliquote già previste per quest’anno nella riforma del
Governo Amato del 2001 e la restituzione del fiscal-drag
avrebbero dato di più!
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CISL
e UIL hanno anche accettato che la riforma fiscale sia
legata anno per anno alle risorse disponibili in
Finanziaria. Questa scelta è pericolosissima, perché
produce incertezza sull’entità della tassazione e del
salario reale disponibile, facendo saltare qualsiasi
ipotesi di politica dei redditi.
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Per
incominciare, nello stesso giorno della firma del patto, il
Governo ha emanato un decretone nel quale vengono, di fatto,
introdotti ticket mascherati; infatti solo il farmaco
meno costoso resterà in fascia A, cioè a carico del Servizio
Sanitario Nazionale. Gli altri farmaci saranno declassati alla
fascia B in cui si prevede la compartecipazione alla spesa dei
cittadini con ticket o altro.
Nel
Patto, sulle pensioni non hanno scritto niente. Il Governo ha
mano libera sulla decontribuzione e si prepara ad una nuova
riforma della previdenza!
Sono
questi i motivi per i quali non abbiamo firmato l’intesa.
Come risulta chiaro, sono
solo ragioni di merito e non per fantomatici fini politici.
Forte
delle proprie ragioni la
CGIL chiede una consultazione aperta e democratica fra le
lavoratrici e i lavoratori, i giovani in cerca di lavoro, le
pensionate e i pensionati italiani, affinchè ad essi sia
riconsegnata la possibilità di esprimere una valutazione
impegnativa e risolutiva sul protocollo e i suoi contenuti.
Nel
frattempo per difendere ed estendere i diritti e le
tutele la CGIL continuerà
a chiamare alla mobilitazione le lavoratrici e i
lavoratori, i pensionati e le pensionate e
nello stesso
tempo raccoglierà milioni di firme per sostenere due iniziative
di legge popolare; una per dare maggiori tutele
contro i licenziamenti a tutti coloro che lavorano, anche quelli
occupati in imprese con meno di 15 dipendenti e per estendere
diritti e tutele ai collaboratori coordinati e continuativi, l’altra
per ottenere una reale riforma degli ammortizzatori sociali
che dia un efficace aiuto e sostegno a tutte le persone durante
il rapporto di lavoro, in caso di licenziamento, per i lavori
saltuari.
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