Polemica
tra sindacati e Corte dei Conti |
La Corte dei Conti entra con tutti e due i piedi nel
dibattito sulla riforma del sistema pensionistico italiano. E lo fa
indicando la strada di un deciso intervento sulla spesa. Nella relazione
sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'
Inps, la magistratura contabile sottolinea l'esigenza, sempre più
indifferibile, dell'adozione di misure atte a incidere sulle cause
strutturali dei disavanzi del sistema previdenziale'. In particolare la
Corte segnala la necessità di aumentare il tasso di occupazione,
soprattutto tra i 55 e i 64 anni, e l'età effettiva di pensionamento.
Ma anche quella di individuare una aliquota obbligatoria finalizzata a
rendere sostenibile il ricorso alla previdenza privata, che ora sarebbe
troppo oneroso.
L' analisi dei magistrati evidenzia che negli anni '90 il sistema
previdenziale italiano ''é stato sottoposto ad interventi di riordino
assai incisivi", senza i quali la spesa pensionistica sarebbe
salita in modo esponenziale dall' attuale 13,8% al 23% del pil nel 2040.
La Corte, quindi, considera "positive le iniziative di riforma
realizzate nelle precedenti legislature" ma "tuttavia
sottolinea che permangono dei problemi ancora da affrontare" sia
nel breve che nel medio lungo periodo. Soprattutto nel lungo periodo, la
magistratura contabile sottolinea come nei prossimi anni la spesa
pensionistica crescerà sia per l'arrivo tra i pensionati della
generazione dei "baby boom" nati negli anni '60, sia per
l'aumento delle rendite per la maggiore anzianità contributiva di chi
lascerà il lavoro. Il nodo è quello della fase di transizione prevista
dalle recenti riforme "in generale considerata troppo lunga" e
che "condiziona le possibilità di riduzione del carico fiscale e
contributivo e di sviluppo di politiche sociali più adeguate ad una
serie di nuovi bisogni (in tema di famiglia, di sostegno a chi perde il
lavoro e, con specifico riferimento agli anziani, di tutela delle
condizioni di non autosufficienza)". La Corte inoltre sostiene che
l' attuale situazione "non consente di preservare dal rischio di
interventi di risanamento della spesa pubblica". L' equilibrio dei
conti previdenziali - secondo i magistrati - pone inoltre dei problemi
di "equità generazionale". In pratica le generazioni che
pagheranno di più facendosi carico del sistema nel momento di massima
espansione della spesa, saranno anche quelle che "dovranno
accontentarsi di prestazioni più contenute". A pesare sui nuovi
occupati "destinati a caricarsi sia dei costi del risanamento, sia
degli oneri della solidarietà verso le generazioni precedenti") è
anche la concreta possibilità di avviare la previdenza complementare.
L' attuale aliquota contributiva che grava su produzione e lavoro e
dipendente è del 32,7% e - calcola la Corte - "per assicurare una
discreta copertura sul versante della previdenza complementare si stima
necessario un ulteriore prelievo del 9,25%".
Tra gli interventi strutturali, i magistrati contabili indicano la
necessità dell' innalzamento del tasso di occupazione ("il cui
perseguimento è strettamente correlato all'impegno di concorrere ad
aumentare il tasso di occupazione delle persone in età compresa tra i
55 e i 64 anni") e quella di elevare l' età effettiva media di
pensionamenti. Due interventi che la Corte dei Conti ritiene la
"chiave di congiunzione" delle diverse esigenze del sistema
previdenziale: cioé della necessità di garantire la sostenibilità
finanziaria ed economica del sistema in relazione al mutato quadro
demografico e insieme di assicurare un' effettiva adeguatezza delle
prestazioni, nonché una modernizzazione dei modelli di solidarietà
sociale in direzione della complessità dei bisogni".
I sindacati: l'Italia ha già dato
Per Guglielmo Epifani l'allarme lanciato dalla Corte dei Conti è
infondato. "La verità - dice il leader della Cgil - è che siamo
l' unico paese che ha fatto delle riforme in materia pensionistica.
Abbiamo unificato i pubblici e i privati, cosa che in Francia stanno
facendo adesso. Abbiamo innalzato a suo tempo l' età pensionabile e
introdotto per le pensioni di anzianità un periodo transitorio. Tutto
questo aveva l' obiettivo di stabilizzare la crescita del rapporto
spesa/pil. Mi pare che stia avvenendo. Per questo difendiamo quello che
abbiamo fatto e pensiamo che sia sufficiente ad assicurare la stabilità
del sistema". "Per noi - ha aggiunto il segretario della Cgil
- non servono interventi. Anzi, tutti questi allarmi che vengono
riproposti ai cittadini e ai lavoratori ingenerano ancora più
incertezza e portano a prepensionamenti anche quando non ce ne sarebbe
bisogno da parte dei lavoratori".
Il leader della Cisl, Savino Pezzotta, ha invece ribadito che "se
il governo non accetterà le richieste dei sindacati la mobilitazione
sarà inevitabile". Pezzotta ha spiegato che la Cisl "non ha
mai rifiutato l'idea dello sciopero sulle pensioni. Ma prima viene il
confronto - ha detto - e poi, sulla base di come va il confronto, si
deciderà lo sciopero o meno". "Sia chiaro - ha aggiunto il
segretario generale della Cisl - che noi non siamo per la guerre
preventive. Ma è altrettanto chiaro che se il Governo non accetterà le
richieste dei sindacati la mobilitazione sarà inevitabile".
Pezzotta ha quindi ribadito la totale contrarietà del sindacato
all'ipotesi di introdurre disincentivi per le pensioni di anzianità
("é una strada impraticabile") e - sempre rispondendo ai
giornalisti della stampa straniera - ha definito "fuori dal
mondo" la proposta di una Maastricht delle pensioni avanzata dal
premier Silvio Berlusconi.
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