Giovanni Preziosi nasce a Torella dei Lombardi (Avellino) nel 1881. La famiglia di origine borghese ha sei figli. Giovanni è il più grande. La sua formazione è fortemente cattolica, tanto che, dopo la laurea in filosofia, prende gli ordini religiosi a Napoli. Ma nel 1912 li abbandona e nel 1913 fonda una rivista: “La vita italiana” che continuerà ad uscire per tutto il tempo della sua vita, cioè fino alla fine della Repubblica Sociale Italiana. Al tempo della Prima Guerra Mondiale è Nazionalista e nel 1917 lui e Maffeo Pantaleoni costituiscono un Fascio parlamentare di difesa nazionale. Nel dopoguerra la sua rivista manifesta un forte antisemitismo. Egli denuncia la finanza internazionale ebraica che domina il mondo, la accusa di aver tramato per far accettare dall’Italia uno sfavorevole trattato di pace, rivela l’esistenza di una congiura ebraico-massonica ai danni dei popoli ariani.
Nei primi anni venti prosegue nella sua carriera di giornalista e diventa direttore dei giornali napoletani “Roma” e “Mezzogiorno”. In quegli anni aderisce al Fascismo e, pur non avendo rilevanti posizioni di potere, collabora alla elaborazione del programma economico del Fascismo. Durante quegli anni diventa amico di Roberto Farinacci ma, successivamente, l’amicizia finirà traumaticamente. Egli, infatti, accuserà Farinacci di essere compromesso con la massoneria e interromperà con lui ogni rapporto.
Dopo la caduta di Mussolini, nel luglio 1943, si reca in Germania ove incontra e ha rapporti con Gobbels, Streicher e perfino con Hitler, che apprezza la sua posizione radicalmente antiebraica.
Con la nascita della R.S.I. rientra in Italia dove viene nominato “Ispettore Generale per la razza”. Fra le altre cose presenterà una proposta di decreto sulle “limitazioni civili alle quali sottoporre tutti i massoni ed ex massoni”, nonché una sulla costituzione di una “superpolizia razziale” che avrebbe dovuto avere anche il potere di fermo giudiziario.
La sua residenza durante il periodo della R.S.I. è a Desenzano sul Garda, ma il 25 aprile 1945 si trova a Milano. Nel pomeriggio del 26 aprile, mentre è in corso una forsennata caccia al fascista, onde evitare di cadere nelle mani dei partigiani, sceglie il suicidio e si getta, insieme alla moglie, dalla finestra di un palazzo sfracellandosi nella strada sottostante.