Paolo Porta, nasce a Como il 26 gennaio 1901. Sciarpa Littorio e
avvocato, il 14 settembre 1943 riapre la sede del Fascio di Como, in Piazza
Impero, con una trentina di iscrizioni, quasi tutti giovani e quarantenni
compreso qualche ex antifascista. Si arruola nella risorta MVSN. Poi sarà il
Comandante dell 11ª B. N. “Rodini” e sostiene l’insensata “ridotta della
Valtellina”.
Da marzo 1944 avvicenda Fulvio Balisti, e sempre vi resta, quale delegato
regionale per la Lombardia nel Direttorio del PFR insediato a Maderno il 22
febbraio 1944. Sono 17 gli altri componenti nominati da Mussolini, tutti agli
ordini di Alessandro Pavolini Segretario dal 18 gennaio 1944 dopo esserlo stato
ad interim dal 17 settembre 1943, quando Renzo Montagna, liberato da Forte Boccea
e che aveva riaperto la sede romana in Piazza Colonna gli fa le consegne.
Questi gli altri componenti del Direttorio: Pietro Asti per la Liguria ( muore
per incidente ed è sostituito da Luigi San Germano), Giuseppe Dongo per il
Piemonte (sostituito da Giuseppe Solaro), Gino Meschiari per la Toscana, Franz
Pagliani per l’Emilia (sostituito da Pino Romualdi), Giuseppe Pizzirani per il
Lazio, Luigi Ruzzier per la Venezia Giulia (sostituito da Bruno Sambo), Leo
Todeschini per il Veneto, Agostino Vandini per le Marche e l’Umbria (sostituito
da Girolamo Misciattelli) , Alfredo Cucco per le terre invase e Carlo Giglio
per l’estero (sostituito da Mario Niccolini e poi da Antonio Bonino), oltre
Carlo Borsani, Bruno Gemelli, Sergio Stroppiana e Aldo Vidussoni. ed anche
Giulio Gay ,Corrado Franco Marina, Alessandro Paladini però sostituiti i il 4
aprle 1945 da Vincenzo Costa, Agostino Margara e Renato Ricci.
Partecipa all’Assemblea del PFR del 14 novembre 1943 a Verona nel salone di
Castelvecchio, in rappresentanza di oltre 250 mila iscritti composta dai
Commissari federali e dai Triunviri dell’Italia non invasa, comprese Provincie
sulla linea del fuoco, oltre i Commissari delle Confederazioni Sindacali del
Lavoratori.. L’Assemblea, ove non passa la prevista linea dell’unificazione del
comando sia in provincia che al centro nelle mani del Partito, si apre con la
lettura di un messaggio di Mussolini che non accoglie la proposta tedesca, per
evitare contrasti con Croazia di Pavelic e Francia di Petain, di non riaffermare
l’integrità territoriale e che, per la prima volta, parla di “Repubblica
Sociale”. Prima della chiusura (ore 21) pur nella generale indignazione, con
grida di vendetta, per l’uccisione a Ferrara di Igino Ghisellini e con gli
animi dei giovani accesi dalla contestazione di Balisti nei confronti di
Pavolini, quest’ultimo fa approvare all’unanimità i 18 punti del “Manifesto di
Verona” e un grazie al Fuehrer e ai suoi soldati per aver liberato Mussolini.
Nel suo intervento dopo il delegato di Treviso chiede due decisioni, accolte
da consensi ma non dal Governo della RSI: abolire le Polizie e affidarne i
compiti alla MVSN, anche per evitare traffici e fughe di Confine, ed impedire
il disfattismo della Chiesa in ciò sorretto da una constatazione nel caso di
Como ”chi non è sotto il rito Romano ma quello Ambrosiano subisce l’azione di
Parroci che insinuano nell’animo delle madri che i loro figli devono andare in
Svizzera e non combattere”.
Segue Mussolini e il 28 aprile è tra i 15 assassinati al muretto del Porticciolo
di Dongo (CO).
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