Mario Nudi nasce il 17 luglio 1912 a Roma. Combatte in AOI e nel 1940
diviene S.Capo Manipolo MVSN e Moschettiere del Duce. Lavora nella
Confederazione Fascista dei Lavoratori dell’Agricoltura che segue al Nord e che
ha quale Commissario ministeriale Aldo Buffa e la cui Unione dei Lavoratori di
Milano pubblica il quindicinale L’ARATRO, con direttore Gino Sequi. In RSI
detta Confederazione assieme a quella degli Agricoltori e con le Confederazioni
dei Lavoratori dell’Industria, degli Industriali e dei Professionisti e degli
Artisti e dei Settori del Commercio e del Credito, con il Decreto Legislativo
20 dicembre 1943-XXII n. 853, fa parte della Confederazione Generale del
Lavoro, della Tecnica e delle Arti “la quale, a norma della Legge 3 aprile 1926
n. 563, viene giuridicamente riconosciuta” (art. 2). Invece i Sindacati del
dopoguerra non hanno, né vogliono, la personalità giuridica. “Nel suo
funzionamento la CGLTA agisce con piena autonomia. Il controllo politico sulla
organizzazione è devoluto al Ministro Segretario del PFR; il controllo
amministrativo e tecnico è devoluto al Ministro dell’Economia Corporativa”
(art. 6). Il lavoro nell’agricoltura e nelle piccole aziende (punto 13 e punto
14) è il meno trasformato dalla nuova disciplina dell’economia propugnata dai
18 punti del “Manifesto di Verona” del 14 novembre 1943.
E’ Capitano dell’8ª B. N. di Milano. Dal 28 ottobre 1944 viene trasferito
alla Polizia Repubblicana per avvicendare il Questore Emilio Bigazzi Capanni,
già Console MVSN, al comando della scorta della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, con sede a Gargnano (BS) e campo d’azione da Bogliaco a Gardone,
lungo la riva bresciana del Lago di Garda. Ha ai suoi ordini i Marescialli
Angelo Assi e Giuseppe Cesarotti (ambedue autisti di Mussolini, dileguatisi a
Como).
La sera del 25 aprile 1945 quando Mussolini lascia Palazzo Monforte, è come
al solito suo compito scortarlo in accordo con Luigi Gatti, l’Alfa Romeo del
quale guida da Menaggio (CO) e si ritrova tra gli assassinati alle 17,30 del 28
aprile al parapetto del Porticciolo di Dongo (CO).
Escluse le donne, sono 31 i componenti della colonna diretta in Valtellina
che si consegnano a don Enea Mainetti, parroco di Musso (CO). Tra essi i 14 poi
scelti per la “giustizia” comunista. I Caduti dell’autoblinda sono il
Maresciallo della 36ª B. N. di Lucca Giulio Taiti e il Brigadiere della Polizia
Repubblicana, già internato in Germania, Aldo Gasperini Non vengono uccisi il
guardaspalle di Luigi Gatti l’italo-spagnolo Antonio Broccoli, l’attendente di Mussolini
e Guardia della Polizia Repubblicana Pietro Carradori, il barbiere Otello
Montermini , due agenti speciali Saro Boccadifuoco (alias Giuseppe Marcucci ) e
Virgilio Pallottelli, pilota già prigioniero in A.S. incautamente paracadutato
al Nord come spia britannica, il Maggiore Teresio Beltrami, Segretario del
Ministro Liverani, e il Sottotenente GNR Erminio Barsotti, oltre i due autisti
Filippo Freghi e Cesare Mariani. Il falso Console di Spagna a Milano Juan Munez
y Castello (Marcello Petacci) lotta per evitare la morte e si divincola
gettandosi nel Lago, ma è colpito da insistenti raffiche di mitra a pelo
d’acqua (incolume la convivente Zita Ritossa con i due figli Benvenuto e
Ferdinando).
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