Ancora oggi si discute sul comportamento del re in quella circostanza. Il fatto stesso di aver predisposto per l’arresto di Mussolini suscitò, già all’epoca, notevoli perplessità e critiche. La stessa regina Elena, moglie del re, stigmatizzò l’accaduto dichiarando che quello del marito non era stato un comportamento da re.
Ma le perplessità che
ancora permangono riguardano la correttezza istituzionale del re per quanto
concerne la destituzione di Mussolini e la nomina di Badoglio.
TESI 1 : IL COMPORTAMENTO FU CORRETTO
Alcuni sostengono che il comportamento del re fu istituzionalmente
corretto in quanto l’art. 65 dello Statuto Albertino, allora vigente, gli
attribuiva il potere sia della nomina che della destituzione dei ministri. A
sostegno di questa tesi si ricorda che nella storia d’Italia esiste il
precedente di Vittorio Emanuele II che, nel 1864 destituì Minghetti
sostituendolo con il generale Alfonso La Marmora . Fatto, quest’ultimo, che non
suscitò dubbio alcuno sulla sua legittimità istituzionale.
TESI 2 : Completamente contraria è l’opinione di altri che
ritengono l’operato di Vittorio Emanuele III in quella circostanza del tutto
illegittimo e incostituzionale. Allo stesso modo essi giudicano illegittimi e
anticostituzionali tutti gli atti successivi compiuti dal governo Badoglio.
Ragion per cui il 25 luglio 1943 non può considerarsi una legittima
sostituzione di Primo Ministro ma un vero e proprio COLPO DI STATO.
Seguiamo il loro
ragionamento:
E’ vero che l’art. 65 dello Statuto Albertino attribuiva al re le
competenze suddette, ma non bisogna dimenticare che detto Statuto era una
costituzione flessibile, non rigida e, quindi, modificabile. E che, di fatto,
essa era stata profondamente modificata con una serie di leggi costituzionali
sottoscritte dal re e, all’epoca, perfettamente vigenti.
La legge 24 dicembre 1925,
ad esempio, aveva apportato sostanziali modifiche in ordine alle attribuzioni e
prerogative del Capo del Governo.
E, soprattutto, con la
Legge 9 dicembre 1928, n. 2263, viene costituito il Gran Consiglio del
Fascismo, con importanti funzioni sia consultive che deliberative. Tale organo,
fra l’altro, doveva esprimere pareri obbligatori inerenti questioni
costituzionali.
Suo importante compito,
infine, era quello di formare e tenere aggiornata la lista dei nomi da
presentare alla corona in caso di vacanza per la nomina del Primo Ministro e
dei Ministri.
Di conseguenza la
Costituzione effettivamente vigente il 25 luglio 1943 imponeva al re di
richiedere e consultare la lista sopra detta prima di procedere alla nomina del
nuovo Governo. Cosa che il re non ha fatto. I monarchici e, in genere, gli
antifascisti obiettano che tale lista non esisteva. E questo è vero, ma il re
aveva il dovere di richiedere l’immediata convocazione del Gran Consiglio
affinchè la lista venisse predisposta e presentata. E anche questo è vero ma,
si obietta ancora, il Gran Consiglio doveva essere convocato da Mussolini che
non era in grado di farlo perché era stato arrestato. Ed è ancora vero, ma in
questo caso avrebbe potuto e dovuto il re stesso procedere alla convocazione
affinchè venisse prodotta la lista, il re potesse consultarla e rispettare,
così, la costituzione vigente. Ma tutto
questo non accadde e, quindi, il re commise, in questo modo, il primo di una
serie di atti incostituzionali, come si rileva appresso.
Quanto ai comportamenti
successivi del re e di Badoglio per quanto riguarda la legittimità
istituzionale sono rilevabili una quantità di azioni totalmente
incostituzionali. Basti ricordare che atti di rilevanza costituzionale come la
chiusura del Senato, la soppressione di organi costituzionali a cominciare dal
Gran Consiglio del Fascismo e altri, furono decisi con decreti-legge che non
furono MAI CONVERTITI IN LEGGE se non nel 1949 (Legge n. 178 del 5 maggio
1949), dopo l’entrata in vigore della nuova Costituzione Repubblicana. Ora è a
tutti noto che, normalmente, il decreto-legge perde totalmente efficacia se non
viene convertito in legge entro 60 giorni dalla sua emanazione. Dal che
consegue che il governo Badoglio operò in condizioni di costante illegalità.
Infine il re, attribuendo pieni poteri a Badoglio, commise una grave violazione
della costituzione in quanto la facoltà di attribuire pieni poteri al Capo del
Governo non era prerogativa del re ma della Camera.
In conclusione il re,
riassumendo di fatto un potere assoluto, tradiva il patto costituzionale con il
suo popolo che, pertanto, era legittimato a non riconoscerlo più come sovrano.