LA R.S.I. E I TEDESCHI
L’interessantissimo
contenuto dell’articolo che qui appresso riproduciamo ci ha convinto
dell’opportunità di pubblicarlo anche su questo sito. Le difficoltà di rapporti
fra il governo della R.S.I. e i tedeschi che, di fatto, occupavano l’Italia,
sono note. In questo articolo, però, vengono aggiunti importanti particolari
che è bene conoscere. A nostro parere, tuttavia, alcune delle manifestazioni di
pessimismo (vedi lo sfogo di Graziani) sono eccessive forse perché espresse
prima che le quattro divisioni rientrassero dalla Germania. Inoltre non si può
negare che, malgrado le difficoltà, il Governo della R.S.I. è riuscito
effettivamente a governare difendendo strenuamente il proprio diritto a farlo.
L’approvazione di leggi, fra cui soprattutto quella sulla socializzazione delle
imprese, fortemente osteggiate dai tedeschi, testimoniano di questa volontà e
capacità di governare, malgrado tutto. Certamente il tradimento dell’8 settembre
pesava negativamente sulla considerazione che i tedeschi avevano per il soldato
italiano. Tuttavia, fermo restando che il comando delle operazioni militari in
Italia non poteva che essere dei tedeschi, non bisogna dimenticare che le
quattro divisioni della R.S.I. furono ben addestrate in Germania in un clima
che ben possiamo definire cameratesco e, soprattutto, al loro rientro in Italia
furono impiegate sui vari fronti e combatterono valorosamente fianco a fianco
coi soldati germanici. In Garfagnana, addirittura, il
Generale Carloni al comando della Divisione Alpina Monterosa ebbe la responsabilità del settore di fronte che
andava dal Serchio alle Apuane. In qualche modo,
dunque, l’onore e il valore del soldato italiano era stato riscattato e sicuramente
questo è stato riconosciuto dai militari germanici che hanno combattuto al loro
fianco.
(da HISTORICA n. 1/2019 pagg. 8-11 )
I
difficili rapporti fra RSI e Tedeschi
Prima
parte
Con l’8
settembre 1943, che in pratica sancisce il passaggio dell’Italia monarco-badogliana dalla parte degli Alleati, nella
dirigenza tedesca, civile e militare, si realizza, inevitabilmente, un profondo
sentimento anti-italiano, una insofferenza morbosa verso tutto ciò che proviene
dall’Italia, ingigantendo a dismisura le critiche, di carattere militare, già
avanzate nei tre anni di guerra in comune. Il tradimento dell’8 settembre ha
messo radici profonde nell’anima germanica, facendo anche da successivo
sostegno ad una malcelata sfiducia nella RSI, sotto ogni profilo. Un
atteggiamento che va tenuto presente, anche se non giustificabile, nei
confronti della Repubblica di Mussolini. Senza indulgere in perifrasi, va
affermato che lungo tutto il suo corso la Repubblica Sociale ha dovuto lottare,
e duramente,per difendere, di fronte alla Germania, la propria autonomia e
impedire che la nuova Repubblica venisse organicamente sottoposta a una sorta
di vassallaggio, a volte brutalmente espresso. In questa quotidiana ed
estenuante opera di contenimento,
spicca ovviamente la figura di Mussolini al cui fianco si pongono Ministri come
Tarchi (economia), Pellegrini Giampietro (finanza) e
Graziani (Difesa), i più impegnati nel sostenere gli interessi degli
italiani. Indicativa dell’atmosfera, pur
nel suo formale distacco, la nota di Mussolini a Goebbels per le iniziative (vedi interferenze) degli uffici germanici
dislocati ovunque in territorio italiano:
“”… In ogni provincia, denuncia Mussolini, c’è un Wirtscafth commando perfettamente
inutile, perché una Wirtscafth
italiana non esiste più o è ridotta
ai minimi termini (…) Mi dicono che nella sola Milano ci sono 73 uffici
tedeschi. C’è un’amministrazione militare, e si capisce, ma poi ci sono altri
uffici economici, culturali, polizieschi, ecc. che rappresentano una
superstruttura, una serie di piccoli Stati nello Stato, col risultato di
compromettere continuamente l’autorità della Repubblica””. Da Gargnano a
Berlino. C’è un documento, tra molti altri, che certifica fuor di ogni dubbio
la precarietà dei rapporti italo-tedeschi. E’ una lettera che l’ambasciatore a Berlino,
Filippo Anfuso, invia al sottosegretario agli esteri
Mazzolini. Uno sfogo amaro, di una dolorosa sincerità. Scrive, fra l’altro, Anfuso: “”…Con l’aggravarsi della situazione militare (siamo alla
fine del settembre 1944 – ndr) scrive
Anfuso, sembra che la sfiducia verso di noi aumenti.
La stampa tedesca fa a gara per ricordare il passato della capitolazione e per
ascriverci la massima parte della responsabilità della situazione in cui si
trova la Germania. Oggi non si dice più l’Italia
di Badoglio o l’Italia del Sud, ma semplicemente l’Italia per designare il paese che ha inventato il tradimento.”” .
Prosegue Anfuso: “”Se si vuole fissare il bilancio di
un anno di Repubblica Sociale si deve con amarezza constatare che al grande
sacrificio di sangue fatto dagli eserciti tedeschi per arrestare l’invasione
nemica sul suolo italiano, non ha corrisposto da parte della Fuhrung una
visione etnico-politica che potesse salvare e
potenziare il concetto di Nazione italiana.
Costituito il nuovo stato fascista repubblicano, niente venne fatto dal
nostro Alleato per dare un’individualità naturale ad un organismo nazionale che
solo prendendo radici nel rispetto della Nazione amica poteva diventare un
simbolo di riscossa per gli italiani. Si è determinata una totale sconoscenza
di quello che gli storici tedeschi chiamano Wesen, la natura, cioè, della
vita nazionale italiana, sicché è venuto praticamente ad esserci riservato il
trattamento degli Stati che hanno, oggi, con obbrobrio, abbandonato la Germania…”” Nel
mezzo di una guerra civile e di bombardamenti a dir poco devastanti, Mussolini deve intervenire presso l’ambasciatore Rudolf
Rahn per una questione di trasporti. Scrive Mussolini: “”La Provvidenza, la Stagione, il
Destino, il Caso hanno favorito la Repubblica con un raccolto favorevole che
permetterebbe un ulteriore aumento delle razioni. Ora, sarebbe veramente
spiacevole e gravido di conseguenze che la mancanza di qualche dozzina di
autocarri provocasse la carestia e quindi la rivolta. Sono dieci mesi che
questo modesto problema viene dibattuto senza il minimo risultato. La Fiat produce 50 autocarri al giorno. Ce ne lascino
almeno tre e in poco tempo avremmo
quanto ci occorre per distribuire regolarmente i generi alimentari alla
popolazione.. E non ci requisiscano quei pochi vecchi autocarri che ci
fosse ancora possibile trovare. Non c’è da dubitarne: il rapporto fra Mussolini
e Rahn fu indubbiamente molto stretto e
circostanziato anche su eventi di vita
quotidiana , lontani, quindi, dalla grande politica, ma che per Mussolini
rappresentavano invece elementi da contrastare con la massima decisione. E lo
fa, appunto, con Rahn riferendosi a una retata di
prostitute nella città di Udine, al fine di sottoporle a controllo sanitario,
dopo il contagio di malattie veneree a militari tedeschi. Stralciamo dalla
lettera i passi più significativi. “”… Delle 26 donne comprese nell’elenco fornito
dalla Questura ne furono fermate soltanto 13, perché le altre risultarono
irreperibili. Ma il servizio non venne riservato alle donne segnalate, ma fu
esteso (…) a tutte le donne che dalle ore 18 alle 23 circolavano per le vie
della città””. Vennero così fermate 80
donne (…) accompagnate all’ospedale per la visita medica (…). Tutte furono
trovate senza malattie veneree, e alcune di esse vergini. Il rastrellamento di
donne sane e oneste, aggiunge Mussolini, fece un grave scalpore in città e
sollevò infinite proteste contro le autorità italiane, che non avevano alcuna
responsabilità nell’accaduto. Dopo aver
chiesto per i responsabili militari tedeschi del rastrellamento
l’allontanamento immediato, Mussolini lascia chiaramente intendere tutta la sua
ostilità: “” Credo, caro Ambasciatore, che concorderete con me nel ritenere che
tutto quanto vi ho scritto non è tale da convincere il popolo italiano che la
Repubblica è indipendente, almeno per quanto riguarda la politica interna, e
che è quindi assolutamente necessario che tutte le Autorità germaniche militari
e politiche, lascino al governo alleato della Repubblica la facoltà e la
responsabilità di effettivamente governare.”” Passando al settore delle Forze
Armate, assume fondamentale rilievo una comunicazione del Maresciallo Rodolfo
Graziani, Comandante in Capo dell’Esercito Repubblicano, a Mussolini. Di
particolare importanza per schiettezza e lucidità, la seguente prima parte che
denuncia tutta la gravità dei rapporti con i tedeschi: precise le responsabilità
germaniche: “”… Sappiamo ormai, ed è giunta l’ora di dirvelo con tutta
franchezza, che la parola d’ordine tedesca è che gli italiani non possono e non
debbono essere utilizzati come soldati, ma solo come lavoratori. Ho la
sensazione precisa che si sia voluto impedire la ricostituzione delle Forze
Armate in Italia. In un primo momento abbiamo messo a disposizione dai 500 ai
600 mila uomini. Essi si sono dispersi perché ai centri di mobilitazione non
trovarono né divise, né armi, né vitto (…) La colpa non è nostra. Ogni nostra
richiesta cadde nel vuoto. Inviammo in Germania gli uomini per le quattro
Divisioni. Oggi chiediamo che la Divisioni vengano messe in condizioni di
operare (…). Ho inviato all’Ambasciatore Rahn
numerosi memoriali sugli sforzi inutilmente fatti presso il generale Hans Leyers per ottenere l’equipaggiamento che è necessario. Per
vestire pochi uomini abbiamo dovuto ricorrere alla borsa nera. Ancora oggi Leyers continua a menarci per il naso. Non esito ad
affermare che a mio avviso uno dei maggiori responsabili del programma
contrario al riarmo dell’Italia è appunto Leyers. Le Divisioni sono in parte disarmate. La Divisione Italia ha il 25 per cento dei suoi uomini senza armi
…”” . Il generale Leyers era il sovrintendente
assoluto delle industrie italiane (attraverso la Ruk germanica e rappresentante
diretto del ministro degli armamenti Speer) che producevano per la guerra. Da lui dipendevano,
quindi, le cosiddette imprese protette con
i relativi assegnamenti di materiale militare. Una figura emblematica dei
pessimi rapporti italo-tedeschi quella del generale
Hans Leyers. Lo ritroviamo all’opposizione più
intransigente per quanto riguarda la socializzazione delle imprese voluta da
Mussolini. Lo si ricava chiaramente da una lettera inviata a Mussolini nel
dicembre 1944 dal ministro dell’Economia Corporativa Tarchi:
“” Da parte mia ho sempre assicurato, sia all’Ambasciatore von Rahn sia al Gen Leyers, che il Governo italiano intendeva informare preventivamente gli organi del Governo alleato
dell’intenzione di procedere alla socializzazione di imprese protette; ma non
ho mai accettato il punto di vista della preventiva autorizzazione, che mi
sembra lesivo dei diritti sovrani della Repubblica Sociale Italiana. La
socializzazione è, in realtà,un fatto puramente interno nel quale non si può
ammettere alcuna ingerenza da parte tedesca. La preoccupazione di cui la Ruk si fa interprete, relativamente all’efficienza della
produzione bellica nel caso in cui le imprese protette venissero socializzate,
è in gran parte esagerata; io sono convinto che la socializzazione,
normalizzando i rapporti fra capitale e lavoro, condurrà ad un potenziamento
del ritmo produttivo. Tale preoccupazione, comunque, che con ogni probabilità è
alimentata dai nostri capitalisti e dal concorrente interesse degli ambienti
industriali tedeschi che agiscono nell’ambito della Ruk,
potrà dar luogo ad assicurazioni, da parte del Governo italiano, il quale è
responsabile, anche di fronte all’alleato, dell’andamento della produzione; ma
non può vincolare l’azione riformatrice del Governo sul piano sociale. Ritengo
necessario, Duce, un Vostro energico intervento presso l’Ambasciatore di
Germania per chiarire definitivamente questa importante questione. Quanto
richiesto a Mussolini per un intervento presso Hitler, ebbe come conseguenza un
accordo (espressamente voluto dal Fuhrer) tra Tarchi
e Leyers secondo il quale “”… l’attuazione della
legge sulla socializzazione è una questione puramente interna italiana che non
tocca gli interessi tedeschi… “” . Per le imprese protette “”deve essere
tenuto conto se, socializzando una data impresa, la produzione diminuisce””. Un
violento attrito tra tedeschi e Mussolini si svolse quando quest’ultimo
destituì il Ministro dell’Interno Buffarini Guidi,
considerato troppo ligio alle iniziative dei tedeschi e da questi considerato
una presenza amica all’interno del Governo Repubblicano, che in
massima parte lo riteneva anche eccessivamente autonomo nelle iniziative di
polizia. Un siluramento che ebbe come
premessa la nomina di Giorgio Pini a Sottosegretario agli Interni, giornalista
e già direttore del Popolo d’Italia. Elemento
di sinistra e quindi mal visto dalla nomenclatura nazista. Avvertito in
anticipo della decisione, Wolff chiese
insistentemente a Mussolini di soprassedere per il momento al licenziamento ricevendone un brusco
rifiuto, forse il più brusco mai intervenuto nei rapporti fra il Capo del
Governo e l’Ambasciatore tedesco. La risposta tedesca non si fece attendere:
Tamburini e Apollonio, alti funzionari della Polizia contrari alla politica di Buffarini, vengono arrestati dalle SS. Un colpo
particolarmente duro, considerato che Apollonio era addetto alla Segreteria del
Duce. L’accusa: essere elementi perturbatori schierati contro i tedeschi con
l’obiettivo di rompere la ritrovata alleanza, per non parlare poi dei contatti segreti con gli Alleati (!) In realtà,
non avendolo più sottomano , sia Wolff che Rahn temevano che si
scoprissero certi altarini relativi ai loro progetti di contatti con gli
Alleati in Svizzera. A questo punto, siamo nel febbraio del 1945, si può datare
la fine di ogni contatto amichevole tra Mussolini e il duo Rahn
Wolff. Altro importante incidente di percorso è
rappresentato dalla liberazione da parte dei tedeschi (leggi Rahn e Wolff) di Ferruccio Parri capo dei partigiani. Una mossa che non sfugge certo a
Mussolini che ne fa oggetto di una conversazione col Sottosegretario agli
Esteri Mellini Ponce de Leon: “”… Da tempo il signor Rahn e il Wolff si guardano bene
dl farmi sapere che cosa sta succedendo. Eppure so che essi trattano con il Comitato di Liberazione. Può essere opportuno farlo, ma credo di avere
almeno il diritto di essere informato di quel che succede. Altrettanto posso
dire per le relazioni che riservatamente essi intrattengono con il cardinale Schuster…”” E parlando di Rahn è
inevitabile sottolineare la doppiezza del personaggio, che raggiunge lo zenit di questa sua particolare personalità quando,
a rapporti già avviati con gli Alleati, ha la sfrontatezza di dichiarare: “”…
io non intendo certo seguire i sistemi che ha usato con me Badoglio: il Duce
può essere sicuro che di qualsiasi decisione di abbandono di zone o di
qualunque trattativa in proposito con i nemici o con i ribelli, non mancherei
di informarlo …”” E’ nel marzo 1945 che
Filippo Anfuso, Ambasciatore a Berlino, viene
richiamato a Gargnano e nominato Sottosegretario agli
Esteri, una pedina importante per la sua esperienza diretta coi tedeschi, nel
gioco pesante che andava sviluppandosi tra lo stesso Mussolini e la nomenclatura germanica in Italia. Ed è da Anfuso che Mussolini viene informato sulla posizione
denigratoria assunta da Ribbentrop, il Ministro degli
Esteri, nei suoi confronti circa la socializzazione, la creazione del nuovo
raggruppamento di Cione, considerato di estrema
sinistra, comunistoide, e presunti
tentativi di Mussolini si sfilarsi dall’alleanza. Sono sufficienti pochi
passaggi per chiarire l’ira di Mussolini di fronte a un Rahn
appositamente convocato, apparentemente costernato: “” Sono particolarmente
addolorato e urtato, inizia Mussolini, dalle affermazioni del Ministro degli
Esteri tedesco (…) per le presunzioni psicologiche che hanno portato a queste
affermazioni. Se si mette in dubbio la mia lealtà personale si possono naturalmente
vedere in tutte le mie azioni altri motivi; ma certamente il ministro degli
Esteri non può considerarmi tanto pazzo da credere che il Fascismo ed io
abbiamo ancora una porta aperta dalla quale sfuggire alle nostre
responsabilità, né certamente egli può supporre che io ora, a questo punto,
voglia macchiare il mio nome e le mie idee. Dai numerosi rapporti che ricevo
quotidianamente sembra che i nostri nemici abbiano dato ordini che vengano
usati tutti i mezzi a disposizione per screditare in Germania il fascismo e i
suoi maggiori rappresentanti. Personalmente credo che i rapporti che hanno
indotto alle affermazioni del Ministro degli Esteri si possano far risalire
all’influenza del Comitato di
liberazione. Questi rapporti sono stupidi, insulsi, grossolani e mi
insultano personalmente ….”” Siamo alle
battute finali della guerra in Italia con gli Alleati virtualmente padroni del
campo e i tedeschi che stanno raggiungendo separatamente, in segreto, un
accordo di resa. Ma i contrasti sono tutt’altro che sopiti. E’ il 16 aprile
1945: a Mussolini che decide di trasferire il governo a Milano si oppone
strenuamente Rahn nell’intento di farlo rimanere a Gargnano o di dirottare il trasferimento, sotto la diretta
protezione tedesca, nella zona prealpina sottoposta alla loro amministrazione
militare. Ma la decisione di Mussolini è irremovibile. E il 18 parte per Milano
incontro al suo tragico destino.
Giovanni Conti
(1 – Continua)