LA MORTE DEL TENENTE PAOLO BROGGI
Nato il 22 marzo
1923 a Lanciano (Chieti) in Abruzzo, era stato educato dalla madre maestra al
culto della Patria e dell’Onore. Aveva un fratello maggiore portatore di
handicap ed egli “affinché nessun braccio mancasse alla Patria in guerra”, si
era arruolato volontario ad appena 17 anni per partecipare alla campagna di
Grecia. Scrive la madre: “”…partì: partì al posto del fratello invalido, perché
la Patria non fosse menomata di un solo braccio. E il comandante mi scriveva: -
Il suo entusiasmo è così puro, buono, ardente, che commuove: non si può non
volergli bene – E il capitano Sarti, dal Guri-j-Topit: E’ un alpino degno della
penna: ha già avuto il battesimo di fuoco e si è comportato magnificamente.
Quando, tagliato fuori dal grosso, dovette aprirsi la strada e ferire di
pugnale due greci, tornò da solo a raccoglierli, con un metro e più di neve, e
si privò per loro per una decina di giorni del cognac e delle sigarette,,
finchè li portarono all’ospedale; e rubava il cognac al capitano per portarlo
alle sentinelle: ogni notte faceva il giro, per quella neve alta più di lui, e
le faceva riposare e ristorare; quando il capitano, che s’era accorto del
cognac e stava sul chi vive, seppe come andavan le cose, l’abbracciò
piangendo”” Egli partecipò alle
operazioni con coraggio, distinguendosi per il suo valore e ricevendo sul campo
la Croce di Guerra al Valor Militare con la seguente motivazione: “Staffetta
portaordini si offriva spontaneamente per recapitare più volte ordini del
proprio Comandante di Compagnia a un Plotone avanzato che, in zona
violentemente battuta da tiri di artiglieria, di mortai e di mitragliatrici,
stava attaccando una posizione dominante in impervia montagna, fortemente
presidiata dal nemico, riuscendo in condizioni difficilissime ad assicurare il
collegamento. Esempio di ardimento, di sprezzo del pericolo, di dedizione al
dovere. Guri Topit, 4 aprile 1941”. “”Poi tornò,”” è ancora la madre che
scrive “”e andò al corso di Bassano; e Zannoni, che sa come fosse due volte
decorato, e come fosse entrato al corso (allievi Ufficiali) due anni prima per
meriti speciali, dica anche quante volte ha aiutato i compagni durante
l’addestramento, quante volte s’è caricato degli zaini dei compagni durante le
marce, e dei compagni stessi.”” Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, senza
esitare, decise di arruolarsi nella Forze Armate Repubblicane. Scrive ancora la
madre: “”E si arruolò: semplicemente per ridare l’orgoglio e la stima alla sua
divisa, alla sua Patria…..La partita si sapeva perduta; ma lui diceva: = Almeno
tener duro, mamma, almeno fermarli ! Vedi come, fra gli uni e gli altri ci
riducono questa povera Italia ! almeno fermarli e che la cosa si decida in
Francia, in Germania, e che questo po’ d’Italia ancora in piedi non sia ridotta
come il resto ! = E con questa speranza era partito per il fronte, dove si
sapeva che c’erano dei negri, ma non si pensava che le spalle fossero insidiate
dai fratelli.”” Faceva parte della
Divisione Alpina Monterosa, Battaglione Intra, 13^ Compagnia. Il 17 luglio 1944, durante la cerimonia
della consegna delle Bandiere di Guerra ai reparti che stavano rientrando in
Italia dopo l’addestramento in Germania, ebbe l’onore di essere l’Alfiere del
1° Reggimento Alpini, al cospetto di Benito Mussolini, di Graziani e del
Generale Mario Carloni, nuovo comandante della Divisione Monterosa.
L’agguato
Negli
ultimi giorni dell’ottobre 1944 il 1° Reggimento della Divisione Monterosa, con
i Battaglioni Brescia e Intra e i due gruppi di artiglieria Bergamo
e Mantova giunse in Garfagnana e
prese posizione prevalentemente sul lato destro del Serchio, dal fiume fin
sulle vette delle Alpi Apuane. La 13^ Compagnia del Battaglione Intra si
trovava di stanza in località Isola Santa, sulla via che dava accesso alle
posizioni montane tenute dal Battaglione. Lasciamo ora la parola a uno degli
alpini che si trovava con Broggi al momento dell’agguato e che scrive alla
mamma del Tenente: “”"" Il nostro plotone era venuto a dare il cambio
al plotone del Vostro Figliolo = era rimasto ancora Lui con due alpini che
ultimavano l’impianto telefonico. Il nostro tenente (noi eravamo di un’altra
compagnia) aveva messo degli uomini a una postazione di mitragliatrice. Dopo
qualche tempo, andato a ispezionare, non aveva trovato più gli alpini:
prelevati o disertori ? tornò tutto sossopra e parlò col vostro Figliolo: lui
si voltò dalla nostra parte e ci disse di prendere le armi per andare con lui.
Bisognava cercarli, che non fosse loro successo qualcosa. E così partimmo (era
il 30 ottobre 1944): passando per Capanne chiedemmo se li avevano visti:
entrammo anche nelle case perché appena sentirono che c’erano degli alpini
tutti si erano messi a scappare: quando videro che si voleva solo chiedere
notizie tornarono e ci dissero che un gruppo di alpini era passato da più di
un’ora. Stavamo per tornare, quando vedemmo su di un sentiero il coperchio di
una gavetta: dunque erano passati di lì, e prendemmo la salita. Di lì a poco
scorgemmo sulla cima un gruppo di persone.- Son loro – dicemmo, che si fa ? Si
pensò di sparare un colpo di tapum per vedere in che modo avrebbero risposto,
ma poi decidemmo di non fare niente, di andar su un altro po’ fino a portata di
voce e di chiamarli per sapere le loro intenzioni: si pensava di persuaderli a
ritornare. Fu allora che il Tenente rimandò Migliorini, perché avvisasse che li
avevamo avvistati e che fra un’ora, con loro o senza, saremmo tornati. Il
tenente si mise in testa e aveva il tapum perché il mitra l’aveva dato prima al
Rigoni. Dietro il tenente c’era il F…, poi venivo io, il Rigoni era l’ultimo.
Non avevamo fatto un dieci passi che ci arrivò una sventagliata a tradimento.
Il tenente rimase ferito al piede e il Rigoni ucciso: io feci a tempo a
buttarmi a terra; il Rigoni mi passò sopra e come cadde non si mosse più. I
partigiani scesero e ci fecero alzare le mani; non so come cadde il tenente:
quando mi alzai era seduto e si levava la scarpa: dovette bendarsi il piede da
solo, alla meglio: I partigiani svestirono il Rigoni e lo buttarono in un
pozzo, e noi ci portarono su, al comando. Aiutammo il tenente a camminare
perché lui non poteva. Non ci dettero nessun alt: in quattro qualcuno lo
avrebbe sentito; noi credevamo che fossero gli alpini, tanto che io pensai: -
vigliacchi, ci sparano addosso ! – Da noi non fu sparato nessun colpo, lo giuro
! tanto che dopo, quando ci visitarono le armi, erano ancora con la sicura. Non
facemmo nessuna prepotenza: entrammo nelle case chiedendo tanto di permesso;
non pensavamo ai partigiani; per la strada ci aveva fermato un uomo per
chiederci una cartina e ci aveva detto – Fa freddo ragazzi. Noi gli avevamo
dato una sigaretta; quello era un capo partigiano e lo ritrovammo dopo, e fu
lui che ci aveva fatto sparare addosso.””
Quel partigiano faceva parte di una pattuglia di partigiani del gruppo
“Patrioti Apuani” di Massa, che erano venuti in Garfagnana insieme a molti
altri richiesti dal maggiore Oldham per
sferrare il progettato attacco alle spalle contro i militari che erano sul
fronte. Attacco che si risolse in un maldestro tentativo subito bloccato. Uno
di quei partigiani, tale Vinci Nicodemi, in un libretto dal titolo Guerra
sulle Apuane racconta l’episodio falsando clamorosamente le cose. Dice,
infatti, che furono attaccati da “un grosso plotone di alpini guidato da un
tenente” e che essi, i partigiani, dopo avere intimato l’alt, furono costretti
a rispondere al fuoco degli alpini. Dice, inoltre, che “alcuni alpini furono
colpiti, caddero e rimasero morti sul terreno”. E, ancora “alcuni alpini si
rialzarono con le braccia alzate e furono fatti prigionieri. Il resto del
plotone fuggì disordinatamente verso Isola Santa”. Evidentemente queste menzogne dovevano servire a nascondere la
vigliaccheria dell’agguato.
Dunque
il Tenente Broggi e i due alpini furono condotti al comando partigiano a Foce
di Careggine. Qui furono tenuti prigionieri insieme ad altri fascisti
garfagnini in un’angusta capanna dove il Broggi sosteneva gli altri progionieri
esortandoli ad affrontare con dignità ed onore la sorte che li attendeva. Ripetutamente
il maggiore inglese Oldham, comandante della divisione partigiana “Garibaldi
Lunense” tentò di indurlo a rinnegare il suo giuramento di soldato in cambio
della vita, ma il valoroso ufficiale ogni volta rifiutava sdegnosamente
affermando: “L’Italia può fare a meno di me non del mio onore!”. Così il 7 novembre una raffica di mitra
stroncava i suoi 21 anni mentre egli lanciava l’ultimo grido “Viva
l’Italia!”, sollevando il braccio destro nel saluto romano. Il suo corpo
venne gettato in una fossa comune, assieme a quello di altri fucilati. Solo nel
gennaio 1945 venne recuperato dai commilitoni della 13ª Compagnia e dal
Cappellano del Battaglione Intra, Don Vanni Ferraro. A Foce di
Careggine, sul luogo del suo sacrificio è stata eretta dopo la guerra una croce
in pietra con la sua fotografia, sulla quale sono scolpiti una picozza ed un
cappello alpino. Ogni anno il sacrificio del Tenente Paolo Broggi e la sua
figura di eroe vengono ricordati con una commossa cerimonia e la deposizione di
una corona di fiori ai piedi della croce,
mentre sulla croce stessa viene distesa la bandiera di combattimento
della Repubblica Sociale Italiana.